Di La Madia
La tragica vicenda dello chef francese Loiseau ha portato in luce con crudezza tutte le contraddizioni insite nella figura del “cuoco superstar”. È sempre difficile, ed anche inopportuno, intromettersi in un evento così privato e doloroso come un suicidio, ma il caso ci sembra abbastanza emblematico da dovercene occupare, pur con il massimo del rispetto e della pietà.
All’indomani del disperato gesto del collega, subito Paul Bocuse, facendosi portavoce dell’intera categoria, ha sparato a zero sulla critica gastronomica: il povero Loiseau si sarebbe ucciso perchè una celebre guida gli aveva abbassato di molto il punteggio. La reazione di Bocuse è comprensibile, e rivela ancora una volta quanto siano spinosi i rapporti tra i professionisti della cucina e il mondo del giornalismo specializzato, ma la sua tesi risulta alla fine riduttiva, e ingenerosa nei confronti dello stesso Loiseau, che era troppo intelligente per dare un tale credito al giudizio di un critico. Forse Bocuse non si è reso neppure conto, nell’emozione del momento, che affermare una cosa del genere avrebbe fatto il gioco del “nemico”: avrebbe cioè riconosciuto alle guide un potere di vita o di morte sui ristoratori e sui cuochi. Secondo noi, se Loiseau ha fatto quella scelta estrema che già fece il grande Vatel, forse è per un insieme piú complesso di ragioni. E se tra queste ragioni ne vogliamo individuare alcune meno intime e personali, e piú legate ai problemi della professione, dobbiamo guardare la cosa in un’ottica piú ampia. Dobbiamo mettere sotto processo non solo la critica (che sicuramente spesso lo merita), ma anche la nuova dimensione pubblica che ha assunto il grande cuoco, il genio riconosciuto della cucina, il cui esorbitante successo lo trasforma in qualcos’altro: in un manager o in un personaggio del mondo dello spettacolo; o in entrambe le cose.
Loiseau ormai era a capo di un impero quotato in borsa, come altri suoi famosi colleghi (Ducasse docet) chiamato a gestire situazioni che con i fornelli hanno ben poco a che fare. Gli impegni troppo gravosi, le responsabilità eccessive, e la sensazione di non star piú facendo il lavoro che si ama, ma attività del tutto diverse, questo insieme di cose può sicuramente indurre o accrescere lo stress e la depressione.
Anche in Italia abbiamo qualche esempio del genere, ma in tutta franchezza pensiamo che non ci sia da preoccuparsi. Non così grandi sono gli imperi dei nostri chef, disposti comunque a perdere stelle, punteggi e persino il ristorante per una comparsata televisiva in piú.