Vi abitavano gli aborigeni già circa 50 mila anni fa, ma fu scoperta dagli Europei solo nel XVIII secolo. Fu edificata da galeotti e divenne la terra promessa per gli immigrati da tutto il mondo. La chiamano “terra della fortuna”, ma è anche la terra delle meraviglie ed è cresciuta assimilando il meglio delle varie culture che l’hanno formata, cucina italiana compresa.
L’Australia è l’unico Paese al mondo a essere anche un continente, una immensa isola poco meno estesa dell’Europa, in gran parte desertica o semi-desertica, ma nondimeno emozionante e ineguagliabile per i suoi diversi tipi di habitat e i loro colori: il rosso dei deserti, il turchese dell’oceano, il bianco delle spiagge e delle nevi, il verde delle foreste e l’azzurro del cielo.
Vi sopravvivono animali unici come canguri, koala, emu ed ornitorinchi che contribuiscono a formare uno scenario talvolta primitivo che l’uomo ha solo in parte modificato erigendo, soprattutto sulle coste e nella zona più temperata e fertile a sud del Paese, una serie di città a volte avveniristiche.
Un Paese giovane e vecchio allo stesso tempo, popolato dai discendenti dei galeotti delle colonie penali deportati dal Regno Unito che oggi convivono con quelli, ormai pochissimi, degli antichi aborigeni. A questi si aggiungono anche i discendenti degli immigrati da tutto il mondo, a formare il mix di culture che è alla base dell’Australia di oggi, una nazione moderna e vivace dove si vive bene e si mangia benissimo, con un rapporto qualità prezzo più che interessante. Per un primo approccio è di grande aiuto per i viaggiatori il recente e ben strutturato sito www.australia.com in varie lingue, anche in italiano.
La cucina dei pionieri
Prima che gli Inglesi introducessero l’allevamento di ovini, bovini e cavalli e la coltivazione di cereali e ortaggi, gli aborigeni vivevano di caccia, piccoli animali, larve e vegetali selvatici come radici, semi e bacche. Con l’arrivo dei pionieri è nata la cosiddetta cucina di frontiera, in pratica enormi bistecche alte un paio di dita, le rumpsteak cotte sulla brace. L’alternativa erano stufati e zuppe di canguro, emu e coccodrillo cucinati sul fuoco dell’accampamento dentro le lattine dei fagioli, sostituite oggi dal billy, una casseruola di lamiera tipicamente australiana nella quale si prepara perfino il tè, però profumato con foglie di eucalipto. Per assaggiare le ricette dei pionieri bisogna andare nei bush tucker, ristoranti molto apprezzati dai turisti che qui possono trovare non solo zuppa di coda canguro e bistecche di coccodrillo, ma anche le grosse larve arrosto che qualcuno scambia per gamberi. Invece, i prodotti spontanei della boscaglia australiana sono da qualche anno riproposti sotto forma di salse e conserve e venduti anche all’estero nell’ambito di un programma di recupero delle tradizioni (Outback Spirit Bush Food).
Il barbecue è invece rimasto molto popolare, tanto che si può dire che la cucina Aussie (nomignolo dato ai bianchi australiani) si identifica con il barbecue o barbie, come si dice qui. L’odore del cibo alla griglia prevale spesso sugli altri e nei parchi delle città i barbecue pubblici in muratura sono a disposizione di tutti. Sul barbecue si cucina quasi tutto, compreso the egg in the hole per la prima colazione, cioè fette di pane con al centro un foro nel quale viene fatto scivolare un uovo. Il barbecue è inoltre occasione di incontro tra “vicini”, anche se questo a volte richiede qualche ora di macchina o spostarsi con il proprio aereo.
La moderna cucina australiana
Oltre al barbecue l’unica preparazione che si può considerare tipicamente australiana è la pavlova (nella foto in basso), un famoso dessert a base di meringa, panna e frutta creato agli inizi del 1900 da uno chef grande ammiratore della ballerina russa. Gli altri piatti sono stati importati dagli immigrati e oggi è la cucina italiana ad andare per la maggiore e oltre alla pizza sono molto richiesti gli spagbol ovvero spaghetti alla bolognese, un altro nome abbreviato secondo l’abitudine australiana.
Sydney è stata il punto di partenza per la fusione tra la cucina moderno-australiana e quella moderno-mediterranea, mentre Melbourne può considerarsi il centro della cucina italiana e di quella greca. Quest’anno la tendenza a Melbourne è la carne, che gli chef inseriscono sempre più spesso nei loro menu; a Sydney è invece la cucina italiana a fare un ulteriore passo in avanti con l’apertura di un’altra dozzina di ristoranti che propongono specialità del nostro Paese.
