Davvero in pochi posti al mondo la gente è così amichevole e cordiale come nell’isola di Mauritius. Saranno la bellezza della natura, il clima mite tutto l’anno o l’intensità dei profumi e dei colori. Qui l’atmosfera è quella di un piccolo paradiso terrestre dove il sorriso è contagioso e la musica un sottofondo naturale.
Il blu e il turchese del mare si fondono con il bianco della sabbia fine delle spiagge e della spuma delle onde che si frangono contro la barriera corallina. All’interno dell’isola le infinite sfumature della vegetazione tropicale: foreste, piantagioni, parchi, altopiani e tre vette che superano gli 800 metri. Siamo a circa 2000 chilometri al largo della costa sud-orientale dell’Africa a est del Madagascar e l’isola di Mauritius, poco meno di 2000 chilometri quadrati, è stata disabitata fino alla fine del XVI secolo, quando gli Olandesi la colonizzarono popolandola con schiavi. Agli Olandesi si sono avvicendati i Francesi e poi gli Inglesi, che nel 1835 abolirono finalmente la schiavitù; infine l’indipendenza nel 1968 e nel 1992 la trasformazione in Repubblica. Oggi la popolazione è un mix di culture ed etnie diverse di cui il 70 per cento circa è costituito da Indiani Hindu e il resto da Cinesi, Creoli, Africani, Malgasci ed Europei.
Tutti convivono in perfetta armonia, mescolando lingue, cultura, cibo e perfino cimiteri, perché nemmeno in questo luogo sacro esistono settori riservati e i simboli delle varie religioni si affiancano nell’ordine casuale dato dallo spazio a disposizione. La popolazione, in buona parte discendenti degli antichi schiavi, accoglie turisti e visitatori con istintiva e genuina cordialità. E per le strade, pulitissime fino nei quartieri più popolari, si incrociano donne dall’incedere elegante anche nell’abito più semplice, bimbi con immensi occhi sereni, uomini sorridenti che lavorano o sostano in gruppetti all’ombra degli alberi.
Oggi l’economia dell’isola sta puntando decisamente verso il turismo e Mauritius, una delle mete preferite dalle coppie in viaggio di nozze, è molto ben attrezzata anche per gli sportivi (tutte le attività da praticare in mare e quelle di terra, anche estreme), per le famiglie e per quanti prediligono l’ecoturismo. L’Italia è al quarto posto come presenze europee dopo Francia, Gran Bretagna e Germania, ma il numero dei nostri connazionali in visita a Mauritius sta progressivamente aumentando. Gli hotel sono circa 500 con 13 mila letti (sono cifre in continua espansione) e la maggior parte sono resort bellissimi e con un eccellente rapporto qualità prezzo, con qualificati centri benessere, campi da golf e ristoranti di buon livello. A questi si devono aggiungere gli appartamenti in affitto e la piccola hôtellerie, convenienti e con il vantaggio di un contatto diretto con la vita mauriziana. A Mauritius le strutture non sono catalogate con le stelle come in Europa, ma la qualità dei servizi è comunque garantita dall’AHRIM, Association des Hôtelleries et Restaurants de l’Île de Maurice, costituitasi nel 1973 e che raggruppa quasi tutti i più importanti alberghi, ristoranti e operatori turistici dell’isola.
