Suini geneticamente modificati e spacciati per italiani per aggirare le rigide norme alimentari del Bel Paese.
E’ ciò che è emerso da un’inchiesta della Procura di Torino che risalirebbe già al 2017, portata solo oggi alla luce dal giornale online Il Fatto Alimentare in un articolo di Roberto La Pira.
Un’ennesima frode all’italiana, una Prosciuttopoli, solo che questa volta coinvolge una delle eccellenze del nostro comparto alimentare, quella del prosciutto di Parma e del San Daniele Dop.
I fatti raccolti
A quanto emerge, già nel 2014 un tecnico di laboratorio torinese avrebbe messo in commercio un seme di verro Duroc danese poi acquistato da allevamenti situati in tutto il Nord Italia e utilizzato per inseminare le scrofe italiane dal Piemonte all’Emilia Romagna, dalla Lombardia al Trentino; un fatto che sta coinvolgendo un totale di 140 allevatori di suini.
Le cosce, destinate al Prosciutto di Parma e al San Daniele Dop, sarebbero così arrivate sul mercato con la complicità dell’Istituto Parma Qualità e dell’Ifcq Certificazioni, che hanno il compito di certificare che la carne sia italiana al 100%, macellata dopo un periodo minimo di 9 mesi quando il suino ha raggiunto i 160 Kg (i due istituti parmensi sono stati commissariati per sei mesi dal Ministero delle politiche agricole per gravi irregolarità).
Utilizziamo il condizionale perché il Consorzio Prosciutto di Parma si è dichiarato parte lesa, ma i produttori stanno chiedendo i danni.
Una guerra, questa, che sta mettendo in ginocchio numerosi allevatori di suini in Italia
I pericoli per la salute
Niente di pericoloso per la salute dei consumatori, sia chiaro, senonché la carne geneticamente modificata, meno grassa, ha un sapore totalmente diverso, cosa che costituisce una vera e propria truffa ai danni degli acquirenti e che ha configurato l”accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio, falso, contraffazione dei marchi e truffa ai danni dell’Unione europea.
L’inchiesta ha portato al sequestro di 300 mila cosce di maiale, pari al 10% della produzione nazionale, che secondo la stima della testata giornalistica online Il Fatto Alimentare, hanno un valore al consumo di 90 milioni di euro.
Suini pronti al macello un mese prima
Sarebbe questo il vantaggio economico più evidente dell’intera operazione.
Come già ricordato, i prosciutti italiani, tra i migliori del mondo, sono macellati dopo un periodo di allevamento di 9 mesi e non prima che i suini raggiungano i 160 Kg di peso.
L’inseminazione per mezzo di seme di verri Duroc danesi riduce invece il tempo di attesa a 8, 8 mesi e mezzo, facendo sì che l’operazione sia più conveniente dal punto di vista economico e di gestione dell’animale.