L’attuale cucina australiana è influenzata dalle oltre 70 culture e 160 lingue di tutto il mondo presenti sul continente, ma se il breakfast è ancora all’inglese con uova, bacon e via discorrendo, sono state la cucina francese e quella italiana a lasciare il segno più duraturo prevalendo, con quella asiatica, su tutte le altre. Tuttavia, se prima gli chef australiani mettevano insieme ricette e ingredienti in una fusion un po’ approssimativa, contravvenendo a molte delle regole della cucina europea ed asiatica di allora, da un decennio a questa parte sono passati dalla semplice sperimentazione al perfezionamento della tecnica, viaggiando in tutto il mondo per imparare a lavorare i vari ingredienti sul posto. Si è quindi arrivati a una rielaborazione delle cucine importate, utilizzando tecniche collaudate assieme ad altre nuovissime e ispirandosi in particolare alla scuola giapponese e a quella catalana. Curtis Stone è un esempio famoso di quanto sia sentita per i giovani chef australiani l’esigenza di imparare la tecnica degli chef d’oltreoceano. Nato a Melbourne, ha incominciato giovanissimo a girare l’ Europa per costruirsi una propria esperienza e adesso, a 30 anni, è il ragazzo d’oro della televisione americana, ccon uno show via cavo che tiene incollati al video milioni di telespettatori. Gli chef della New Australian Cuisine seguono sostanzialmente due filoni: quello orientato verso la tradizione mediterranea, con mescolanze di europeo, africano e mediorientale, e l’altro che preferisce la tradizione asiatica. È un punto di incontro in cui le varie culture alimentari sono collegate tra di loro in un intreccio di gusti, profumi e colori che danno vita a un modo innovativo ed elegante di concepire la cucina. Il tutto con l’aiuto della grande qualità delle materie prime australiane, primi fra tutti pesci, crostacei, molluschi e il caratteristico barramudi, pescati in acque ancora non inquinate.
In giro per mercati e scuole di cucina
In tutta l’Australia ci sono oltre un milione di coperti distribuiti tra più di 15 mila tra ristoranti, caffè, pub e altri locali dove si può mangiare. Un giro del mondo gastronomico che spazia dai locali più rinomati alle economiche Food Court, i saloni dei centri commerciali con posti a sedere e stand che vendono a prezzo modico buoni piatti di cucina da tutto il mondo. Nelle grandi città gli acquisti si fanno in mercati che sono un vero e proprio tuffo nel mondo alimentare. Il mercato del pesce di Sydney (foto in questa pagina) raggruppa alcuni punti vendita dentro e fuori l’edificio principale, con un magnifico assortimento di pesci, molluschi e crostacei, freschissimi e presentati in modo a dir poco scenografico. Chi non vuole cucinare può acquistare il pesce già pronto e gustarlo seduto a uno dei tanti tavoli distribuiti tra e dentro i punti vendita.
Al piano superiore del mercato c’è la scuola di cucina ad esso collegata, la Sydney Seafood School, (www.sydneyfishmarket.com.au), sempre affollata, dove si impara a riconoscere e a cucinare i vari tipi di pesce. Durante le prime due ore gli insegnanti preparano e spiegano trucchi e segreti delle ricette in programma, poi gli allievi passano alla parte pratica e alla fine i piatti vengono assaggiati.
Sempre a Sydney, con uno stile meno didattico ma ugualmente di grande interesse per il pubblico, c’è il Gourmet Safaris (www.gourmetsafaris.com.au).
I partecipanti scelgono un argomento a loro gradito e la mattina si riuniscono per una prima infarinatura sul programma del giorno, poi si va tutti in gruppo per i negozi del quartiere assaggiando i prodotti più tipici e si chiude con un pranzo a tema. Molto richiesta la cucina italiana che ha tra i suoi ciceroni Adriano Cirillo, nato in Australia ma italiano d’origine, che presenta familiarmente i negozianti e i loro prodotti.
Il Queen Victoria Market di Melbourne, situato in un edificio storico inaugurato nel 1878 (www.qvm.com.au) è il più antico mercato australiano. Davvero sterminato, circa 1000 stand, è diviso per settori e con molti venditori italiani. Nella parte più vecchia gli stand offrono specialità da tutto il mondo e locali come la carne di canguro, ma anche prodotti insoliti come gli enormi blocchi di burro in uno stand del 1929, dai quali viene tagliato di volta in volta il quantitativo richiesto. Si possono prenotare visite guidate del mercato, con piccoli assaggi offerti dai negozianti.
