Il Messico e il Perù, con un revival di piatti che provengono dalle popolazioni indigene. Il Cile con la sua forte tradizione costiera. La Bolivia con il recupero di coltivazioni perdute. Il Brasile e la sua avanguardia nella cucina esotica. L’Argentina che ormai non è più solo carne grazie anche al mitico Mauro Colagreco, tra i migliori cuochi, a cui il continente si pregia di aver dato i natali. L’America Latina è quindi di moda, e non si tratta di qualcosa di passeggero. Questo continente ha continuato a ricercare i valori delle sue origini fin dalla Reconquista. Si è preso il tempo per reincontrarsi con la sua storia, riunire l’incrocio di razze che l’hanno popolato a seguito dell’immigrazione e riscoprire una propria personalità gastronomica del tutto nuova che oggi spopola tra i foodies di tutto il mondo.
I suoi cuochi ne hanno stabilito il cammino, passo dopo passo, provenienti ciascuno dai propri paesi, dalle proprie terre. Hanno elaborato un percorso che viene dal passato ma tende ad essere un progetto verso il futuro.
Questo percorso si riconosce in personaggi come Diego Oka e Gastón Acurio, o Daniela Soto-Innes e Enrique Olvera. La Signora, chef del ristorante newyorkese Cosme, è diventata la prima cuoca messicana ad essere eletta come migliore al mondo da “The 50 Best”. Allo stesso tempo, a soli 28 anni, risulta anche essere la più giovane ad avere ottenuto questo riconoscimento, ricevuto lo stesso giorno in cui si stava sposando con il suo compatriota Blaine Wetzel che lavorava a Washington. Per lei i valori personali sono molto presenti in tutto ciò che realizza. Di fatto, è stata sua nonna ad insegnarle i primi passi in cucina, lasciandole un’eredità fondamentale e una sorta di mantra: “La cucina è migliore se le ci si dedica con allegria e amore”. È talmente convinta di questa filosofia da dedicare parte del suo tempo allo stato d’animo del suo personale di cucina, motivandolo quando lo vede giù di tono, mettendo musica e facendo esercizi con i suoi cuochi.
IL MENU
C’è qualcosa che brilla intorno a lei e la sua cucina splende per quel quid che si chiama, appunto, felicità.
“Quando stai cucinando in un ristorante che ti chiede molto, a volte puoi essere molto stressata, – dice. Ma quello che lo fa funzionare sono proprio le persone che riescono ad avere ancora un sorriso anche con 10 – 12 ore al giorno di lavoro senza sosta. Vederli ballare e cantare a squarciagola mi rende orgogliosa di poter dare altrettanta felicità a qualcuno mentre fa il suo lavoro. Una carriera diventa qualcosa di piacevole solo se si accorda con la tua anima e questo è ciò che facciamo”.
Quando Cosme è entrato per la prima volta nel radar dei migliori ristoranti del mondo nel 2017, Daniela Soto-Innes era stata definita come la protetta di Enrique Olvera, lo chef che aveva aperto questo moderno ristorante messicano a New York nel 2014. Nel 2016, a soli 25 anni, aveva vinto il premio Rising Star dalla Fondazione James Beard. Tre anni dopo era stata selezionata nella categoria miglior chef dalla stessa fondazione insieme ad Alex Stupak, che afferma di “aver aperto la porta a questo tipo di cucina messicana a New York”.
Soto-Innes segue solo le proprie regole: nella sua cucina, il personale non proviene necessariamente da una formazione “formale”, ma impara in loco tutte le abilità che servono. Non esiste una regola del silenzio: la sua è una cucina entusiasta. E il menu in sè non è per niente complicato, con piatti però che mettono l’accento sul sapore.
IL PASSO DOPO LA COCCARDA
Dopo quattro anni nel ristorante, Soto-Innes si trova in pieno processo evolutivo. Lavora per ottenere concetti più semplici e sapori più puliti, adoperandosi al contrario di quanto ci si aspetta dalla cucina tipica messicana. La sua proposta non è semplicemente quella di una cucina messicana moderna impiantata negli Stati Uniti, ma qualcosa di unico: “come fosse un altro stato del Messico”. Nel piatto questo si traduce in soffiatelle di granchio, un “orrore stupendo” che si verifica quando la tortilla si gonfia durante la friggitura, e piatti leggeri e freschi come le vongole o le tostadas. E poi ci sono i classici che sono sempre stati nel menù fin dall’inizio, come il carnevale d’anatra e il suo dessert di meringa di buccia di mais.
Mentre Soto-Innes si trova alla direzione della cucina del Cosme, nel 2017, insieme a suo marito Olvera, inaugura Atla, un ristorante informale aperto tutto il giorno, che offre eleganti classici messicani come le uova rancheros e le quesadillas nel distretto di NoHo di New York.
Alla fine di quest’anno la coppia farà la sua prima incursione nella west coast, aprendo a Los Angeles due ristoranti contigui, Damian (che offrirà cibo messicano con influenze giapponesi) e Ditroit (un locale di tacos). Probabilmente entrambi i ristoranti proporranno un ambiente minimalista, disegnato da Alonso de Garay e sapori naturali, tipici della combinazione Soto-Innes-Olvera, anche se singolarmente manterranno una propria identità.
Nonostante Daniela sia una persona gioviale e trovi sempre occasioni di divertimento nel lavoro, questo non toglie che sia una donna particolarmente attenta agli affari. Questa è la sua caratteristica di fondo, ossia la combinazione dei due estremi. È originale in molte delle sue scelta come ad esempio offrire opportunità di lavoro a cuochi immigranti dai 20 ai 65 anni, che, come lei stessa dice, “probabilmente starebbero conducendo taxi o starebbero a lavorare in qualche lavanderia”.
Ciò che la alimenta è proprio l’affidare responsabilità al suo personale e il trattare ognuno con la dignità che si merita. Dice sempre che il fatto di essere giovane “è per lei qualcosa che va celebrato e qualcosa per cui chiedere scusa”. In un’industria dominata prevalentemente da uomini, dirige una cucina che è composta per due terzi da donne.
Al momento di ricevere il suo premio, ha detto: “Sono cresciuta con una sfilza di donne intorno davvero forti e che amano cucinare. Quando sono nata mia madre era l’avvocato di mio padre, ma voleva essere chef perchè mia nonna aveva un panificio e la mia bisnonna era andata a scuola di cucina. Tutto girava attorno a chi aveva fatto la torta migliore, o il miglior mole (salsa densa a base di peperoni, frutta secca, spezie e cioccolato in cui viene cotta la carne, ndr ). Sapevo che era questo che mi faceva felice. Sono state queste personalità che mi hanno indirizzato alla cucina, le persone e le storie dietro a ciascuna di loro che ne svelavano i segreti e i motivi di ciò che stavano cucinando”.