Secondo l’ultimo Rapporto The European House – Ambrosetti, il settore food&beverage italiano nel 2020 ha prodotto 31,2 miliardi di euro sui 64,1 dell’intero agroalimentare. Un andamento meno entusiasmante degli altri anni (-1,8%), ma decisamente superiore al Pil nazionale, in calo fino al -9%.
È stata significativa la crescita delle esportazioni, durante un anno in cui l’economia europea è stata segnata da forti restrizioni legate alle spostamento di merci tra Paesi. I prodotti agroalimentari italiani venduti all’estero sono cresciuti dell’1,8%, raggiungendo un valore record di 46,1 miliardi di euro. Tra i prodotti più esportati spiccano le bevande, generando oltre un quinto del fatturato. Sul podio dei ricettori dei prodotti italiani troviamo Germania, Francia e Stati Uniti.
In Europa, solo il 4% della Spagna supera l’importanza del settore agroalimentare italiano sul Pil nazionale (3,8%). Valerio Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti, spiega che l’agroalimentare italiano rimane al primo posto tra le “4A” del Made in Italy. Fattura infatti quasi il doppio del settore Automazione, 2,8 volte quello dell’Arredamento e più di tre volte l’Abbigliamento. In più, confrontandolo con i settori degli altri Paesi europei, dichiara che “Il valore aggiunto generato dall’agroalimentare italiano vale 3 volte il settore Automotive di Francia e Spagna e più del doppio della somma dell’Aerospazio di Francia, Germania e Regno Unito”.
Rimane comunque significativo il gap tra il food&beverage italiano e quello di Germania (75,2 miliardi di euro), Francia (62,5) e Spagna (54,8), i maggiori competitor dell’Italia per l’esportazione di generi alimentari. Uno dei potenziali asset di crescita per la nostra economia sarebbe l’uscita sul mercato cinese, su cui i produttori italiani stanno già lavorando, a partire dall’accordo raggiunto in questi giorni da Cia-Agricoltori con Pechino, riguardo all’esportazione del riso.