Quel colore limpido, quel profumo fruttato, quel gusto sapido e irreprensibile li deve tutti al vicino lago di Garda: non sarebbe altrimenti possibile, infatti, realizzare un prodotto così buono e caratteristico a latitudini così elevate, tanto da scomodare illustri gastronomi, ma anche biologi, per certificare che quello prodotto dagli ulivi del Garda trentino è l’olio più settentrionale del nostro continente. Che il bacino benacense fosse una microriproduzione del Mediterraneo è però cosa nota, soprattutto dal punto di vista climatico: e se sulle sue sponde fioriscono palme, aranci e limoni, non si vede perché non dovrebbero avere gioco facile anche gli ulivi. Frantoio, casaliva, pendolino e leccino; ma anche raza, favarol e rossanel: sono queste le varietà più diffuse in quei 500 ettari di terreno che contendono ai monti circostanti lo spazio per poter celebrare anche lì uno dei riti agricoli più antichi del mondo. L’olio del Garda possiede per questo caratteri e peculiarità assolutamente unici, tanto che nel 1997 gli è stata riconosciuta la DOP, distribuita in tre sottovarietà distinte, una per ciascuna delle coste in cui amministrativamente è diviso l’ambito. Sostenere che l’extravergine trentino è medesima cosa del veronese o del bresciano, però, è sostenere il falso: nessuna classifica di merito, per carità, tanto più che le specifiche organolettiche non mutano sostanzialmente se non al naso e al palato di degustatori dall’intuito sopraffino. Il segreto sta nella coltivazione delle piante, meno soggette alle malattie al di sopra di Malcesine e Limone grazie soprattutto a quel mix climatico cui si faceva cenno. Nascono da qui le minuscole differenze che garantiscono all’olio del Garda trentino una posizione di rilievo nel panorama gastronomico del nostro Paese. La bassa acidità, in particolare: fra tutte è quella più significativa, come unanimemente riconosciuto da chi se ne intende. E a garantirla sono certamente le varietà presenti, ma anche le favorevolissime combinazioni ambientali di un territorio tutto teso verso le Alpi e il centro Europa, ma con le radici ancora saldamente piantate nel Mediterraneo.
A trasformare le olive nel prezioso liquido in Trentino provvedono oggi tre frantoi in tutto, pertinace resistenza di un mondo che solo fino a un centinaio di anni fa poteva contare su decine di piccole aziende dedite alla trasformazione e alla commercializzazione delle olive. A minare il sistema fu, intorno alla metà del secolo scorso, la decisione di sfruttare le acque del fiume Sarca, l’immissario del Garda, per scopi energetici: la diminuzione progressiva e inesorabile della portata del corso d’acqua, irregimentato da dighe e nuovi canali, mise in ginocchio i numerosi frantoi che erano sorti nei decenni precedenti sulle sue rive proprio per muovere le macine con la forza dell’acqua. Torchi, nell’alto Garda, ce n’erano dappertutto fin dal nono secolo, periodo a cui risalgono le prime testimonianze storiche: erano stati i numerosi conventi sparsi sul territorio a dotarsene per primi, soprattutto per evitare di doversi rivolgere ai signori del luogo per la spremitura. A partire dal XIII secolo compaiono i primi statuti a tutela dell’olivicoltura, attività in pieno fermento in quegli anni in cui le piante vengono messe a dimora su ampie estensioni di terreno. Nei frantoi le macine, mosse dall’acqua, schiacciavano le olive che, una volta macinate, venivano messe in sacchi di canapa e così torchiate per la spremitura: il liquido veniva fatto cadere nei tini e, una volta decantato, raccolto con dei mestoli per sfioramento. Un’attività tramandata di padre in figlio finché lo spopolamento delle campagne da un lato e la sottrazione delle risorse idriche dall’altro non gettò l’olivicoltura altogardesana in piena crisi. Dai sette frantoi presenti fra Dro e Riva del Garda fino nell’immediato secondo dopoguerra si scese a due, saliti oggi a tre dopo il recente investimento dell’azienda «Madonna delle Vittorie» di Arco. Fu la Provincia Autonoma ad accorgersi che quell’attività, poco redditizia ormai, ma assolutamente tradizionale, stava per estinguersi: e promosse una politica di incentivi e salvaguardia che ha portato ai risultati attuali. La coltivazione è rifiorita (500 ettari per 100mila piante di olivo tra Arco, Calavino, Cavedine, Drena, Dro, Lasino, Nago-Torbole, Padergnone, Riva del Garda, Tenno, Vezzano), così come la produzione di olio, variabile ovviamente in base alle annate ma mediamente attestata fra i 900 e i 1200 quintali (eccezionali furono sono le annate 85/86, con una gelata che garantì solo 208 quintali, e 94/95 con una produzione record di 1700 quintali). A buon diritto si può dunque sostenere oggi che l’olivicoltura è tornata ad essere attività peculiare dell’agricoltura e dell’economia altogardesane. Un’attività però che, grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e all’assunzione di nuove e più specifiche competenze da parte degli operatori, ha saputo rigenerarsi nel nome della qualità, portando l’olio del Garda trentino a competere – e spesse volte pure ad affermarsi – con prodotti dalla storia e dalla fama più consolidati. Ma storia e fama, da soli, non bastano: sull’alto Garda la lezione l’hanno capita proprio bene.