Collegata al Queen Victoria Market c’è la scuola di cucina che organizza i tour gastronomici nel mercato e corsi tenuti da Carmel McNally. La scuola è al 69 di Elizabeth Street sotto i portici dall’altro lato dell’edificio del mercato, ma non è facile trovarla perché la via alterna sullo stesso lato numeri pari e dispari, alti e bassi.
Ancora a Melbourne, sarebbe un peccato perdersi la visita ai Melbourne Markets. Bisogna limitarsi a guardare perché sono mercati all’ingrosso chiusi al pubblico, ma è un viaggio straordinario sul trenino elettrico Tutti Fruiti alla scoperta di frutta, verdura e fiori. Indispensabile prenotare (www.melbournemarkets.com.au).
Black Pearl Epicure (www.blackpearl.com.au) è un punto di riferimento gastronomico importante a Brisbane. I corsi della scuola spaziano dalla cucina italiana a quella orientale alla preparazione di gelati e sorbetti eccetera, mentre nel negozio e nel magazzino sono in vendita prodotti alimentari australiani e italiani, sia al minuto sia all’ingrosso per ristoranti, supermercati e negozi. Babak Hadi, proprietario e direttore oltre che uno degli chef dei corsi, si occupa personalmente degli acquisti che includono alcune marche italiane artigianali tra le migliori.
Caffè, la passione australiana
Il caffè piace molto agli Australiani ed è normale vederli passeggiare od occuparsi delle loro faccende sorseggiandolo dall’immancabile bicchiere di plastica. Ne hanno inventato addirittura una versione tutta loro: flat white, una via di mezzo tra il caffelatte e il cappuccino. Maria Paoli, fondatrice e direttore di Evolving Success (www.evolvingsuccess.com.au), oltre che qualificata insegnante di food & beverage e degustatrice di caffè, ha creato l’Historical Coffee Trek, cioè un insolito giro guidato dei caffè di Melbourne.
“La coltivazione del caffè – dice Maria Paoli – è iniziata nella zona di Byron Bay, dove i primi immigrati nel 1700 coltivavano canna da zucchero e altri vegetali. Tuttavia i terreni furono riconvertiti a caffè nel 1980, dopo che i raccolti furono distrutti dalle malattie alla fine del 1800, e ora in Australia si coltiva arabica, ma non in altezza: si chiama chicco specializzato e ha un sapore acido adatto per le miscele. Oggi l’Australia esporta caffè verso Germania, Stati Uniti e Giappone e ci sono torrefazioni ovunque, specialmente a Melbourne, Sydney, Queensland e Tasmania, con un incremento del 10% ogni anno. Dal 1930, periodo in cui si beveva ancora molto tè, il consumo è aumentato dell’85% anche per cappuccino e caffelatte, grazie all’arrivo degli immigrati che hanno importato l’abitudine dell’espresso.”
Merlo (www.merlo.com.au) è un altro marchio di richiamo per gli amanti del caffè ed è presente a Brisbane come Barmerlo e Merlocoffee. Ha introdotto la macchina per l’espresso nel Queensland 50 anni fa e da allora propone espresso all’italiana con miscele appositamente preparate con caffè australiano o importato direttamente e tostato nella torrefazione presso il punto vendita. I clienti possono farsi preparare una miscela su misura e una volta al mese è previsto un breve corso conoscitivo-degustativo su prenotazione.
Vero pioniere del caffè in Australia è lo storico Pellegrini’s a Melbourne (66 Bourke Street), il primo ad aver avuto la macchina per l’espresso. Proprietario è Sisto Pellegrini, originario di Ascoli Piceno, che tiene vivo a Melbourne questo piccolo e frequentatissimo angolo d’Italia con il suo eccellente caffè e con i dolci casalinghi e la pasta preparati da 40 anni con le ricette di famiglia.
Sydney, la più antica
La cosmopolita e vivace Sydney (chiamata Big Smoke, grande fumo, dagli abitanti dell’Outback) è la più vecchia ed estesa città australiana ed ha come simbolo il ponte (che ha anch’esso un nomignolo: Coathanger, ovvero attaccapanni). L’Harbour Bridge collega i due lati della baia, dove approdarono i primi coloni, e si può scalare in circa tre ore e mezza (www.bridgeclimb.com). Altro importante riferimento della città è l’avveniristico palazzo dell’Opera House, appena inserito nell’elenco dell’UNESCO, che fronteggia il ponte di fianco alla Circular Quay da dove partono in continuazione i traghetti. Per la spiaggia di Bondi, una delle preferite dagli amanti di surf, bisogna invece prendere un bus.