Port Louis, capitale coloniale
La città, fondata nel 1753 in onore di Luigi XIV e unico porto di Mauritius, sorge sulla costa nord-ovest, è piuttosto estesa rispetto la superficie dell’isola e i suoi abitanti e si presenta con molti edifici coloniali che si mescolano ai moderni grattacieli e a case più modeste. E’ una città vivace, soprattutto nella zona del lungomare Le Caudan Waterfront punteggiato da negozi, bar, ristoranti, cinema e il Casinò. Lo shopping offre prodotti di artigianato tipico come i tessili (tra cui le famose pashmine), le borse di paglia, i monili in oro e i velieri, riproduzioni accurate di vascelli per i quali è rinomato soprattutto il villaggio di Curapipe. Altro punto nevralgico della città è il mercato coperto, un’allegra distesa di frutta, verdura, spezie e fiori sulla quale si affaccia la balconata dei venditori di prodotti artigianali. Interessante la visita al Museo di Storia Naturale che ospita la riproduzione del dodo, un volatile simile al tacchino e dalle carni ottime, estinto nel XVII secolo e ora simbolo dell’isola. Al Blue Penny Museum (www.bluepennymuseum.com) sono invece custoditi francobolli tra i più rari e famosi al mondo. Fort Adelaide, chiamata La Citadelle dai Mauriziani, è una fortezza britannica situata sulla cima della collina subito fuori Port Louis dalla quale si gode una vista stupenda sul porto. Tra i vari eventi che vi vengono ospitati il più seguito è il Festival International Kréol (www.festivalKreol.com) che all’inizio di dicembre riunisce i migliori musicisti, ballerini, cantanti e poeti creoli dell’isola e di tutto il mondo. Il pubblico segue per tutta la settimana gli spettacoli, che si svolgono in varie località dell’isola, ed è numerosissimo anche se si sta all’aperto. Non ci sono sedili, qualcuno si siede per terra ma molti, grandi e bambini, si muovono al ritmo irresistibile della séga, il ballo tradizionale degli schiavi dell’isola e una volta ballavato solo donne e bambini. Le movenze sono aggraziate e seducenti ed esprimono la gioia di vivere, la stessa che si percepisce per le strade della città e dei villaggi, lontano dai grandi complessi alberghieri di lusso. Da Port Louis si arriva in poco tempo al magnifico giardino botanico di Pamplemousses (http://www.gov.mu/portal/site/ssrbg) e si è sulla strada per la costa nord e le bellissime spiagge della Grand Baie. Da qui si parte per le isole, come la storica Île Plate, o per la pesca d’altura (spada, tonno e anche squali). A est la stupenda Île aux Cerfs mentre a sud si estendono le terre colorate di Chamarel, una zona di terreno vulcanico ondulato con colori dalle sfumature incredibili. A Tamarin, invece, le caratteristiche saline con manodopera esclusivamente femminile.
Il regno della canna da zucchero
Il reddito principale di Mauritius proviene soprattutto dalla coltivazione della canna da zucchero che copre circa il 90 per cento del suo territorio.
La canna è stata importata nel 1600 dagli Olandesi e ancora oggi se ne coltivano una quarantina delle 64 varietà presenti nel mondo. Dalla canna si estrae lo zucchero che viene poi commercializzato in una quindicina di tipi differenti per consistenza, colore e gusto, ciascuno destinato a un ben preciso utilizzo. Dalla canna si ricavano anche melassa ed etanolo, con gli scarti si concimano le coltivazioni e si riesce a fornire il 45 per cento dell’energia elettrica necessaria sull’isola.
E, naturalmente, si produce il rum che è un’altra specialità mauriziana. Sull’isola sono presenti una ventina di distillatori, di cui solo 3 piuttosto grandi, e il rum viene prodotto sia con metodo industriale sia artigianale. Quello industriale si ottiene distillando la melassa e il più conosciuto è il Green Island Rum, invecchiato 3-5 anni in botti di rovere, molto morbido e aromatico. Il rum agricolo si ottiene invece distillando il vesou, cioè il succo fresco della canna da zucchero (circa 10 chili di canna per un litro di distillato), e può essere bianco, invecchiato o aromatizzato con la vaniglia o con un mix di spezie. Lo si beve liscio e lo si riscalda come si fa con il Cognac, ma lo si fa sfregando il fondo del bicchierino con la punta di un dito. Oppure vi si aggiunge zucchero grezzo di canna per renderlo più morbido e meno alcolico, o si aromatizza con frutta e spezie o si utilizza per la preparazione di cocktail mescolato con latte di cocco o lime. Rum anche per correggere il caffè alla creola con panna e cacao o per le immancabili banane flambées che si preparano perfino sulle barche. Il succo fresco della canna è una bevanda dal gradevole gusto di melone, preparata al momento nei chioschi del mercato o lungo la strada.
