Si dice sia il momento più importanti per il galateo e forse, per alcune popolazioni, lo è.
Il servizio del tè non è semplicemente un atto conviviale intimo, ma anche culturale, ed in alcune parti del mondo diviene una vera e propria cerimonia che segue un rigido protocollo.
Per i giapponesi si chiama “Cha no yu”, per i cinesi “Kung fu cha”.
Nonostante la tradizione legata al consumo del tè nasca in Cina, è in Europa che trova una forte connotazione sociale e precisamente in Gran Bretagna, che grazie al suo passato coloniale fa approdare questa bevanda nelle case inglesi dove ancora oggi non può mancare.
Qui il tea time si svolge inesorabilmente alle ore 17.00; è importante che questo momento avvenga distante dai pasti principali.
Il te viene usato in foglie mentre le bustine, anche se oggi ne esistono di ottime qualità, vengono considerate di seconda scelta e quindi meno pregiate, anche se più comode.
La mise en place è molto semplice: si parte da un tavolo che sia poco ampio, con una tovaglia di lino semplice nello stesso tessuto della tovaglia, piattino da dessert per ogni invitato con tovagliolo di dimensioni ridotte alla sinistra del piattino, una tazza dalle dimensioni non troppo grandi e possibilmente pre-riscaldata, il cucchiaio da te ed eventualmente forchettina da dessert.
Il mondo del tè è amplissimo da descrivere: insieme al caffè è fra le bevande più consumate al mondo. Una bevanda talmente importante da far nascere negli ultimi anni la figura del Tea Sommelier. Ogni tipologia di miscela o conservazione delle foglie ha la sua procedura di preparazione e dosaggio. In linea di massima è bene sapere che, oltre al tè, è fondamentale l’acqua con cui viene preparato: deve provenire, secondo i cinesi, da una sorgente di montagna, equivale a dire un’acqua povera in residuo fisso e dal ph neutro.
Per questo è sconsigliabile usare l’acqua bollente dispensata dalla macchina da espresso, meglio un bollitore che mantiene una buona acqua, povera di calcare ad una temperatura fra i 70 e gli 80 gradi centigradi.
Vi è anche un’attrezzatura che si chiama Samovar che mantiene costantemente in caldo l’acqua, con una fiammella alla base come per gli chafing dish, molto utile nel caso di meeting o manifestazioni in luoghi dove non vi sono prese elettriche.
L’aggiunta di elementi estrani quali zuccheri, latte e limone modificano il sapore del tè, quindi limitarne l’uso è consigliato. C’è chi pensa che dolcificare il tè sia un’eresia, stessa cosa che pensano gli estimatori del caffè. I puristi prendono le parti dello scrittore George Orwell, che affermava: “Il tè deve essere bevuto senza zucchero, altrimenti lo si beve come fanno i russi. So bene di essere in minoranza su questo argomento, ma come puoi definirti un amante del tè se ne distruggi il sapore con lo zucchero? Sarebbe allo stesso modo ragionevole aggiungere il pepe o il sale. Il tè deve essere amaro, così come la birra. Se lo zuccheri, non assaporerai più il tè, ma lo zucchero e potresti fare una bevanda simile semplicemente sciogliendo lo zucchero in semplice acqua calda. Alcuni risponderanno che non gli piace il tè così come è, che lo bevono solo per scaldarsi e per svegliarsi, che hanno bisogno dello zucchero per mandarlo giù. A queste persone fuorviate direi: prova a bere il tè senza zucchero per, diciamo, una quindicina di giorni e vedrai che non rovinerai più il tè zuccherandolo.”
Sempre meglio, comunque, avere a portata di mano una bella zuccheriera ben pulita, o meglio ancora delle zollette presentate in un recipiente che si abbini al contesto. Ultimamente si notano sempre di più i bastoncini di zucchero cristallizzato che, se pur non proprio legati alla tradizione, potrebbero costituire un’originale alternativa.
Vi ricordate la fatidica domanda per poter entrare nella villa di Sir Leigh Teabing nel libro “Il codice da Vinci”?
Alla domanda: “Latte o limone?”, il Professor Langdon risponde: “Dipende dal tipo di tè”.
È una delle questioni più dibattute sul tè, dove gli orientali la pensano molto diversamente dagli occidentali.
Per gli inglesi è ovvia l’aggiunta di latte, indicato per i tè neri e dal gusto deciso, tradizione che si dice sia nata per creare una barriera bianca utile a non far sporcare l’interno delle tazze di pura porcellana bianca.
Il limone invece ha la proprietà di cambiare fortemente il colore e il gusto del tè, soprattutto per i tè verdi e i più delicati. Un sacrilegio insomma. Un agrume più delicato che permette di evitare questa denaturazione è l’arancia, quindi perché non proporre anche questa alternativa, accostando il limone maggiormente alla preparazione del tè freddo?
È importante ricordarsi sempre di aggiungere questi elementi dopo che il tè sia stato già versato in tazza.
Quando si parla di tè, si parla anche di intimità, concetto che nasce proprio dal poter conversare in un momento di pausa fra amici o colleghe di lavoro. Se ci balenasse l’idea di aprire una sala da tè, è fondamentale dunque capire come poter incarnare il concetto di tranquillità e intimità. Gli spazi aperti sono ideali, con ogni tavolo ben distanziato l’uno dall’altro. Il personale di sala dovrà essere quasi invisibile e gentile nella spiegazione dell’infuso che sta servendo, sempre che sia richiesta.
Se la sala sarà all’interno, si può riprendere l’atmosfera della sala da tè di un tradizionale tatami giapponese, con colori delle pareti chiare, elementi in legno e luce calda soffusa e mai diretta.
Il cameriere adagerà soltanto il recipiente in ghisa con l’acqua alla giusta temperatura in base all’infuso scelto dal cliente; spetterà a lui porre in infusione le foglie e versare il tè nella tazza dei propri invitati.
In un primo momento sarà servita la pasticceria secca, poi potrà essere portata a tavola anche una fetta di torta o un dolce intero che verrà sporzionato dal cliente per i suoi invitati. Teniamo sempre a portata di mano qualche spuntino salato, potrebbe essere sempre richiesto.
Per tutto il resto, gli elementi essenziali per un buon tè, oltre il buon tè, sono pace e tranquillità.