Sydney è forse la migliore città gastronomica al mondo e riunisce probabilmente il maggior numero di ristoranti di qualità. Il più famoso è Tetsuya’s, cucina franco-giapponese di altissimo livello e al quinto posto tra i migliori 50 chef del mondo (529 Kent Street – www.tetsuyas.com). Il legame con la cucina italiana è l’amicizia di Tetsuya con alcuni dei nostri chef e il suo amore per gli spaghetti, che sua madre cucinava alla bolognese in Giappone già 40 anni fa. Nella stessa lista e ancora a Sydney, al 33mo posto, il Rockpool con la cucina moderna di ispirazione asiatica dello chef Neil Perry (www.rockpool.com).
Più di stile italiano è Aria, dal nome del brano musicale, altro celebre ristorante con vista sul palazzo dell’Opera (1 Macquarie Street – www.ariarestaurant.com). Lo chef Matt Moran, anch’egli tra i migliori dell’Australia, propone cucina moderna australiana, cioè molto fresca, francese “mediata” e piatti italiani come ad esempio la pasta di cui Moran è uno specialista. Il menu è stagionale e fra i piatti più richiesti c’è l’agnello. “ A 15 anni – dice Moran – ero un amante del cibo, anche se la mia era una famiglia di allevatori di agnelli e bovini con una fattoria a 3 ore a est di Sydney. La mia specialità è il pie di anatra, ma preferisco soprattutto gli arrosti e lo slow food come brasati e stufati. Come materia prima cerco sempre di scegliere il meglio e mi rifornisco per quanto possibile dalla fattoria dei miei. Penso sia fondamentale avere materia prima di fonte sicura perché è importante che i prodotti siano sani, che i pesci vivano in acque pulite.” Nel ristorante Aria, 300 posti apparecchiati in modo esemplare, il menu è stagionale, ma se ne possono prenotare di speciali. Notevole la carta dei vini, premiata nel 2006 e che elenca 8600 etichette da tutto il mondo di cui oltre la metà australiane. Molto piacevole il volume di Matt Moran con le sue ricette e la sua storia.
Melbourne, la gemella di Milano
E’ stata la prima capitale dell’Australia e primeggia in finanza, commercio, industria, moda, design, architettura, giornalismo, e altro ancora. La capitale morale, quindi, che contende a Sydney, tra le altre cose, anche il titolo di migliore città gastronomica nel mondo. Melbourne ha perciò molti punti in comune con Milano e nel 2004 le due città si sono gemellate. Melbourne sorge sulla baia di Port Phillip ed è circondata da vigneti, foreste e spiagge. La sua architettura è originale, a volte futuristica come nella Federation Square, o piacevolmente retro come le vecchie Arcades, tempio dello shopping. Gli abitanti di Melbourne appartengono a circa 140 nazionalità diverse e si può mangiare in quasi altrettanti modi. Oltre alle specialità italiane, sono molto diffuse quelle greche e quelle cinesi mentre i deliziosi dolci della cucina ebrea sono concentrati nell’elegante quartiere di St. Kilda, dove le pasticcerie si susseguono sotto i portici. Per abbinare turismo e gastronomia si pranza sul Colonial Tramcar Restaurant, una specie di Orient Express per buongustai.
Tra i nomi di maggior spicco della ristorazione il pluripremiato Taxi (Federation Square – www.transporthotel.com.au), cucina moderna di ispirazione giapponese-asiatica del bravissimo Michael Lambie. Quasi monumentale la lista dei vini che comprende le migliori etichette da tutto il mondo, con ben 3 pagine dedicate al sake e 22 tipologie al bicchiere. Capo sommelier l’esperto, seppur giovanissimo, Linc Riley che conferma come molto gradite nella regione di Victoria le tipologie europee, soprattutto Pinot Grigio, Sangiovese e Tempranillo. Davvero bello l’interno del ristorante dalle cui vetrate si gode una stupenda vista sulla Federation Square, il fiume Yarra e la storica stazione Flinders.
Dall’altra parte della strada, proprio sul fiume, il Tutto Bene, ristorante italiano di cui è proprietario e chef Simon Humble (Mid Level Southgate – www.tuttobene.com.au). Passato dalla cucina francese a quella italiana perché più di tendenza, Simon Humble ha imparato a cucinare italiano in Veneto e in Sicilia e si è specializzato in risotto. Ne ha in carta 16 diversi più uno dolce, per i quali consuma all’incirca 120 kg di riso alla settimana che fa arrivare da Isola della Scala (Verona). Il suo risotto più richiesto è Al Presidente, con parmigiano invecchiato 2 anni e aceto balsamico del 1912, una ricetta creata nel 1999 in occasione della visita dell’allora presidente Scalfaro. I prodotti utilizzati sono, per quanto possibile, italiani.