La canna da zucchero lascia tuttavia spazio alle piantagioni di tè e alle serre di vaniglia e di anthurium, una pianta in buona parte destinata proprio al mercato italiano. La Strada del Tè (www.larouteduthe.mu) conduce attraverso piantagioni, distillerie e serre. Le piantagioni di tè sono sull’altopiano centrale che parte da Curapipe, la regione più naturale e selvaggia dell’isola, per arrivare a Bois Chéri. La raccolta viene fatta a mano e sono soprattutto donne e ragazzi a riempire pazientemente i sacchi da portare a fine giornata alla pesa. Si possono visitare sia la fabbrica, seguendo il ciclo di produzione dall’essiccamento alla confezione, sia il Museo con macchinari e oggetti per servire il tè. Poco distante, sulla cima di una collinetta immersa nelle piantagioni, lo chalet che accoglie il negozio per la vendita e la degustazione delle diverse tipologie (nero, verde, alla vaniglia o speziato). Più a sud, a Saint Aubin, ci sono le serre di anthurium e di vaniglia. I baccelli, estremamente aromatici, vengono raccolti a mano, essiccati con vari passaggi quindi classificati a seconda della lunghezza e venduti a peso. E’ un lavoro lungo e con una bassa resa: oltre 4 chilogrammi di baccelli verdi per ricavarne uno per la vendita.
Una gastronomia dai mille sapori
Appena lasciato l’aeroporto già si percepiscono i profumi delle spezie che gli alisei mescolano a quello dei fiori e della frutta. E colori e profumi caratterizzano la gastronomia mauriziana, multiforme come l’insieme della sua popolazione. Gli ingredienti più tipici sono pesce e verdure della laguna (che ha acqua calda), il pollo (eccellente quello alla vaniglia), il riccio, il polpo essiccato di Rodrigues e la selvaggina, in particolare i cervi che sono stati importati dagli Olandesi. Prevale la cucina indiana poiché è l’etnia hindu quella più numerosa, ma se durante le rispettive festività ogni etnia prepara le proprie ricette tradizionali, il menu di tutti i giorni è una alternanza di preparazioni di varie provenienze. Le più diffuse sono la rougaille creola, una salsa speziata a base di pomodori e zenzero che di solito accompagna il polpo ma che si mangia in ogni momento; tandoori, masala e in genere i curry (carri) indiani; i piatti agrodolci cinesi, quelli creoli ricchi di spezie e molte ricette francesi. La cucina creola attinge dalle varie culture in un mix di razze e sapori e si può gustare nei caffè, nei piccoli ristoranti, le table d’hôte, nei chioschi o dagli ambulanti che vendono cibo per strada trasportandolo sui più disparati veicoli. I ristoranti, soprattutto quelli dei grandi alberghi, propongono una cucina internazionale e fusion di qualità che non trascura la connotazione multiculturale dell’isola.
Il più famoso chef dell’isola è Michel de Matteis, di origine italiana, del ristorante La Goélette dell’hotel Royal Palm (www.royalpalm-hotel.com) dove hanno luogo anche i pranzi e le cene ufficiali del Presidente. Ugualmente famoso è Stefano Fontanesi dell’esclusivo Dinarobin (www.dinarobin-hotel.com) della catena Beachcomber nella penisola di La Morne dove tiene anche frequentatissimi corsi di cucina. Nato a Seregno in provincia di Milano, vissuto tra Liguria e Toscana, dopo una brillante carriera come capitano di lungo corso ha deciso di dedicarsi alla ristorazione con una cucina che lui stesso definisce un po’ troppo avanti per i tempi, anche per lo stellato ristorante nel chiantigiano dove lavorava. La sua cucina dà l’impronta a tutto il Dinarobin e Fontanesi lavora con prodotti e sapori locali ma con background italiano. E’ infatti il più grande consumatore di olio d’oliva extravergine dell’isola: ne utilizza 18 provenienti da varie regioni d’Italia e una scelta di 5 è disponibile sulle tavole del ristorante. Il pomodoro locale, troppo acido per le insalate, è invece adatto per la cottura e lui lo usa per condire indifferentemente il riso e gli spaghetti cinesi. Tra i suoi piatti più apprezzati il tonno con garam masala avvolto a metà cottura nel prosciutto di San Daniele e gli spaghetti cacio e pepe, un vero best seller del Dinarobin, con il cacio passato sulla grattugia dopo uno spicchio d’aglio. “Sull’isola c’è un’ottima scuola alberghiera e i Mauriziani – dice Fontanesi – sono chef davvero molto bravi e si stanno affermando nel mondo, come Antoine Heerah e Jérome Bodereau, del ristorante Le Chamarré di Parigi, che hanno avuto la stella Michelin”. Esiste anche una Associazione Chef Mauriziani, di cui Fontanesi è socio, che fa parte della Associazione Mondiale di Chef.
