Mi è capitato, anni fa, di andare in un famoso ristorante basco la cui scelta, ai tempi, era stata quella di offrire ai propri ospiti un essenziale sala scura con pochi tavoli, ciascuno dei quali illuminato da una luce perpendicolare; per contro la cucina presentava una decina di complete linee produttive che sconfinavano su spettacolari vetrate a strapiombo sul mare.
Chiesi allo chef – che ora ha invece dotato di quella vista magnifica anche la sala – il perché di quella decisione così estrema e lui rispose che gli ospiti dovevano concentrarsi sui suoi piatti per il breve tempo in cui erano lì, mentre chi lavorava ogni giorno per tante ore doveva trarre benessere dalla luce e dal paesaggio per riuscire trasferire piacere ed emozioni ai clienti.
Poco tempo dopo ho visitato invece un famoso hotel 5 stelle lusso campano le cui grandi cucine erano (e sono tuttora) collocate nei sotterranei: i tanti cuochi che vi lavoravano entravano spesso all’alba e uscivano a tarda sera senza aver più visto la luce del sole.
Chiedo sempre di vedere le cucine in caso di consulenze o articoli giornalistici e proprio quei due vecchi episodi hanno condizionato il mio modo di concepire sia il concetto di lavoro che di offerta gastronomica.
Oggi la chiamiamo “sostenibilità” e credo decisamente che sia il lavoro “non sostenibile” la causa principale delle tante defezioni di cui ora si parla e che non colpiscono soltanto il settore ho.re.ca.
L’ambiente operativo confortevole, il clima umano cordiale, il rispetto di tutti dei ruoli, delle competenze, degli orari, dei rapporti anche e soprattutto economici, sono i presupposti essenziali perché chiunque possa e voglia lavorare. Non credo proprio dunque che oggi la maggior parte dei giovani sia votato al Neet, che voglia vivere di reddito di cittadinanza bighellonando e non si ponga il problema e la prospettiva del proprio futuro; di certo non vuole, legittimamente, lavorare secondo una logica di sacrificio senza limiti. Invece di incolparli, la società tutta dovrebbe interrogarsi senza pregiudizi sul precariato, lo sfruttamento, le paghe ridicole, il vergognoso contesto contrattuale, i turni di lavoro massacranti, il furto oggettivo della vita altrui e dell’altrui futuro in termini di ambiente, lavoro, tempo, famiglia, vita sociale, dignità.