Brisbane e le altre
Canberra, la città giardino, è la capitale politica, costruita dal nulla appositamente come compromesso per sedare la disputa tra Sydney e Melbourne. Adelaide è conosciuta come la città delle chiese e vi si trova anche un vivace mercato che risale a 125 anni fa. Darwin è stata ricostruita in stile tropicale ed ha un enorme porto che è il doppio di quello di Sydney. Hobart è la seconda città capitale più antica mentre Perth è famosa per i grandi spazi.
Un posto di spicco è occupato da Brisbane, nata come colonia penale e ora quarta al mondo per numero di pernottamenti. Si distingue per il suo avvincente mix di moderno e di vecchio, con belle case dell’800 e alti grattacieli di vetro lungo la riva dell’omonimo fiume, costeggiato da lussuosi alberghi e scavalcato da un ponte che rivaleggia con quello di Sydney (www.storybridgeadventureclimb.com.au). A Brisbane ci sono cultura (il Museo d’Arte), sport (Victoria Park Golf), relax (South Bank Parklands sul fiume), shopping (Arcade e Quen Street Mall). Gli affari hanno come prestigioso punto di appoggio il Brisbane Convention and Exhibition Centre che ha ospitato l’edizione 2007 dell’Australian Tourism Exchange, una manifestazione che ha riunito 600 buyers da tutto il mondo e 1700 delegati australiani (www.bcec.com.au).
Per i foodies (buongustai) varie possibilità di scelta a tavola, dal ristorante pluripremiato alle Food Court. Ottima la cucina spagnola da Gianni’s sul lungofiume (www.giannisrestaurant.com); vicino il Cha Cha Char (www.chachachar.com.au) famoso per la carne e, ancora sul fiume, il Siana (www.siana.com.au) ha una eccellente cucina indiana, malese e thai, ciascuna preparata da un cuoco diverso e servita in una magnifica sala. Per assaggiare canguro ed emu bisogna andare da Tukka (www.tukkarestaurant.com.au) mentre più defilato e solo con un bancone per 10-15 persone c’è Anise (www.anise.com.au), un bistro e wine bar con gustosi piatti anche italiani e una eccellente lista vini. Per una prima colazione prettamente australiana o il tè del pomeriggio il punto d’incontro è il Brisbane City Botanical Gardens Cafè, una costruzione d’epoca situata negli splendidi giardini della città (www.citygardens.com.au).
Nella valle dei vigneti
Solo in questi ultimi anni il vino comincia a sostituire più spesso la birra sulla tavola degli Australiani, soprattutto nelle città. Nell’Outback la birra è infatti ancora la bevanda preferita e nei pub, numerosi quasi quanto le case, c’è l’onnipresente XXXX (four ex). È la tradizionale marca australiana prodotta dal 1878 dalla Castlemaine Perkins vicino a Brisbane in un birrificio che risale al 1842. Si chiama così dal 1924 perché ogni lettera X indica la forza della birra. Però in Australia si beve volentieri e in abbondanza, quindi si può anche supporre che sia stato dato questo nome alla birra per facilitare chi ha bevuto troppo per riuscire a ricordare una marca. Si va però perdendo anche l’usanza del BYO, ovvero bring your own (porta il tuo), insegna esposta dai locali nei quali è permesso ai clienti di portarsi il bere da casa.
Una volta il vino era reso più forte e aromatico da aggiunte di Porto, Sherry e altro ancora, ma oggi la produzione vitivinicola australiana è al settimo posto nella classifica mondiale per la qualità e al quarto posto come volume di esportazione grazie anche al fattivo appoggio del Governo. Inoltre l’Australia, unico Paese al mondo, ha avuto fino allo scorso settembre un ministro per il vino nel Queensland, anche se ora la competenza è del Ministero del Turismo. Non esiste però una scuola di sommelier ed enologi e quindi i giovani possono acquisire una istruzione di base solo presso l’Università di Latrobe. Esiste una Australian Sommelier Association, ma non ha la struttura professionale delle corrispondenti associazioni in Italia e Francia.
