Fra le frontiere della cucina d’avanguardia di questi anni ’10, abilissima nello sfruttare sensazioni borderline o decisamente sgradevoli a fini di equilibrio sui generis, c’è la ricerca sul rancido. Gusto “non buono” che diventa improvvisamente “buono” liberando forza ed energia, come il brutto nella “danza del futuro” di Kandinskij. Si tratta di una famiglia di sentori che se ben padroneggiati esprimono toni morbidi che variano dal tabacco alla noce, alla frutta secca; oppure svolgono note “funky” in stile butirrico. A Parma, dove Terry Giacomello è approdato, trovando finalmente la giusta tana per il suo talento, sono familiari ed emozionali a causa della cultura del salume, ubiquo nelle case e utilizzato anche in cucina nei suoi ritagli residui. In fondo una variazione contemporanea del putrido di Lévi-Strauss.
Nel menu primaverile dell’Inkiostro insaporisce il soffice di patate con gnocchi liquidi di piselli, una classica crema con sferificazione di piselli crudi centrifugati e olio di prosciutto rancido, ottenuto mettendo a macerare la parte gialla del salume (un 24 mesi di Galloni, fatto evolvere in cantina e poi in cella) in olio di semi di girasole sottovuoto a 80 °C per 2 ore. Ma la sensazione torna nello spaghettone Benedetto Cavalieri servito come predessert, cotto nel brodo di prosciutto, servito con piselli freschi di montagna e menta. Piselli e prosciutto, come in una narrazione circolare: l’eterno ritorno dell’uguale.
Al pari dell’aged butter investigato dal Nordic Food Lab di Roberto Flore, il grasso di prosciutto rancido porta complessità, con un ricordo di burro nocciola, note lattiche e piccanti, sentori umidi di cantina e di muffa. Persistenza ed evoluzione per bilanciare la tendenza dolce e la freschezza degli altri ingredienti; soprattutto un’ambientazione familiare, che ricostruisce un luogo attorno al piatto. Va abbinato magari, come teorizzava Jacques Selosse, a uno dei suoi Champagne: paraffinoso, minerale, idrocarburico: ossidazione su ossidazione.
Ma è tutto il menu primaverile a sorprendere: meno classicismo, più ricerca, con un’eleganza impeccabile, fatta di rigore, sensibilità e precisione maniacale, nel costruire equilibri anche estremi e “illegali”; un lavoro allusivo, mediato e indiretto sul territorio, che ne aggira i cliché. Vedi le sensazionali “castagnole” di maiale italiano, ghiandole mandibolari simili a animelle ma dalla consistenza solleticante, quasi di tapioca, servite con latte di cocco e fagioli neri.