“Mi faccia un bello sconto, così le faccio una critica positiva sul web”. Nella fase preventiva della contrattazione, o in quella conclusiva del pagamento, sono ormai un agguerrito esercito coloro che, con inossidabile faccia di bronzo, propongono questo tipo di “patto” ad albergatori e ristoratori.
Ora, non basta che gli esercenti siano sottoposti al pericolo di ogni tipo di tagliola, dagli studi di settore tarati al rialzo, incapaci di fotografare un momento critico per tutti, alle migliaia di controlli sovrapposti, dalle irruzioni terroristiche della Guardia di Finanza o USL negli esercizi quando questi sono in pieno servizio, agli interrogatori da inquisizione ai dipendenti.
No, adesso il settore dell’accoglienza deve temere anche il ricatto miserabile di clienti che sarebbe meglio non avere, complici nelle scorribande i siti che della licenza di caccia concessa a chiunque impugni una tastiera e delle delazioni, hanno fatto la propria ragion d’essere.
Ho già scritto (“La diffamazione corre sul web” del giugno 2010) su questo argomento, ma sento la necessità di schierarmi ancora dalla parte di chi, solo perché sta lavorando pubblicamente il più delle volte con grande professionalità, è lì a farsi impallinare dal primo imbecille che decide di usare il web come fosse un fucile. A questi franchi tiratori si aggiungono oggi anche gli operatori di call center che, se ricevono risposte sbrigative o di mancato interesse circa il prodotto telefonico che intendono vendere, si vendicano dell’esercizio chiamato con recensioni al vetriolo.
All’inizio della stagione estiva, albergatori e ristoratori sono già stanchi: lo sono degli attacchi su web a cui non hanno più voglia di rispondere con pacatezza, dell’ansia preventiva da prestazione, della burocrazia parassita, dell’incertezza del momento che inibisce la programmazione del lavoro.
Solo nel 2013 hanno chiuso 20.000 esercizi dell’ho.re.ca e l’emorragia non si arresta in questo 2014 senza concreta possibilità di ripresa.
Occorre che il settore difenda con fermezza la propria dignità rispetto ad una clientela che tenta di svilirne il ruolo e chiedere conto del prezzo troppo alto che sta pagando ad uno Stato che non ha mai investito sul grande comparto turistico, e alle regioni, che solo negli ultimi 20 anni hanno sperperato ben 600 miliardi soprattutto in sprechi e corruzione.