Diventa difficile fare attività di pubblicità & marketing senza incappare in qualche effetto controproducente: internet ha moltiplicato all’infinito le possibilità di ognuno di esprimere molto liberamente il proprio parere. E di criticare senza pietà. Prendiamo il recente caso di “Sette mosse per l’Italia”, ossia sette suggerimenti per fare uscire l’Italia dall’attuale crisi, che dovrebbero scaturire dalle chiacchierate tra le onde del mare tra l’imprenditore piemontese Oscar Farinetti, proprietario di Eataly e di altre cosette di non minore entità, e alcuni suoi ospiti del panorama culturale italiano, ivi compresi noti chef. Timoniere Giovanni Soldini.
Mentre per Camillo Langone, penna critica di Libero, questa sarebbe solo la ridicola crociera di gente ben lontana dai problemi del Paese, una tempesta di “inviti” a non spacciare i propri passatempi per eventi di carattere cultural-umanitario si è scatenata dal popolo dei blogger.
La cosiddetta pubblicità progresso non vive sorti migliori. Avversatissimo lo spot statale, da noi cittadini finanziato, dove il nostro presidente Berlusconi elogia le migliaia di beni artistici e paesaggistici dell’Italia per attirare i turisti stranieri, pur tagliando senza pietà i fondi che potrebbero scongiurarne il degrado e la distruzione e favorendo, sul fronte ambientale, l’assalto terrificante del cemento.
In risposta alla evidente demagogia di facciata, immediato è stato l’impietoso contro-spot della televisione svedese che, con sottofondo di mandolini e Sole mio, ha paragonato la propria libera televisione pubblica alla non libera comunicazione televisiva sulle varie reti controllate dal potere del nostro premier. Ovvero, quando il dissenso contro la pubblicità ingannevole diventa planetario.
E in fondo, non è forse una reazione estrema alla pubblicità autoreferenziale ingannevole perpetuata per millenni dai governi dittatoriali, la rivoluzione scoppiata via web e poi sulle piazze dall’Egitto alla Libia, dalla Siria alla Tunisia?
La gente pensa, si confronta, si rende conto di essere turlupinata e sbotta. Nel proprio piccolo, rifiutando le telefonate asfissianti con le offerte di cartello delle compagnie telefoniche che operano ai limti della legalità con fatture difficimente controllabili, oppure cercando di fare gruppi d’acquisto per evitare i mille passaggi che gravano sui prodotti agroalimentari e riducono alla fame i piccoli produttori, o ancora tentando di cambiare le cose con referendum che tuttavia i politici hanno già provveduto a vanificare.
Se dunque la pubblicità è per sua stessa definizione l’anima del commercio, allora che non le si dia un’altra anima che non ha, o una funzione etica che difficilmente potrebbe ricoprire.
Di Elsa Mazzolini