Sono state censite circa 2000 aziende vinicole e 7,6 milioni di ettari di terreni biologici dislocati nelle zone più temperate del continente. I vitigni più importanti sono stati importati dall’Europa ed enologi francesi, italiani e tedeschi hanno dato le prime nozioni di vitivinicoltura alla gente del posto. In Australia vengono coltivate un centinaio di varietà diverse con preferenza con Shiraz e Pinot Nero, anche se nell’utimo Royal Sydney Wine Show è stato lo Chardonnay a dominare. La vendemmia va da fine febbraio a marzo-aprile, a seconda dell’andamento della stagione. Le zone di produzione sono una sessantina e tra le più vocate c’è quella di Yarra Valley, nel Victoria, a circa un’ora di macchina da Melbourne. Molte aziende hanno enologi italiani e praticamente tutte hanno annesso un ristorante o almeno alcuni tavoli dove è possibile mangiare scegliendo da menu spesso di ispirazione italiana.
La cantina più grande in Yarra Valley è la De Bortoli (www.debortoli.com.au), una cinquantina di tipi di vino per un totale di 3 milioni di bottiglie. Presenti anche una piccola sezione di affinamento dei formaggi, che vengono venduti o serviti con la degustazione di vini, e un ristorante con menu di ispirazione italiana. Ugualmente grande è il Domaine Chandon (www.domainechandon.com.au), collegato all’omonima casa francese e il primo ad aver introdotto i tappi a corona anche per i grandi vini. In produzione 14 spumanti e un rosato, molto trendy anche in Australia. Chateau Yering è l’azienda più antica, costruita nel 1838 (www.yering.com) dove fu impiantato il primo vigneto nella valle, con un bellissimo ristorante e wine bar. La produzione è di circa 20 mila bottiglie all’anno suddivise in 20 tipologie. Risale invece al 1850 l’annesso splendido albergo Chateau Yering in stile coloniale (www.chateauyering.com.au), uno dei due Relais & Chateaux australiani (l’altro è il ristorante Tetsuya’s di Sydney). Di stile moderno l’azienda vinicola Innocente Bystander (www.innocentbystander.com.au/vinery) produttrice dei vini Giant Steps, che vengono presentati per la degustazione spillati al bicchiere da moderni rubinetti refrigerati. Nel punto vendita pizza, pane e formaggi della casa e il caffè tostato ogni giorno nel locale. Warra Estate (www.tarrawarra.com.au), dove si produce forse il miglior Pinot Noir dell’Australia, è anch’essa una cantina moderna, ma di design e con una panoramica vista sui vigneti. Nel ristorante menu fusion con base europea dello chef inglese Kevin Henderson.
Gastronomia in Yarra Valley
Oltre al vino, Yarra Valley offre interessanti indirizzi gastronomici. Per un tuffo nella storia si va al Healesville Hotel (www.healesvillehotel.com.au), nell’omonima cittadina. Anche il pub e il ristorante annessi hanno mantenuto l’arredamento originale e il giovanissimo chef Neil Cunnigham propone menu australiano moderno con influenza di vari paesi. È di proprietà dell’hotel anche il vicino punto vendita con carni, formaggi, verdure e vari prodotti locali, come pollame funghi e cotogne, che il proprietario Michael Kennedy sceglie personalmente o fa arrivare dalla sua fattoria anche per la cucina del ristorante. “Prima dell’arrivo massiccio degli immigrati – dice Michael Kennedy – si mangiava parecchia carne di agnello e di manzo e molto cotta. Il cambiamento è cominciato con l’influenza della cucina francese e dopo con quella italiana che si distingue per originalità.”
Bella Vedere a Coldstream (www.bellavedere.com.au) è un conosciuto ristorante che ha come comproprietario e chef Gary Cooper che è stato due anni in Italia per impararne le ricette e il suo fornaio un anno a Milano per cogliere i segreti del nostro pane. Presso il ristorante sono in vendita il pane sfornato tutti i giorni e le conserve della casa, tutto biologico; al piano superiore una scuola di cucina e degustazione di vini. “La cucina australiana non esiste – dice Cooper – e quella di oggi è praticamente un adattamento di quella italiana che è molto di moda in Australia. Da noi non ci sono scuole di cucina del tipo Cordon Blu, ma solo scuole professionali e i giovani sono forse troppo attratti dalla speranza di diventare chef famosi in televisione. D’altra parte la gente, fatta forse eccezione per gli Italo-Australiani, vuole sempre di meno cucinare a casa e preferisce mangiare fuori, così è abbastanza comune che i nuovi appartamenti non abbiano la cucina. Io ho adottato la filosofia di Slow Food e del biologico e decido il menu giorno per giorno, in base a quanto ho raccolto nel nostro orto.”
