Nella mia città c’è un punto di distribuzione automatico di merendine e bibite, con il marciapiede che affaccia su un trafficatissimo e pericoloso incrocio: smog e rumore a mille e quello squallore tipico della periferia degradata (aggettivo inutile, ormai la periferia è quasi sempre degradata).
Bene. Quello è diventato il punto di ritrovo di nugoli di ragazzi che passano ore a bere, fumare e scherzare, neanche fossero ai giardini pubblici.
La cosa mi ha colpito: la scelta “logistica” di questi ragazzi mi è apparsa infatti come il segnale di un’ indifferenza ormai acquisita verso i comuni concetti di bellezza e piacere in senso lato.
Il brutto posto e la situazione di incontro “provvisoria” sembrano quasi essere rassicuranti per questi giovani, forse talmente assuefatti agli orrendi quartieri senz’anima, alla moda stracciona e alla Tv spazzatura, da subire la bruttezza come complemento esistenziale ineludibile.
Secondo me questo è il sintomo di un disagio profondo soprattutto nelle nuove generazioni, disagio intriso di rassegnazione e insensibile ad ogni espressione di qualità della vita.
Gli anonimi centri commerciali dove la gente trascorre la domenica, i condomini di estetico squallore e angusti spazi, la carenza progressiva di verde urbano, la tendenza a uniformare verso il basso il senso comune del gusto – sia esso di tipo enogastronomico che estetico – costituiscono il presupposto di una pericolosa regressione sociale.
Eppure la tensione verso il bello aiuta a vivere, migliora il nostro umore, condiziona i nostri pensieri.
Io da 27 anni (compiuti dal mio giornale proprio in questo mese) mi rivolgo a un settore che negli ultimi vent’anni ha fatto della ricerca dell’armonia, del godimento spirituale e materiale non solo dei piatti, ma anche degli ambienti, un proprio punto di forza.
Partendo dalla rivoluzione estetico-concettuale operata da Gualtiero Marchesi e poi, via via, da numerosi sensibili interpreti della cucina italiana, il senso del gusto ha subìto un’evoluzione qualitativa di grande spessore e ha influenzato le fasce più ricettive della popolazione.
Musica, opere d’arte, architetture affascinanti, arredi elegantissimi o comunque molto curati, apparecchiature impeccabili costituiscono il leit motiv della stragrande maggioranza di alberghi e ristoranti italiani famosi, che hanno superato in stile e freschezza la stessa grandeur delle case francesi più blasonate e hanno condizionato le scelte e l’aspetto anche dei locali più semplici e tradizionali.
Ecco perché ho sempre cercato di comunicare ad operatori del settore culturalmente e professionalmente molto preparati, attraverso un mensile che ne fosse all’altezza per contenuti, foto, carta, scelte editoriali.
Per questo nostro compleanno ho deciso pertanto di rinnovare formato e grafica: i miei lettori meritano tutto il costante impegno mio e del mio gruppo di lavoro.
Di Elsa Mazzolini