E anche questo Vinitaly 2016 ormai è alle porte, mi piaceva scrivere due righe di getto, così senza troppo pensarci e senza fare troppi voli pindarici, cercando di capire come una fiera così importante per il vino italiano, possa ritornare all’avanguardia prendendo spunto da altre fiere del settore oramai ben più importanti (vedi Dusseldorf) che stanno dimostrando la loro professionalità ampliando notevolmente il raggio di ricezione, non solo ai paesi esteri confinanti con la Germania, ma anche attraendo visitatori e appassionati da tutte le parti del mondo.
Noi siamo indietro purtroppo, siamo un paese per vecchi direbbero i fratelli Coen.
Dusseldorf non sostituirà mai il Vinitaly, perché a Verona esiste la fiera del vino italiano e solo in Italia potrà esserci sempre e comunque una ferie dedicata interamente ai vini italiani.
Credo che questa fiera comunque abbia alcune lacune concettuali e tecniche, in alcuni casi irrimediabili, partendo dalla struttura della città che ospita l’evento.
Ovviamente la fiera del vino italiano ha assunto negli anni dimensioni mastodontiche sia come portata di visitatori, che ovviamente mettono in crisi la struttura, sia per l’opportunità in alcuni casi (pochi) di assaggiare vini in maniera dignitosa e mi riferisco alle temperature di servizio e alla tipologia di bicchieri che ogni azienda decide di utilizzare per fare assaggiare il proprio vino.
Ovviamente non essendo tutti degustatori professionisti, non siamo tutti allenati per assaggiare tanti vini in condizioni non idonee, già è difficile assaggiarli quando tutto è perfetto figuriamoci in condizioni in alcuni casi disperate.
Quest’anno la fiera ce l’ha messa tutta riducendo drasticamente il numero di biglietti omaggio, incrementando i costi dei parcheggi e soprattutto scoraggiando i visitatori non appassionati aumentando notevolmente i prezzi dei biglietti.
Credo nel futuro di una fiera del vino italiano ma non credo ormai più da tempo che Verona sia la città ideale per ospitarla.
Esistono città ben più attrezzate sotto il profilo alberghiero e ristotivo, ma soprattutto con spazi ed enti fieristici posizionati al di fuori delle mura cittadine, il che comporta ovviamente un servizio per il cliente maggiore è una facilità notevole di manovra.
Solitamente io sono un polemico ma questa non è una polemica, è solo un pensiero a voce alta di chi, da quasi vent’anni, frequenta questa fiera (per lavoro).
Credo fermamente nella professionalità che dovrebbe contraddistinguere questo settore e nella lungimiranza di chi, come in questo caso, deve sostenere le sorti di uno dei fiori all’occhiello del mercato agricolo italiano sia per l’Italia che per l’estero.
Rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci al lavoro, c’è ancora tanto da fare.
.