Ci sono ingredienti che spesso consideriamo “semplici”, perché stanno alla base della nostra alimentazione e sono costantemente presenti sulle nostre tavole a quasi tutti i pasti.
L’acqua è senza dubbio uno di questi elementi in quanto arriva a noi senza alcuna trasformazione.
Vi è un’altra preparazione che può essere pensata come semplice, ma che è simbolo della nostra cultura: l’alimento in questione è il pane, così importante da rappresentare il corpo di Cristo e da essere presente nella preghiera al Padre Nostro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano…”, da intendere come possibilità di produrre, un inno a lavorare la terra per arrivare dal grano al prodotto finito.
Se non ci soffermassimo a pensare quanto lavoro è racchiuso al suo interno, questo alimento, superficialmente, appare semplicissimo.
In realtà segue un percorso lungo e scandito da svariate fasi. Un periodo di lavorazioni che dura circa 9 mesi, paragonabile temporalmente alla creazione della vita umana.
Prima la lavorazione della terra, poi la semina, la crescita del grano fino alla sua completa maturazione, la mietitura, la trebbiatura, la conservazione, la produzione della farina e poi, infine, il pane, fatto attraverso altre molteplici fasi. Tutti questi passaggi devono essere eseguiti alla perfezione, altrimenti non si otterrà una farina adeguata e all’altezza della sua lavorazione. Si pensi solo a quanto siano difficili le fasi di lievitazione e cottura, dietro le quali vi sono studi capaci di riempire tomi di centinaia di pagine.
Da questa introduzione possiamo percepire l’idea del perché, dalle popolazioni egizie, mesopotamiche, fino ai greci e ai romani, il pane incarni il valore di simbolo della civiltà. Un simbolo che si può toccare con mano e che concretizza il lavoro e la fatica, prima intellettuale e poi tecnica dell’uomo.
Potremmo dire lo stesso del vino, ma il pane costituisce la base essenziale del sostentamento, mentre il vino è quel surplus capace di rendere il quotidiano una festa.
Per chi lavora in una cucina, ma anche per una casalinga, il pane dovrebbe essere considerato l’elemento più importante del pasto.
Sarebbe corretto posizionarlo al centro della tavola e non nella sua periferia, da contorno a tutto il resto. Per tale motivo, in diversi ristoranti, dalla trattoria al tre stelle Michelin, il pane sta rappresentando una portata a sé.
È doveroso meditare sulla scelta della produzione o dell’approvvigionamento. Spesso i ristoranti cercano di produrre questo alimento al loro interno, ma con un risultato qualitativo inferiore a quello dei panifici locali. Essendo una preparazione che richiede una forte conoscenza delle materie prime, della microbiologia dei lieviti e delle tecniche di impasto e cottura, esige un importante investimento economico all’interno della struttura, sia in tempo che in personale specializzato, oltre alle attrezzature specifiche. Dunque, far bene il pane non è così economico come si può pensare.
Il consiglio, se non ci si può permettere tale investimento, è di affidarsi ad un panificio che sia in grado di produrre il miglior pane per il nostro ristorante, magari facendone una linea dedicata, dove sarete voi a scegliere la farina, la pezzatura e la tipologia.
Che sia il nostro prodotto o quello del panettiere locale, dobbiamo averne un grande rispetto e abbiamo l’obbligo di comprendere qual è il modo migliore per servirlo a tavola.
Non dimentichiamo che tale cibo è fortemente legato alla religione cristiana e prima ancora a quella ebraica con il pane azzimo. Nell’ultima cena viene spezzato e dato ai discepoli; lo spezza il figlio di Dio in rappresentanza dell’umanità intera e lo fa con le mani. Per questo, a tavola, secondo il galateo, il pane va spezzato solo ed esclusivamente con le mani e non tagliato con il coltello.
L’essenzialità di questo alimento è sottolineata da un piattino a lui dedicato, presente durante tutto il momento conviviale, che va posto a sinistra del piatto principale, in alto, sopra la posateria. Questo permetterà di non far cadere le briciole sulla tovaglia e di tenere la porzione nel proprio piattino, rispettando così anche da norme igieniche.
È importante non servire il pane in cestini dove viene ammassato, anche con differenti varietà disposte insieme senza una sequenza logica.
I panini, se sono piccoli, si portano in tavola sempre interi, mentre il pane di pezzatura più grande (come quello toscano, pugliese, ecc.) si taglia a fette sottili che, se risultano troppo grandi, vanno ancora divise trasversalmente. Così si presentano anche le focacce e altri tipi di farinacei simili.
Cerchiamo di mettere in risalto questo alimento, riservandogli un posto d’onore su un piatto da portata più significativo, determinando il momento e la tipologia più adeguata in base al menù prescelto dal cliente.