Mt Rael a Healesville (www.mtrael.com.au) è famoso per la vista stupenda ed è Bed & Breakfast oltre che ristorante. Executive chef è John Knoll che ha ereditato la passione per la cucina dalle donne di casa sua: mamma, nonna e zia. E’ convinto che la cucina migliore sia quella semplice e con buoni ingredienti, “d’altra parte – dice – il trend in Australia è proprio quello di cucinare più semplice e sano e anche più rustico e vero”. La sua cucina è moderna australiana, con un mix di influenze dai vari Paesi ma guardando a quella italiana come guida e utilizzando molti prodotti naturali anche selvatici che va a raccogliere personalmente.
La Yarra Valley Dairy (www.yvd.com.au) di Mary Mooney, lontana discendenza italiana, è un rinomato caseificio artigianale che produce formaggi freschi, di mucca e di capra, prodotti con il latte degli animali di proprietà dell’azienda. L’industria casearia australiana è piuttosto recente e risale agli anni Sessanta e all’immigrazione di esperti del settore provenienti dall’Europa. Oggi la gamma dei formaggi è molto ricca e di qualità, ma il Cheddar rimane il più importante.
La leggenda dell’Outback
Se la barriera corallina rappresenta uno degli aspetti più suggestivi dell’Australia, l’Outback ne è senz’altro la parte più affascinante e avventurosa. Gli spazi sono sterminati, interrotti da fattorie e cittadine, poche case a un solo piano e con veranda, schierate ai due lati dell’ampia strada principale. Tra fattorie e centri abitati si estendono centinaia di chilometri di bush lungo i quali ci si sposta in auto e quando si è stanchi ci si ferma nei motel. Il bestiame è trasportato sui road trains, gli enormi camion a tre rimorchi lunghi fino a 50 metri, mentre la posta e le altre merci sono consegnate con l’aereo, il mezzo più pratico anche per le emergenze e le visite mediche o per andare a pranzo dagli amici impiegando un’ora di volo piuttosto che mezza giornata di auto. L’aereo viene a volte utilizzato anche nelle farm (le più piccole sono comunque sempre di qualche migliaio di kmq) per radunare il bestiame che viene poi spinto dai vaccari a cavallo o, in stile più moderno, con le moto da cross. Però i ragazzi continuano a studiare nelle fattorie e, grazie all’intervento del Governo che ha attivato le linee telefoniche su tutto il territorio, hanno abbandonato la radio per internet e le classi seguono ogni giorno le lezioni via video da centinaia di chilometri di distanza, ciascun ragazzo dalla propria fattoria. Una rete di scuole per l’educazione a distanza per l’Australia rurale di cui fa parte la Longreach School of Distance Education nel Queensland (www.longreacsde.qld.edu.au).
Chi ha tempo e vuole godersi il paesaggio prende uno dei treni speciali dell’Outback, come The Ghan tra Darwin e Adelaide con un viaggio di due giorni, a 85 chilometri all’ora e con varie fermate per far sgranchire le gambe ai passeggeri. The Spirit of Outback (www.traveltrain.com.au) impiega invece 24 ore tra Brisbane e Longreach: stile retrò, cuccette, vagone bar e vagone ristorante con pasti davvero di buon livello e a prezzi convenienti cucinati da una decina di chef che si avvicendano a ogni viaggio.
L’Outback, la terra dei pionieri, rossa e quasi priva di vegetazione, attraversata da larghe piste raramente asfaltate che portano alle cittadine minerarie dove si scavano gli opali (il 95% della produzione mondiale è australiana), conserva importanti tracce preistoriche. Come nel Lark Quarry, dove circa 3.300 impronte di dinosauri sono ora protette da una moderna struttura. I pionieri sono ricordati ovunque, rudi uomini che riuscivano a tosare a mano centinaia di pecore in un giorno e che viaggiavano a piedi o a cavallo con il loro swag, la stuoia per dormire all’aperto, chiamata Matilda in slang. Al North Gregory Hotel di Winton, rimasto immutato nel tempo, è stata cantata per la prima volta nel 1895 la celebre canzone Waltzing Matilda dedicata allo swag, e sempre a Winton c’è il Waltzing Matilda Centre (www. matildacentre.com.au), l’unico museo dedicato a una canzone che parla anche della vita dei coloni. Innumerevoli quindi le testimonianze dedicate ai pionieri, come per esempio nell’Australian Stockman’s Hall of Frame di Longreach (www.stockmanshalloffame.com.au), quasi di fronte al museo della compagnia di bandiera australiana Qantas (www.qfom.com.au) e di fianco all’Australian Agricultural College (www.aacc.edu.au) dove ragazzi e ragazze imparano a occuparsi del bestiame e a coltivare la terra. A Longreach c’è anche il cimitero dei primi pioneri, che ci si può far raccontare tomba per tomba da una eccentrica guida.
