
Domenica 21 Maggio, sotto una pioggia fredda e fastidiosa, un enorme pullman carico di Mariette Artusiane varca il casello di Ancona Nord. Destinazione, la prima tappa del loro viaggio di cui sono stata piacevolmente complice, il Molino Tre Ponti. Un ambiente bianco e profumato di farina le accoglie. Fra tanti sacchi contenenti farine e semole di grani antichi troneggiano le due macine a pietra. Enrico Vaccarini, il mugnaio, all’inizio un po’ timido (ma le Mariette sanno come scaldare l’ambiente ) parte dal chicco di grano e arriva al prodotto finito in un racconto che si fa interessante. Per le Mariette che hanno realmente ‘le mani in pasta’ è giocare in casa. Abbiamo un timing da rispettare ma, come dice ironica la loro Presidentessa Verdiana Gordini, le Mariette sono come ‘le cavallette’. Così si fermano in fila indiana a comprare farine e legumi.
A causa del maltempo dei giorni precedenti saltiamo la seconda tappa. I campi sperimentali di Osimo con 13 varietà di grani antichissimi sono impraticabili a causa dell’acqua che ha trasformato i sentieri in fango. Ci passiamo accanto e li salutiamo dai finestrini.
Terza tappa Loreto. Ho contattato la mia guida preferita, Paola, una laurea e una specializzazione in storia dell’arte religiosa sommata ad una spiritualità non comune. Ci aspetta a Porta Marina, sotto la Basilica e ci fa subito notare quanto la costruzione assomigli ad una fortezza. Una fortezza che negli anni difende e protegge la Santa Casa di Nazareth. Loreto è una meta religiosa gettonata e molti dei miei ‘pellegrini’ ci sono già stati. Ma sono sicura che non l’hanno mai vista, né ascoltata attraverso le parole di Paola. Che ha prenotato in esclusiva solo per noi, la Sala del Pomarancio, definita la piccola Cappella Sistina. ‘La Fede è un dono’ comincia Paola e da qui scende il silenzio fra noi. Sono particolarmente legata a questo luogo che ritengo abbia un’ energia incredibile. Usciti nella piazza veniamo tutti rapiti dai ‘madonnari’, non se ne vedono più in giro bravi come questi. Uno sta finendo di affrescare un Lorenzo Lotto, l’altro un Mantegna. Qualcuno di noi segue invece Paola che ci sta accompagnando, come da copione, dal Buono delle Marche. Dove dal ciauscolo al pecorino di fossa, dalle paste artigianali secche e a quelle ll’uovo, dalle confetture ai conservati, dai prodotti dei monasteri marchigiani alle saponette profumate, le Mariette trovano il loro habitat ideale. Il negozio di Stefano Pantaloni, così si chiama il patron, è piccino. Alcuni e alcune di noi si riversano nella Via Maestra pochi metri lungo il corso più in là. La Via Maestra è un museo/vendita di creazioni fatte da artisti e artigiani di ogni parte della Regione. Ci sono cappelli, fischietti fatti a mano, ceramiche, dipinti, oggetti in ferro battuto. Un’altra bella tappa di questo viaggio disturbato solo dal vento che non si placa e non si scalda. Ma noi sapremo come scaldarci e anche bene. Fra pochi minuti entriamo nel Ristorante Andreina. Un’ottima scelta visto che siamo qui. Errico Recanati e la mamma Ave ci accolgono con affetto. Dopo pochi attimi arriva anche Ramona Ragaini che ci guida ai tavoli. Una volta che siamo tutti seduti realizzo concretamente quanti siamo. Tanti, vocianti, allegri. Velocissimi i camerieri ci portano degli amuse bouche tutti da prendere con le mani. Cominciamo con delle ‘spugne’ di erbette strascicate molto simpatiche, continuiamo con i ‘lecca lecca’ di parmigiano finiamo col giocare con il kit ‘facciamo un’oliva all’ascolana’. Mentre beviamo Casal di Serra di Umani Ronchi e proviamo a costruire questa oliva ‘destrutturata’ l’atmosfera si riscalda e un tavolo, quello più vivace, intona una canzone popolare. Parte, automaticamente, l’applauso. “Ma le posate non le portano mai?” Mi domanda scherzando una bella signora al mio tavolo. Portano invece dei deliziosi spiedini di calamari che terminano con fette di rape rosse che sembrano ravanelli. Molto buono l’abbinamento ‘terroso’ al mare. Ed ecco le tante sospirate posate fare la loro entrata in scena. Insieme ad un crudo di gamberi con carciofi che invoglia tutti ad assaggiare i tanti panini diversi che Ramona ci ha portato.
Pesce da Andreina? Ebbene si! Dopo il gambero c’è un calamaro grigliato con un po’ del suo nero che si intreccia a germogli di piselli e piselli appena scottati. I pani finiscono. Qualcuno, quasi tutti, fa scarpetta. Buon segno direbbe l’amico Gianfranco Vissani. Maestro di Errico e mentore ispiratore.
Il nostro cuoco marchigiano rimane fedele alla sua scelta ‘marinara’ e manteca un eccellente risotto con i Moscioli di Portonovo (è appena cominciata la stagione) che viene divorato con colta voracità fra i complimenti di tutti. La bella ragazza che serve al nostro tavolo passa con il bis che viene accolto come fosse una cosa normale in un ristorante stellato( Una stella Michelin presa il 20-12-2013). Conosciuto, direi celebre, in Italia per lo spiedo di Andreina, la nonna di Errico. Una cuoca legata a fil doppio con la tradizione contadina che vedeva la cacciagione in prima posizione. “Volevo mangiare le quaglie qui!” Protesta come un bambino capriccioso un mio caro amico di Forlì. Gli altri ridono ma Verdiana è riuscita a convincere Recanati a cucinarci la faraona. Che si fa aspettare. Del resto, come ci dirà Errico poco dopo, la cucina espressa ha i suoi tempi da rispettare. L’attesa ci fa rilassare e il pezzo di faraona che viene ci viene posto davanti profumato intensamente di buono ci fa sorridere. Il bambino di cui sopra farà il bis. La mia coscia di faraona è cotta alla perfezione, buon sangue non mente. Una nuvola, un’aria di lamponi, le regala un non so che di vezzoso. Sotto di lei una fetta di mela e del miele raccontano la storia di nonna Andreina.
Non c’è un dessert. Ci sono i dessert mignon. Come un cucchiaino di crema di lampone. un bicchierino di vaniglia, pistacchio e fragola, un pomodorino candito ecc… Tutti delicati, leggeri.
Insieme al caffè arriva il gran finale: maritozzi freschissimi ripieni di crema al cioccolato fondente.
Verdiana passa per i tavoli felice. Stiamo per ripartire. L’autista del pullman è stato al nostro tavolo ed ha molto apprezzato. Autisti della provincia di Cesena e Forlì sappiate che le Mariette viaggiano eno-gastronomicamente parlando tante volte all’anno e gli autisti sono sempre graditi ospiti. Basta che non bevano. Peccato perché il secondo vino introdotto da Ramona dopo il verdicchio, la lacrima di Morro d’Alba di Lucchetti, valeva veramente la pena. Grazie Mariette e ‘Marietti’. Al prossimo viaggio marchigiano!