Madonna delle Vittorie – Linfano di Arco
Per anni i fratelli Mandelli, titolari della «Madonna delle Vittorie», azienda rinomata nella produzione di buoni vini (dal Summolaco al Traminer, dal Pinot Grigio al Moscato), avevano fatto ricorso a terzi per la molitura delle olive provenienti dalle loro proprietà. Poi la decisione di provare ad ottenere un olio di personalità e l’acquisto dell’attrezzatura necessaria: è nato così il terzo frantoio del Garda trentino, destinato prevalentemente a produrre olio col marchio aziendale senza disdegnare però il servizio a favore dell’agricoltura locale. Con i 1300 olivi di famiglia più altrettante piante prese in affitto i Mandelli sono riusciti a raggiungere produzioni consistenti, tanto da giustificare l’investimento iniziale.
Per differenziarsi però hanno da subito sposato le teorie elaborate a suo tempo da Luigi Veronelli e approdate nel progetto «L’olio secondo Veronelli», non un marchio aziendale ma un indirizzo filosofico secondo il quale, per produrre un olio come dio comanda, le olive devono essere raccolte a mano all’inizio dell’invaiatura (quando il frutto cambia colore) cultivar per cultivar e quindi trasformate in olio dopo poche ore una volta estratti i noccioli. Così, accanto all’extravergine ottenuto secondo procedure tradizionali, trova posto sugli scaffali del piccolo spaccio aziendale anche l’olio monocultivar denocciolato, una vera, raffinata chicca di grande suggestione per gli appassionati.
Frantoio Bertamini – Vignole di Arco
Era il 1960 quando Luigino Bertamini mise in funzione il suo frantoio in quel di Vignole, frazione pedemontana del comune di Arco: erano passati solo pochi anni dalla decisione di destinare le acque del Sarca alla produzione di energia elettrica. Bertamini si allontanò dal fiume e iniziò a macinare le olive nell’officina di casa. In breve divenne indispensabile a centinaia di contadini della zona, che iniziarono a fare olio approfittando delle sue macine. Oggi a continuare il lavoro del padre c’è il figlio Ivo: nel frattempo gli olivicoltori che fanno riferimento al frantoio Bertamini sono diventati oltre 500 e le quantità di olive lavorate sono arrivate a toccare lo scorso anno quota 5300 quintali, un vero record per la piccola azienda familiare. Piccola per modo di dire, però: la fama di Ivo Bertamini ha valicato ormai i confini regionali e nazionali e non c’è guida turistica o trasmissione televisiva, nazionale o estera, che non consigli una capatina a Vignole per vedere come si fa l’olio e per acquistare un prodotto di grande fascino e qualità. Conscio del suo ruolo, Bertamini ha provato a puntare sempre più in alto: è nato così l’extravergine biologico, uscito per la prima volta la scorsa stagione e accolto con grande favore dai consumatori. Inoltre, grazie alla collaborazione con un amico chimico, ha provato a destinare il suo olio alla realizzazione di prodotti cosmetici: olio da bagno, shampoo, balsamo, sapone, crema idratante, tutto a base della preziosa miscela ottenuta in frantoio secondo tradizione. E i risultati si sono visti, tanto che Bertamini ha deciso di spingere con forza in questa direzione. Anche se il punto di forza rimane indiscutibilmente il suo olio.
