La data di scadenza e il termine minimo di conservazione (TMC) degli alimenti sono due dati ben definiti sia nella normativa europea sia in quella italiana, ma come spesso accade la differenza non è del tutto compresa dagli operatori né dai consumatori.
È questa una difficoltà di discernimento accentuata dall’eccesso di informazioni che accompagnano l’alimento. È infatti prevista una serie di indicazioni obbligatorie alle quali se ne associano ulteriori facoltative che l’operatore può aggiungervi a determinate condizioni; il risultato che ne consegue è potenzialmente confusionario per il consumatore che, spesso, non è in grado di effettuare scelte consapevoli e di utilizzare gli alimenti in modo sicuro, nel rispetto di considerazioni sanitarie, economiche, ambientali, sociali ed etiche (questi gli obiettivi generali espressi dal legislatore europeo, alla base di tutta la disciplina in materia di informazioni sugli alimenti).
Nello specifico il Reg. UE n. 1169/2011, normativa quadro in materia di fornitura di informazione sugli alimenti ai consumatori, ponendo uno standard elevato di tutela, prevede quale indicazione obbligatoria la data di scadenza nel caso di alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico che potrebbero pertanto costituire, dopo un breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana (art. 24).
Successivamente alla data di scadenza, un alimento è considerato a rischio e pertanto non può essere immesso sul mercato in quanto potenzialmente dannoso per la salute o inadatto al consumo umano (art. 14 Reg. CE n. 178/2002). La data di scadenza è indicata con “da consumarsi entro…”.
La vendita di un prodotto successivamente alla data di scadenza può determinare gli estremi del reato di cui all’art. 5, lett. b), l. n. 283/1962, che punisce chi immette in vendita alimenti in “stato di cattiva conservazione” e/o quello di cui all’art. 516 c.p., che punisce chi immette in commercio “come genuine sostanze alimentari non genuine; laddove la responsabilità penale venga esclusa, perché l’alimento risulta non a rischio, troverà invece applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria prevista all’art. 12 co. 3 D.Lgs. 231/2017.
Il termine minimo di conservazione è invece la data fino alla quale il prodotto conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione e non incide quindi sulla salubrità dell’alimento.
È quindi un’indicazione sulla qualità del prodotto, non sulla sua sicurezza e viene indicato con l’espressione “da consumarsi preferibilmente entro…”.
Si sottolinea che né la normativa italiana né quella europea (così come la giurisprudenza europea nel caso CGUE, sez. V, 13.03.03, n. 229 – Müller) prevedono un divieto di commercializzazione di un prodotto dopo lo scadere del TMC, che non costituisce quindi né reato né un illecito amministrativo.
Il medesimo concetto è ripreso ulteriormente dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare in un parere reso nel 2018 e in una comunicazione del 2020 della Commissione europea sui sistemi di gestione per le attività di commercio al dettaglio concernenti alimenti, comprese le donazioni alimentari.
La sicurezza alimentare non è direttamente influenzata dal TMC ed infatti i prodotti possono essere distribuiti ai fini di donazioni alimentari oltre tale data nel caso in cui siano soddisfatte talune condizioni: l’integrità/ la completezza del materiale da imballaggio; la corretta conservazione degli alimenti nel rispetto della temperatura e delle altre condizioni richieste nel caso di alimenti congelati prima del termine della loro conservabilità per fini di donazione, controllando le informazioni fornite in merito alla data di congelamento, in base alle quali gli alimenti risultino ancora idonei al consumo umano e non si sia verificata alcuna esposizione ad altri significativi rischi per la sicurezza alimentare o per la salute.
A queste si aggiunge un’ulteriore condizione inserita in sede di riforma della normativa igienico sanitaria, ossia la garanzia di rintracciabilità (Reg. UE n. 2021/382 di modifica del Reg CE n. 852/2004). In linea con queste indicazioni europee era già intervenuto il legislatore italiano con la “Legge Gadda” n. 166/2016 che, disponendo sulla donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi, pone tra i propri obiettivi il contrasto alla povertà, la limitazione degli impatti negativi sull’ambiente e sulle risorse naturali, sulla promozione del riuso e del riciclo nell’ottica dell’economia circolare e sostenibile.
Viene quindi consentita la cessione gratuita delle eccedenze alimentari anche oltre il termine minimo di conservazione.
Incertezze e dubbi sui termini di conservazione e scadenza permangono tuttavia anche nella giurisprudenza italiana e si auspica che il legislatore possa far chiarezza in materia cosicché si possano realizzare gli obiettivi di un’economia circolare che appare ancora una volta come l’unica via percorribile in questa fase storica tanto carente di energie e risorse.