SAN VITO LO CAPO (TP) – Il cous cous è un linguaggio universale fatto di parole in grani che ognuno condisce con la sua pronuncia. Da più di vent’anni, a fine estate, San Vito Lo Capo diventa la terra di mezzo di chi ha una tradizione forte da difendere e da diffondere: il Cous Cous Fest è un appuntamento che non manca un’edizione a cominciare dalla prima (nel 1999) e che ancora oggi si conferma sintesi perfetta di gastronomia e iniziativa, scambio e cultura. Da quella parte d’Africa che se ne sta a Nord fino all’Italia più profonda e ricca di mare, il cous cous è celebrato e raccontato meglio di una storia sussurrata a tarda sera: detto “piatto della pace”, originario del Maghreb, ha percorso il mediterraneo e a modo suo ha visto il mondo, ha sfamato i volti e arricchito i tavoli diventando cibo di condivisione e dialogo tra culture distanti. Il cous cous ha addirittura un suo gesto che è antico, intoccabile e umano: l’incocciata. Il rito consiste nel bagnare la semola di grano duro con acqua salata mescolando con le mani in senso rotatorio per ottenere i piccoli granelli che tutti sappiamo riconoscere. A spiegarlo e a mostrarlo attraverso uno show cooking a quattro mani, gli chef sanvitesi Enzo Caradonna e Peppe Peraino durante un’anteprima della prossima edizione del Festival svoltasi presso il ristorante di Filippo La Mantia a Milano lo scorso 11 febbraio. L’evento Cous Cous Fest Soirée ha conferito allo chef palermitano e ad Andy Luotto – chef e artista poliedrico – la nomina di cittadini onorari di San Vito Lo Capo –un premio alla fiducia, alla presenza ormai consolidata e all’importanza del contributo che da anni li rende testimonial affezionati del Festival. Il Cous Cous Fest che è in programma dal 20 al 29 settembre 2019 è un esempio di quanto, strade e spiaggia sappiano essere conviviali allo stesso modo di una tavola imbandita. La manifestazione è un inno alle idee da mangiare e da mostrare, al talento di chi ha qualcosa da offrire attraverso la ricetta più tradizionale: ogni chef offre il proprio contributo a questo ritrovo così internazionale che pare rubare l’anima a una festa di quartiere tanto è forte il senso di comunità che s’instaura tra le persone che un piatto così antico rende complici per dieci intere giornate.
Eccola la parte sovversiva del concetto di “insieme” –dove condividere è vero solo se ci si apre alle differenze di pelle, di piatto, di spezie.
L’altra spalla forte del Cous Cous Fest, presente alla preview milanese della 22esima edizione, è quella degli sponsor ufficiali della rassegna, per citarne alcuni: Conad, Coca Cola, Unicredit, Tenute Orestiadi e Bia Cous Cous, azienda leader nella produzione e commercializzazione di cous cous in Italia e che a oggi esporta i suoi prodotti (anche nelle versioni bio e gluten free) in ben 50 paesi.
San Vito Lo Capo diventa allora una sorta di grande ricettario con gli chef che firmano la loro idea di cous cous che si mescola a carne o pesce, verdure, spezie e legumi. Anche per l’edizione in arrivo ci sarà l’imbarazzo della scelta sulle differenti tipologie di cous cous che chiunque potrà gustare nell’arco delle dieci giornate in quella che è senza dubbio una delle mete turistiche che più incarnano la Sicilia. La versione mediterranea, quella nordafricana e le ricette di cous cous dal mondo ridisegnano la cartina geografica del comune siciliano rendendolo meta gustosa per i turisti e per gli appassionati. Il cuore del Festival è il Campionato del mondo di cous cous che l’anno scorso ha premiato quel tipo di gioventù da sostenere e apprezzare consentendole di ricavarsi il giusto spazio in un settore gastronomico che ha sempre voglia di germogliare: Nabil Bakouss ha infatti ricevuto il premio della giura tecnica 2018 presieduta da Fiammetta Fadda e la coppa gli è stata consegnata proprio durante il Cous Cous Fest Soirée presso La Mantia.
Nabil è un talento individuato già da tempo da Pietro Lemann: da diversi anni il giovane lavora e apprende al Joia, ristorante vegetariano premiato con una stella Michelin a Milano. Lo chef tunisino che nel curriculum ha importanti esperienze in Inghilterra e in Australia, ha sfidato i partecipanti degli altri 9 Paesi in gara: Angola, Costa d’Avorio, Israele, Italia, Marocco, Palestina, Senegal, Spagna, Stati Uniti. Il suo cous cous, Mare Nostrum, è a base di hummus al finocchietto, harissa grigliata e gambero rosso.
Come il Maghreb, anche da parte del comune trapanese c’è l’auspicio di ritrovare il cous cous nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco perché anche tra le differenze esistono punti (o piatti) in comune.
Giorgia Giuliano