Agraria – Riva del Garda
Ha da poco festeggiato gli ottant’anni di vita, la Società Cooperativa Agraria di Riva del Garda. E lo ha fatto in grande stile. Nessuno spazio alla mondanità, per capire il genere, ma solo lavoro, lavoro, lavoro. Un solo vezzo: una nuova, modernissima sede, la cui inaugurazione è prevista a breve, dove però il frantoio ha già provveduto a consegnare agli annali la sua prima produzione. Messo in funzione nel 1968, per anni ha costituito il punto di riferimento di oltre 1200 coltivatori della zona, tanto che nel 1997 ha ottenuto – primo in Trentino – il privilegio di poter produrre olio Dop. E oggi continua a fare la sua parte in una struttura finalmente più adeguata alle mutate esigenze dei produttori. Nuove tecnologie permettono di monitorare ogni oliva dal suo ingresso in frantoio alla sua trasformazione in olio, procedura che consente di salvaguardare le specificità del singolo cultivar ma anche di garantire la qualità finale del prodotto, grazie al controllo costante di tutte le componenti necessarie alla fase produttiva. Ognuno riceve il suo olio, insomma, per di più garantito in provenienza e qualità. E pazienza se sui banchi dei supermercati viene a costare qualche euro in più degli altri (intorno agli 8,50 euro per mezzo litro). Pare però che il prezzo non sia un problema, visto e considerato che tutto l’olio prodotto, alla fine, trova un acquirente. Senza bisogno di cedere alle lusinghe delle nuove mode, anche se l’azienda sarebbe in grado di imbottigliare un biologico dall’oggi al domani. La Dop però è un patrimonio che necessita di tutta l’attenzione possibile: non va tradito mai.
Cultivar del Garda
Il patrimonio genetico delle varietà coltivate nel Garda trentino è decisamente omogeneo, anche se negli stessi terreni convivono specie autoctone e specie, al contrario, importate da altre zone del nostro Paese, che hanno saputo vincere la sfida con il clima e rispondere al meglio alle richieste di chi li aveva piantati.
Casaliva o Frantoio
Si tratta di due varietà distinte ma dalle caratteristiche talmente simili che spesso vengono confuse tra loro: basti sapere che la prima è di origine assolutamente autoctona, mentre la seconda è giunta a quelle latitudini negli anni quaranta dalla Toscana. Se è vero che Frantoio ha un portamento vegetativo meno vigoroso rispetto a Casaliva, per il resto le piante presentano le medesime caratteristiche, frutti compresi: l’olio proveniente da queste varietà rappresenta attualmente la base dell’intera produzione altogardesana (90%).
Favarol
Sono piante assolutamente autoctone, di dimensioni più ridotte rispetto a Casaliva, ma producono olive dalla forma più tondeggiante.
Raza
Solitamente molto alta e caratterizzata da un notevole sviluppo vegetativo, quest’altra varietà autoctona viene coltivata, più che per la qualità dei suoi frutti, perché è una buona impollinatrice.
Composter
Altra varietà locale, nonostante geneticamente vi sia qualche dubbio sulla sua assoluta originalità, produce olive piuttosto grandi, più adatte alla salamoia che alla spremitura.
Trep
Di medio vigore, è varietà autoctona scarsamente diffusa: i suoi frutti presentano una caratteristica forma allungata e appuntita alle estremità.
Rossanel
Anch’essa assai simile a Casaliva, e come Casaliva di origine locale, se ne differenzia nei frutti: le olive, una volta maturate, sono di un bel rosso luminoso brillante.
Leccino
Fu importata dalla Toscana insieme al Frantoio più o meno nello stesso periodo, ma non ha ottenuto lo stesso successo presso i coltivatori trentini, a causa fondamentalmente della sua scarsa produttività e della scarsa resa in olio.
Pendolino
Anch’essa di origine Toscana, è stata introdotta in Trentino in tempi recenti, anche se viene utilizzata per lo più come impollinante.
Caratteristiche
Le caratteristiche dell’olio extravergine
del Garda trentino sono le seguenti:
acidità massima inferiore a 0,7%
num. perossidi inferiore a 10 (meq. 0/kg) 2
esame spettrofotometrico:
E 232 (k232) inferiore a 1500
E 270 (k270) inferiore a 0,160 Delta E (k) inferiore a 0,005
totale assenza
di residui di prodotti di sintesi
Dal punto di vista organolettico l’olio del Garda trentino assume caratteri di finezza difficilmente riscontrabili in altri olii:
colore: verde pallido, limpido
odore: caratteristico, fruttato
sapore: caratteristico, sapido, delicatamente fruttato
gusto: perfettamente irreprensibile ed esente da difetti