La cucina con l’innocenza di un bimbo.
“La cucina deve spogliarsi dell’inutile per ritrovare la stessa innocenza che il bimbo ha nel raccontare il suo piccolo mondo”. La citazione – di Massimiliano Alajmo – campeggia nella prima pagina del menu di Aqua Crua, il ristorante e piccolo albergo che Giuliano Baldessari (foto a lato) ha inaugurato nell’estate 2013. D’altronde il legame tra i due chef è forte: “Amico e maestro”, dice Giuliano di Alajmo. Baldessari, per dieci anni, ne è stato il braccio destro, fino alla sua prima esperienza con un locale tutto suo. Nel suo curriculum, non solo Calandre, ma anche Aimo e Nadia a Milano, come chef de partie, e poi Francia, alla corte di Marc Veyrat, per due stagioni da demi chef prima all’Auberge de L’Eridan ad Annecy e successivamente a La Ferme de mon Père di Mègeve. Da lì, il lungo periodo con Alajmo.
E oggi l’avventura appena iniziata in questo stabile antico nel centro di Barbarano Vicentino, alle porte dei Colli Berici, ristrutturato con garbo e raffinatezza. Con lui Simone Poser, classe 1985, come sous-chef, e Mattia Garon, leva 1990, maître e sommelier.
Spogliarsi dell’inutile, ritrovare l’innocenza del bimbo, raccontare un mondo. La cucina di Baldessari lo fa. È una cucina divertente, che gioca con le presentazioni e le apparenze. È una cucina essenzialmente leggera: nella mano, nei condimenti, nell’uso parsimonioso dei grassi. E nelle cotture: abolite quelle lunghe – sottovuoto compreso – in privilegio delle cotture espresse. Ha un uso insistito delle erbe e delle spezie, che definiscono molti piatti. Non ha paura di spingersi nel disequilibrio. “Se il gusto salato rappresenta la scoperta della nostra vocazione carnivora, la scoperta del gusto acido allude alla cultura: è acido il gusto della sapienza” scrive Maurizio Sentieri, nel suo saggio Perle ai Porci.
E l’acido è certamente il gusto più indagato, e ricercato, nella cucina di Baldessari. Il risultato è una cucina in movimento, che cambia spesso, con echi orientali piuttosto netti. All’interno, l’unica sala si dispiega tra la parete di giardino verticale che la apre e la cucina a vista al suo opposto. Nel mezzo, una sala giocata sul grigio e sul bianco, e su materiali moderni, che contrasta con il legno scuro del parquet. Al piano sotterraneo, c’è una cantina fornita.
Il menu è ridotto – una dozzina di portate in tutto – e “costringe” alla degustazione (6 piatti, a 70 euro, con abbinamento vini a 110), che carbura con il “trespolo” di benvenuto: un tris di assaggi che si apre col nitidissimo e fanciullesco spaghetto fritto con salsa fresca al pomodoro e ricotta fatta in casa, e procede con il taco di grano saraceno con maionese all’albume e battuta di carne piemontese e il patè rochè con cuore croccante al curry. Il “sembra pasta” è un fuoripista che gioca con l’illusione: in realtà sono ditalini di cavolo rapa accompagnati da un concentratissimo ragù di coniglio al coltello. La capasanta lardellata con guanciale su salsa tonnata con orzo Santoleri e levistico evidenzia l’uso delle erbe e delle spezie, ma anche dei legumi come elemento di sapidità nei piatti.
L’illusione, ossia una mozzarella filata in casa, che nasconde un cuore di succo di pomodoro fresco, accompagnata da capperi di Pantelleria ed extravergine è il piatto che Baldessari ha presentato, con successo, nell’ultima edizione de Le Strade della Mozzarella. È un piatto iconico, mediterraneo ed immediato, che trafigge il palato e accarezza papille e ricordi. L’oriente occhieggia nel carpaccio di fassona piemontese accompagnato da salsa teriyaki maoionese di pistacchio all’acqua e astice crudo, quanto nei buoni tagliolini di grano saraceno con doppio consommé di Katsuobushi, lemon grass, aneto, ceci germinati, nocciole e zenzero: ricchi di sapidità e note piccanti. Più monocorde il risotto mantecato con nocino del Vesuvio e succo d’arancia, servito con spirulina, artemisia e tartufo umbro. Ma se c’è un piatto che racconta meglio di altri la filosofia di Baldessarri è la ricciola marinata nell’acqua di mare e servita con tamarindo, paprika affumicata, liquirizia, pane fritto e finocchietto selvatico. Proposta fredda, riesce a fondere nella complessità degli aromi Asia e Mediterraneo, senza perdere la via della piacevolezza. Gran piatto.
La leggerezza complessiva non si perde nemmeno lungo la china dolce del menu, che comincia col freschissimo sorbetto di gin&tonic, rucola, menta variegata, zafferano ed argilla ventilata. Anche lo strudel rimane fresco: è una crema alla vaniglia con ristretto di limone, uva passa intinta nella grappa, polvere di cannella, grano arso e filamenti di mela San Giovanni. Indovinati gli abbinamenti al bicchiere. La cantina, d’altronde, ha la giusta ampiezza per concedere divertimento. È una sosta davvero piacevole, che non scende di tono se si decide di pernottare in una delle cinque camere a disposizione.
Aqua Crua
Via 4 Novembre, 25
Barbarano
Vicentino (VI)
Tel. 0444.776096
www.aquacrua.it