Partiamo da questo presupposto: non tutti i vini nascono per invecchiare e non tutti i vini invecchiano bene.
Se andiamo ancora più in profondità, neanche tutti i vitigni possono invecchiare: solo alcuni sono in grado di dare il meglio nelle curve del tempo.
Rimbaud scriveva nelle sue lettere a Georges Izambard: “Tanto peggio per il legno che si ritrova violino”; nessuno è in grado di intuire il mestiere che potrà fare da adulto, tanto meno un vino sarà in grado di leggersi – da solo – in gioventù, diamo quindi tempo al tempo. Il tempo per il vino è una variabile indecifrabile. Esistono vini capaci di evolversi per tantissimi anni, mentre altri a malapena possono arrivare all’anno successivo. I vini, per poter sfidare il tempo, devono essere pensati e prodotti con questo specifico obiettivo e si parte sempre dalla vigna. Ogni varietà ha possibilità di evoluzione nel tempo assolutamente proprie: anche a parità di criteri produttivi, ogni uva difficilmente evolverà opportunamente oltre i propri limiti. Il tempo comunque determina nel vino cambiamenti incredibili. La relatività del “concetto-tempo” legato al vino non si può infatti misurare in termini assoluti come accade per le persone o qualsiasi essere vivente.
Ogni varietà, ogni territorio, ogni area viticola ha termini di confronto del tutto propri e non misurabili con altri. Non si può infatti affermare che tutti i vini dopo solo qualche anno di evoluzione sono da considerarsi ancora giovani, poiché questa valutazione è strettamente legata alla qualità e alle caratteristiche di ognuno di essi.
Anche la stessa varietà può avere una vita diversamente lunga: tutto dipende dal territorio, dall’esposizione, dal microclima e dalla composizione del suolo.
Altra bizzarra attitudine del vino è quella di esprimersi diversamente in base al territorio di appartenenza; logico ma non scontato. Poi si passa al tempo-bottiglia, il luogo dove partono e finiscono le grandi scommesse e dove il tempo più lentamente inizia il suo vero lavoro. Alcune varietà con il tempo si assottigliano maggiormente, altre rimangono più dense e meno diluite, il colore può in alcuni casi essere più stabile e la bocca può virare meno prepotentemente sulle note terziarie, ma nessuno è in grado di deciderlo a tavolino.
Incide l’uomo – è vero – anche su questi fattori, ma la vigna e le diverse vendemmie comandano sempre.
Il vino sostanzialmente è umano e umorale, cambia atteggiamento spesso durante la sua crescita prima di arrivare inevitabilmente alla morte, perché anche i vini, come gli esseri umani, sono destinati a morire.
Durante il suo lento percorso le differenze, i cambiamenti e le fasi di crescita sono così numerose da mettere apparentemente in discussione la sua identità.
Non può essere giudicato troppo frettolosamente: il vino è materia ambigua e oggettiva che richiede infinita pazienza e dedizione; fallire le previsioni è molto semplice, molti ci cascano. L’instabilità della materia vino, la sua tendenza ad apparire ogni volta diverso da sé, non mette però in discussione la sua personalità, la sua originalità e la complessità che si confermano nella capacità di evolvere.
Il vino in fondo è intelligente, scostante e irrequieto da giovane, posato e saggio quando maturo.
Balzac scriveva: ”Ogni potere umano è composto di tempo e pazienza”. Credo che lo stesso concetto, in fondo, valga anche per il vino.