Ancora divieti, ancora regole, ma senza intelligenza!
Pochi giorni fa su un quotidiano nazionale ho letto la notizia secondo la quale, in Scozia, quattro bambini tra gli 11 e i 5 anni sono stati tolti alla famiglia per questioni di obesità. La coppia, che ha in tutto 7 figli, aveva già ricevuto un ultimatum dai servizi sociali nel 2008. Allora i bambini erano 6: il dodicenne pesava 100 kg, mentre sua sorella, 11 anni, raggiungeva i 76 kg e la piccolina di 3 anni i 25. Nonostante imposizioni, divieti e minacce da parte delle autorità, i ragazzi hanno continuato a prendere peso e da qui la decisione di allontanarli dalla famiglia, con il rischio di non vedere più i genitori!
Sempre pochi giorni fa, ancora sulla stampa nazionale, compare la notizia che in Francia il governo ha deciso di aumentare l’imposizione fiscale solo ed esclusivamente per le bevande gassate zuccherate (Coca Cola, Fanta, Schweppes, ecc.), mentre le omonime bevande senza zucchero non verranno toccate dalla misura. In entrambi i casi, leggendo gli interi articoli di giornale, emerge chiaro l’intento isterico delle autorità (nel secondo caso anche furbo per racimolare soldi!) di contrastare l’epidemia del sovrappeso e dell’obesità. È chiaro che è solo ed esclusivamente un intento isterico che non può portare assolutamente a nulla. Non sono un amante della Coca Cola, ma sono costretto a dar ragione a Tristan Farabet, capo della Coca Cola Enterprise, quando dice che le bevande gassate rappresentano circa il 3,5% dell’apporto calorico quotidiano di un individuo e non può, quindi, essere questa una misura per combattere l’obesità. Tenete anche presente che, di per sé, è fuorviante! Chi smetterà di bere Coca Cola deve sapere che, se beve del succo di frutta non zuccherato, ingerisce ancora più calorie! Infatti 100 ml di Coca Cola apportano 39 Kcal, mentre la stessa quantità di succo d’ananas senza zucchero ne apporta circa 50! E allora, anche in questo caso, arriveremo a sentirci dire: “ho persino eliminato la Coca Cola, ma non perdo peso”…”Non bevo più vino, non mangio più dolci, ecc. ecc.”. I genitori di quei bambini scozzesi avevano vietato tutti gli snack e concesso dolci una volta a settimana, eppure i loro figli hanno continuato a prendere peso. Non serve assolutamente a nulla continuare a dare dei divieti per arginare il sovrappeso: serve piuttosto una strategia educativa che riesca a coinvolgere tutti i diversi attori che ruotano nelle diverse compagini educative. Per cambiare una mentalità, per affermare una cultura non servono iniziative isteriche, servono piccoli passi (sempre gli stessi) che, pian piano, inducano un cambiamento. Gli errori che commettiamo li conosciamo tutti: a) eccesso di calorie rispetto all’attività fisica che facciamo; b) colazione veloce o inadeguata; c) calorie maldistribuite durante la giornata; d) eccesso di formaggio, pane, patate, succhi di frutta; e) carenza di frutta, verdura, cereali integrali, pesce, legumi. In questi 5 errori è racchiusa tutta l’essenza del problema del sovrappeso. Perché tutti noi non cominciamo a NON pensare di perdere peso, ma ci concentriamo a mangiare in modo più sano, correggendo gradualmente quegli errori? Se lo facessimo, sono assolutamente certo che tra 20 anni il tasso di obesi e persone in sovrappeso sarebbe pressoché dimezzato; non domani, ma fra 20 anni! Perché correggere un errore alimentare, affermare una cultura alimentare, educarsi ad un gusto diverso e ad una concezione del gusto differente (basta col pensare che il buongustaio sia quello che mangia tanto!!!) non è qualcosa che si ottiene in un giorno, non è qualcosa che si raggiunge con i proclami e i divieti: è un obiettivo che si scopre e si fa proprio nel tempo. Ma, badate bene, l’obiettivo non è esser magri; piuttosto è mangiar bene. Troppe volte sbagliamo approccio proprio perché non identifichiamo il giusto obiettivo e, spesso, pur di esser magri, mangiamo ancora peggio. Faccio mia una massima di un grande gastronomo, Brillat Savarin, che diceva: “L’animale si nutre, l’uomo mangia; solo l’uomo intelligente mangia bene”. Mangiar bene è proprio un problema di intelligenza, cioè di adeguata conoscenza della realtà e di noi stessi, tale da metterci in grado di compiere in modo consapevole le scelte alimentari, certi che ciò che facciamo è per il nostro bene. Recuperare questa conoscenza, questa intelligenza, propria di tutti gli uomini, al di là del grado di istruzione – ma in tutti gli uomini soppiantata dalla distrazione e dall’approssimazione – è il primo passo per un reale cambiamento, che ci permetta veramente di essere reali protagonisti di fronte al cibo.