Ma se nell’Outback si incontrano mandrie, greggi, canguri, emu, dingo, perfino dromedari (l’Australia ne è il maggior allevatore ed esportatore al mondo), è invece difficile vedere gli aborigeni. I pochi rimasti sono riuniti nei Parchi Nazionali, in zone dove bisogna recarsi appositamente, un tipo di turismo in continua espansione (www.indigenoustourism.australia.com). Raramente si spingono nei paesi o nelle grandi città, e se qualcuno di essi, durante il fine settimana, arriva fino alla banchina del Circular Quay di Sydney per suonare il tradizionale didjeridoo, turisti e Aussie l’ascolteranno con la stessa curiosità.
I buoni indirizzi
Ambasciata Australiana – Roma
Via Antonio Bosio, 5 – Tel. 06852721
www.italy.embassy.gov.au
The Observatory – Sydney, 89 – 113 Kent Street
Tel. 0061 2 9256 2222 – www.observatoryhotel.com.au
Un raffinatissimo hotel, arredato come un piccolo palazzo e con un centro benessere che già da solo varrebbe il soggiorno. Più volte premiato, l’hotel propone una eccellente prima colazione e una cucina franco-giapponese molto interessante, curata dallo chef giapponese Haru Inumai, presso il suo Galileo Restaurant.
Four Seasons Hotel – Sydney – 199 George Street
Tel. 0061 2 9238 0000 – www.fourseasons.com/sidney
Lussuose camere che guardano sulla baia, un raccolto Executive Club al 32mo piano con un buffet sempre ben fornito e una bellissima spa. Il ristorante dell’hotel, Kalbe’s, ha come capo chef l’inglese Carl Middleton che propone menu moderni e ben curati. Molto richiesti il tavolo nell’enoteca (solo per due) o di fianco alla cucina (10-16 posti al massimo).
Saville on Russell – Melbourne – 222 Russell St
Tel. 0061 3 99152500 – www.savillehotelgroup.com
Hotel 4 stelle di una catena presente anche in altre città australiane. Dà la consueta accoglienza hotel ma le belle e spaziose camere sono dei veri e propri monolocali con un attrezzato angolo cottura, lavastoviglie, lavabiancheria e ferro da stiro, tutto gratuito.
Y&J’S – Young and Jackson Hotel
Melbourne, Corner Swanston & Flinders Streets
Tel. 0061 3 9650 3884 – www.youngandjacksons.com.au Il più vecchio hotel di Melbourne e forse il più conosciuto pub dell’Australia. Al primo piano il famoso ritratto di Chloe e tavoli con vista su Federation Square e la stazione di Flinders.
Stamford Plaza Hotel – Brisbane
Cnr Edward & Margaret Streets – Tel. 0061 7 3221 1999 www.stamford.com.au
Bellissimo albergo sul lungofiume, fa parte di una prestigiosa catena presente in tutta l’Australia.
Emporium 1000 Ann Street
Fortitudo Valley, Brisbane
Tel. 0061 7 3253 6999
www.emporiumhotel.com.au
Magnificamente arredato in stile liberty è un albergo di gran lusso che si propone in particolare per i viaggi di nozze.
Story Bridge Hotel – Brisbane
200 Main St Kangaroo Point
Tel. 0061 7 3391 2266
www.storybridgehotel.com.au
Cucina australiana moderna in un palazzo d’epoca con arredo di design che può ospitare fino a 3000 persone suddivise nelle varie sale.
Yering Gorge Cottages – Yering
215 Victoria Road – Tel. 0061 3 9739 0110
www.yeringcottages.com.au
Nuovissimi e arredati con elegante design, sono al margine di una foresta di eucalipti e dalle vetrate dei cottages è possibile osservare i canguri che escono dal bush.
Boulder Opal Motor Inn – Winton
16 Elderslie St. – Tel. 0061 7 46571211
www.boulderopalmotorinn.com.au
Confortevole motel 4 stelle, ampie stanze e ristorante.
Coffee Merchant/Coffea Café
Melbourne, 521 di Elizabeth Street
Un caffè quasi all’italiana sotto i portici all’esterno del Qeen Victoria Market; si può anche mangiare uno spuntino all’italiana o acquistare il caffè che viene tostato nel negozio.
Outback Aussie Tours – Longreach
P.O.Box 448 – Tel. 0061 7 46583000
www.oat.net.au – Comproprietario e una delle guide è Alan Smith, che per alcuni giorni porta i suoi ospiti alla scoperta del bush, con un tour che si conclude con una breve crociera sul fiume.