“Con i suoi articoli sulla crisi del sistema ristorazione La Madia rischia di fare della bassa demagogia” mi ha detto l’altro giorno Enzo Vizzari direttore, per chi non lo sapesse, della Guida de l’Espresso. Ma sarà vero? Va bene che lui, per il lavoro che fa, è sicuramente uno dei più qualificati interpreti delle prospettive e dei problemi del settore. Ma non potrebbe essere che, proprio a motivo delle peculiarità del suo lavoro, abbia sottovalutato le motivazioni da cui originano le sue interpretazioni?
Non sono e non voglio essere capziosa: nei fatti seguo con interesse e partecipazione un malessere che sento endemico, conducendo un’indagine sull’opinione del pubblico, sui meccanismi che la configurano, sui fattori sociali che la influenzano e, di conseguenza, sull’efficacia dei metodi di propaganda e di pressione che condizionano il comparto. Insomma: faccio il mio lavoro.
Non mi riconosco nella dimensione populista in cui mi si vorrebbe collocare: non tanto perché da venticinque anni condivido con partecipazione tangibile le problematiche della ristorazione (e per fortuna anche i suoi successi), ma soprattutto perché dare voce ad un malcontento generalizzato e condiviso mi sembra trascenda quella politica di informazione demagogica da molti, troppi, inutilmente praticata.
Sono estremamente attenta alle critiche che mi vengono rivolte, soprattutto quando a farmele sono personaggi di indubbio valore. Ma sono anche certa che Vizzari volesse con le sue parole mettermi in guardia da uno scadimento della discussione qualora questa scivolasse sulla via esclusiva dei toni polemici, vittimistici, circoscritti a sole casistiche personali.
Penso però che gli interventi anche “popolari” che mi ostino a pubblicare abbiano, anche se privi di eccelse basi intellettuali, il pregio di sottolineare un disagio in cerca di soluzione. Ed è già qualcosa. Da quegli interventi, infatti, scaturisce una sorta di coscienza collettiva che potrebbe finalmente condurre ad una condivisione tra colleghi delle problematiche e questo, in un settore sostanzialmente poco unito e poco solidale (malgrado l’esistenza di associazioni di categoria) è un segnale di buona volontà.
La crisi economica epocale e il cambiamento dei sistemi di consumo che inevitabilmente ingenererà, suggeriscono approcci collettivi e non quell’operoso e silenzioso “fai da te” che in troppi casi rasenta una miopia sostenuta da inutili rivalità tra ristoranti.
Comunque, per “alzare il livello” della discussione, pubblicherò gli interventi che i giornalisti Marcello Veneziani, Maurizio Belpietro e il grande chef Fredy Girardet hanno di recente rilasciato a “Etica & Estetica” organizzata a Capri da Enzo Caldarelli. Come potrete constatare, anche in tutte le loro dichiarazioni si denuncia l’esistenza di un sistema di interessi economici, di connivenze e convenienze giornalistiche e di lontananza della cucina attuale dal comune sentire dei clienti.
Una sola garanzia: noi di questa testata non rimesteremo nel torbido (che comunque c’è, come in tutti i settori) perché non è il sensazionalismo che cerchiamo. Da giornalisti militanti ci limiteremo a fornire, come sempre, notizie dal fronte del mondo reale.
Di Elsa Mazzolini