In un calice, le bollicine possono rappresentare l’apice della frivolezza per la maggior parte delle persone che non hanno avuto modo, o desiderio, di approfondire questo meraviglioso mondo che è quello del vino. Per molti di noi, invece, le bollicine altro non sono che un parco giochi inglobato in questa bevanda prodigiosa che possiede l’unica, straordinaria virtù di nascere da madre terra e arrivare nei nostri calici grazie alla mano dell’uomo.
La bollicina, elemento in grado di sollevare, muovere, amplificare tutte quelle sensazioni che il vino già possiede e capace di definirne nuovi tracciati, disegni, parabole, spesso imprevedibili, il più delle volte sorprendenti.
Non è un caso che il loro appeal non conosca battute d’arresto. Il consumo di Sparkling Wine è aumentato, negli ultimi dieci anni, quasi del 50%, con una produzione annuale che ormai sfiora i 2,43 miliardi di bottiglie prodotte. Un fenomeno in continuo crescendo, complici la spensieratezza, la trasversalità di questi sorsi, una vera e propria rivoluzione che vede, finalmente, lo Champagne emancipato dal suo unico ruolo di brand di lusso, di beverage riservato solo ed esclusivamente a feste, celebrazioni sportive, club privati, deturpato da candeline scintillanti e nelle mani di sciabolatori allo sbaraglio.
Un vino dalla storia e dal fascino così enorme che ancora si tende a mettere in etichetta, laddove è possibile, questo nome pur di vendere, relegando il resto degli spumanti a un piano marginale. Un blasone che ha messo in ombra, fino almeno agli anni ’80, tutti quei vini ai quali veniva assegnata la definizione, più generica, di “sparkling wine”, a sinonimo di qualità inferiore.
Gli stessi produttori, nel tempo, hanno adottato nomi più personali e identificativi, con l’intento di valorizzare e tutelare una specifica zona spumantistica e potersi, così, affacciare sul mercato con credibilità: è il caso del Cava, dei Sekt, dei Cap Classique, del Prosecco o della Franciacorta, per citarne alcuni italiani.
Riguardo al Metodo Classico, non c’è territorio che non si sia cimentato nella difficile arte della spumantizzazione. Da Nord a Sud si elabora di tutto, dai vitigni vocati ai più improbabili, a volte con risultati stupefacenti, altri mediocri. La direzione, tuttavia, è quella giusta. Si sta dando, infatti, impulso ed entusiasmo a una categoria capace di dare origine a un’incredibile moltitudine di stili e tipologie e che sentiva ormai da tempo l’esigenza di liberarsi da quell’omologazione, quei protocolli, che generano diffuso appiattimento e che portano a uniformare il gusto, anche laddove vi è enorme potenziale, con quello che impone il mercato di volta in volta. Oggi, il consumatore, trova finalmente vini (si, perché sono vini) dal più ampio respiro, autentici, originali, in grado di trasmettere, oltre a un territorio, una densa trama identitaria, una personalità.
Francia, Spagna, Italia, Germania e Russia ormai da tempo si dividono i tre quarti della produzione mondiale, con l’Italia che rimane al secondo posto, dopo la Francia, grazie anche all’intramontabile successo del Prosecco e di distretti ormai consolidati come la Franciacorta, il Trento Doc, l’Alta Langa, l’Oltrepo Pavese, per citarne alcuni. Sorprende, invece, come lo scorso anno il Consorzio abbia voluto valorizzare l’immagine dell’Asti Spumante, proponendone una singolare versione ‘secca’. Vista la posizione privilegiata di questo vino (è senza dubbio lo spumante dolce di maggior valore, senza considerare la sua grande tradizione), ritengo che sarebbe stato più logico e redditizio sottolinearne l’unicità, consolidando così questa identità di riferimento, anziché inseguire improbabili varianti che sembrano quasi rinnegare la natura di uno spumante unico per storia e piacevolezza. Soprattutto in un momento in cui, finalmente, gli spumanti dolci stanno tornando sulle nostre tavole e non solo al momento del dessert.
Si sono avventurati nell’affascinante mondo dell’effervescenza paesi come Argentina, Australia, Cile e Stati Uniti, ma anche luoghi insoliti come Ungheria, Romania, Serbia.
In Inghilterra, aiutati dal surriscaldamento climatico e dalla storia, che li vede protagonisti dello sviluppo dello Champagne, da diverso tempo si spumantizza, con l’ambizione di produrre di spumanti di livello elevati. Il cammino, tuttavia, è solo all’inizio.
Infine, ben più lontani geograficamente e culturalmente, si stanno prodigando nella produzione di bollicine paesi insospettabili come Cina, India e Giappone, probabilmente affascinati dalla trasversalità di questi vini, capaci, soprattutto nelle versioni dolci, di elargire abbinamenti straordinari con la cucina asiatica.
Alla luce dell’esperienza personale, tuttavia, mi permetto di aggiungere che, oggi, i grandi produttori di riferimento dei vini spumanti rimangono ancora i francesi della Champagne. Se si aggiunge poi il fatto che le nuove generazioni hanno viaggiato, studiato, sono piene di entusiasmo e stanno portando sul mercato champagne più originali, sani e, il più delle volte, tecnicamente ineccepibili, si fa presto ad intuire che sarà sempre più difficile raggiungerli. La Champagne sta cambiando, in meglio, e questo non farà che consolidare una volta per tutte il primato, qualitativo e d’immagine, del suo vino d’eccezione. Tuttavia, è d’obbligo sottolineare come l’Italia si sia, nel mondo anche nel settore dei vini spumanti, ritagliata un ruolo di primissimo piano, non certo grazie al fenomeno del Prosecco, bensì a due Regioni che si sono elevate a eccellenze del Metodo Classico. Mi riferisco alla Franciacorta e al Trento DOC, dove cantine capeggiate rispettivamente da Ca’ del Bosco e Ferrari hanno saputo sincronizzare alla perfezione territorio, passione e abilità tecnica, riuscendo così ad affermarsi anche nel difficile mercato dell’export. Lo hanno fatto puntando intelligentemente alla valorizzazione della propria personalità, quindi senza cadere mai nella trappola del paragone con lo champagne, che sembra tanto piacere a chi insegue il clamore di notizie d’effetto ma che in realtà, non hanno alcun senso.
Le bollicine rimangono, da sempre, strumento indispensabile di celebrazione, associato alla gioia, alla festa, alla vittoria, legato all’eccezionalità di alcuni momenti della propria vita, marcatore di un istante di gratificazione, di felicità pura. Vigorose e danzanti, amplificano i sogni e rallegrano lo spirito, riportandoci a quando, ancora bambini, con lo sguardo sognante accompagnavano le fragili e luminose bolle di sapone salire al cielo. Inglobano storie, territori, stagioni e umori, ma invitano anche alla spensieratezza, alla leggerezza. Trasversali e contemporanee, sono insostituibili in aperitivo e alle feste, sulla tavola possono prestarsi a qualsiasi abbinamento e, con gli opportuni affinamenti, possono portare a straordinari vini da meditazione.
In una parola sola: irrinunciabili.