Nella rue Chevreau (lecourtyard@intnet.mu), in un quartiere caratteristico di Port Louis, il ristorante Le Courtyard, una costruzione a due piani ristrutturata in modo tradizionale con materiali e arredamenti isolani, è uno dei punti d’incontro preferiti dai buongustai. L’ambiente, curato e accogliente, è il regno di Christophe Hardy e della sua raffinata cucina fusion per la quale fa grande uso delle sue spezie predilette. I piatti sono tradizionali e creativi al tempo stesso, in un mix originale ed elegante. Il ristorante è sempre aperto a mezzogiorno e la sera solo su prenotazione, ma Hardy si propone anche come “Chef a domicilio”, realizzando a casa dei clienti gli stessi piatti del menu del ristorante, una innovazione molto apprezzata in città. Il giovane chef bretone David Sosson è invece approdato da pochi mesi al Mövenpick di Bel Ombre (www.moevenpick-mauritius.com), uno stupendo resort con 3 ristoranti. Il più ricercato è La Grand’Kaz, il ristorante gastronomico con circa 50 posti per gustare specialità à la carte in una elegante casa coloniale. Le ricette sono soprattutto quelle tipiche francesi, come foie gras e saint Jacques, quindi cucina europea con connotazioni locali con un tocco personale frutto dell’esperienza maturata in giro per il mondo.
Questi quattro chef rappresentano molto bene l’attuale cucina mauriziana, in continua ascesa e che sta cominciando a farsi conoscere anche fuori dall’isola. La sua evoluzione è cominciata una decina di anni fa, divenendo più raffinata e accurata nella presentazione, grazie all’influenza di grandi chef come Alain Ducasse, Paul Bocuse e i fratelli Troisgros e di quelli italiani che ancora una volta hanno contribuito a dare una svolta significativa alla cucina di un altro Paese.
Gli altri indirizzi
Ufficio del Turismo
di Mauritius
www.mauritius-turismo.com
L’Aventure du Sucre, Beau Plan www.aventuredusucre.com
A soli 300 metri dal giardino botanico di Pamplemousses, il museo dello zucchero offre un affascinante percorso alla scoperta della lavorazione e degli utilizzi di questo prezioso prodotto della canna. Annesso un fornito negozio dove è possibile degustare ed acquistare, oltre allo zucchero e ad oggetti di artigianato, anche il rum. A fianco il ristorante e sala da tè Le Fangourin.
Eureka, Moka
www.maisoneureka.com
Autentica casa creola, divenuta museo e famosa per gli arredi e le sue 109 porte. Vi è anche uno spazio cafeteria per piccoli pranzi e un negozio di deliziosi oggetti di artigianato.
Le Saint Aubin, St Aubin
www.larouteduthe.mu – Lungo la strada del tè, la casa coloniale del 1819 è un museo con arredi d’epoca trasformata in table d’hôte che propone cucina creola tra la più tradizionale. Nella stessa area la Casa del Rum e la Casa della Vaniglia, entrambi con annesso negozio. Di fronte, in un’altra casa coloniale ristrutturata, l’Auberge di Saint Aubin aperto molto di recente; sono solo 4 camere in stile, belle e d’atmosfera.
La Belle Kréole, Mahèbourg
http://www.mauritius-turismo.com/news/kreole.html
Inaugurato nel dicembre 2007, dove una volta era il famoso ristorante italiano la Gondola, è considerato il tempio della cucina creola. Vi sono anche spazi dedicati all’artigianato e alla cultura locale.
Emba Filao, Le Morne
Proprio sulla spiaggia di Le Morne cucina creola e continentale accurata e servita con attenzione.
Varangue sur Morne, Coeur-Bois, Chamarel – varangue@intnet.mu – Il ristorante è abbarbicato a 500 metri di altezza con una terrazza che si propende sul vuoto e su un bellissimo panorama. Cucina creola e possibilità di partenza per escursioni in elicottero.
Les Cerfs Volants,
Domaine de St Félix
marketing@lescerfsvolants.com
In mezzo alle piantagioni escursioni, tiro con l’arco, attraversamento del fiume des Galets lasciandosi scivolare su un cavo teso tra le due sponde del canyon e molto altro ancora (oltre un chilometro di zip line). Le escursioni comprendono anche il pranzo di cucina creola casalinga.
Voiliers de l’Ocean, Curapipe
www.voiliersocean.intnet.mu
Produzione artigianale di perfetti velieri di ogni dimensione realizzati interamente a mano. Nel negozio possibilità di acquistare altri interessanti oggetti di artigianato.