Ho accompagnato Valentina – badante ucraina di 52 anni, persona di rara sensibilità e bontà d’animo – all’aeroporto di Rimini dove un volo prima e un pullman poi, l’avrebbero riportata temporaneamente nella sua impronunciabile cittadina.
Con il permesso di soggiorno scaduto lei, come molti altri suoi connazionali, è stata immediatamente intercettata al check- in dalla polizia, schedata, rimpatriata con foglio di via e obbligo, penalmente perseguibile, di non rientrare in Italia nei prossimi 10 anni.
Il biglietto di sola andata, ovviamente, se lo era già pagato da sola.
A Kalil M’Baie , senegalese ventenne arrestato a Ferragosto per aver stuprato una ragazza che si era addormentata sulla spiaggia di Lido delle Nazioni, nel ferrarese, il foglio di via l’avevano già dato in occasione di alcuni precedenti.
Ma poichè per il nostro Stato sarebbe troppo costoso occuparsi dell’effettivo rimpatrio di ogni extracomunitario trovato in flagranza di reato o semplicemente con permesso di soggiorno scaduto, in Italia rimane molto spesso la feccia dell’umanità e a essere rimpatriati – con la certezza di un imbarco già pagato dai fermati medesimi – sono badanti non messe in regola, operai in nero e tutta la varia umanità di cui ci serviamo perché costretti dalla mancanza di manodopera italiana disposta a fare lavori faticosi.
Eppure siamo stati un Paese di emigranti per eccellenza.
I morti nella miniera belga di Marcinelle, 55 anni fa, erano soprattutto italiani.
Altri morti, che stranamente il nostro Stato non ha mai avuto interesse a ricordare, sono quelli di un terribile agosto del 1893 quando un numero imprecisato di emigranti italiani (forse un centinaio, soprattutto langaroli) vennero trucidati ad Aigues – Mortes nelle saline alle foci del Rodano perché, sottopagati, rubavano il lavoro agli inferociti braccianti francesi.
Ma basti pensare che America e Germania parlano diffusamente l’italiano stentato dei tanti nostri connazionali emigrati massicciamente soprattutto a partire dall’ottocento.
Tuttavia il fenomeno dell’emigrazione non è poi così lontano: nei vicini anni ‘70 furono ben settantamila, soprattutto siciliani, i disperati che si presentarono a Palermo, a un reclutatore improvvisato, per un centinaio di posti di lavoro in Svizzera, dopo aver visto un annuncio sul Corriere della Sera.
E allora perché questa memoria così corta, questo razzismo antistorico e così palesemente oscurantista in quanto anacronistico, vista l’ineluttabile e sempre più massiccia circolazione di gente tra tutte le nazioni?
Questo numero e il prossimo de La Madia saranno appunto dedicati al meccanismo che maggiormente favorisce la possibilità di integrazione razziale: la conoscenza di ciò che è “altro da noi”.
E’ l’ignoranza infatti l’arma più letale al mondo. E la cultura il suo antidoto.