23/08/11
Pur continuando a rivendicare il mio diritto alla “intolleranza senile” nei confronti del sistema di corruttele in ogni ambito diffuse, penso che dovrei diventare in realtà molto più accomodante essendo, di base, una donna fortunata. Ho infatti goduto finora di privilegi non indifferenti.
Ho avuto modo di vivere la mia infanzia a ridosso del boom economico degli anni sessanta, quando già si avvertivano gli straordinari effetti del progresso eppure ancora la periferia cittadina era una distesa di prati verdi, il mare trasparente anche a Cesenatico, l’asilo e le mense gratuite per tutti, la benzina costava nulla, la gente aveva il lavoro e si godeva le gite domenicali all’aperto, avevamo nonne e mamme a casa, mangiavamo, per così dire, in modo economico, tradizionale e “sano”.
Per contro non c’era il divorzio, le famiglie erano apparentemente unite non avendo possibilità di fuga; le donne si dividevano tra poco serie e perbene; i pregiudizi, la religione e le differenze di classe condizionavano in modo vistoso la mentalità dell’epoca.
Il progresso incredibilmente veloce mi ha dato e tolto molto.
Ma è del molto che mi ha dato che preferisco parlare. Per prima cosa i termosifoni, poi la lavatrice e il telefono e poi ancora tutta quella meraviglia tecnologica che mi ha dato la possibilità di informarmi e di comunicare in tempo reale (un miracolo per me che portavo chili di piombo in tipografia, da una città ad un’altra, per poter stampare questo giornale solo una ventina d’anni fa).
Ma il mio grande privilegio è quello di aver potuto assistere a rivoluzioni epocali.
Considero una fortuna aver potuto vedere l’elezione di un presidente nero nell’unione di Stati più violentemente razzista fino a solo 20 anni fa e l’alzata di capo di molti paesi mussulmani oppressi dalle dittature e dai radicalismi religiosi.
Anche il piccolo segnale di insofferenza dell’Italia nei confronti di una politica di privilegi che rasenta la criminalità tanto è lontana dai fabbisogni della gente e vicina ai propri esclusivi interessi, mi conforta e mi fa pensare che io sono fortunata, che tutti noi lo siamo e che non dobbiamo perdere la speranza di cambiare.
Nel mio ambito professionale, infine, mi ritengo fortunata e orgogliosa di aver fondato, per prima in Italia, una rivista dedicata ad un settore, quello dell’enogastronomia professionale, solo 30 anni fa sottovalutato e snobbato dall’intellighentia dell’epoca perché ritenuto culturalmente di serie B.
Ora invece tutti cavalcano questa tigre e francamente ritengo ci sia chi la sta sfiancando, ma la rivoluzione c’è stata. Sono stata fortunata a prevederla e a vederla.