Nuoce gravemente alla salute mentale leggere articoli di puro terrorismo sull’uso del vino, demonizzato, come sempre, al pari della droga più devastante.
Ogni tanto, da qualche giornale abituato a parlare di tutto e del suo contrario, parte la solita bordata contro l’alcolismo che, sparando largo, mira a colpire pure il vino.
Francamente non so se valga la pena spendere anche poche righe per chiedere a chi fa informazione di farla davvero, smettendola con i sensazionalisti e con le frasi shock tipo quelle di un allucinante articolo di Panorama “…erano tanti, gli amici che bevevano. Ora molti sono morti”(!)
Che significa? Anch’io avevo amici che guidavano, mangiavano, studiavano, facevano l’amore. Alcuni di loro sono morti, ma per nessuna delle azioni sopraelencate. Nessuno guidava contromano, o mangiava da bulimico, o faceva uno studio “matto e disperato” legato ad una sedia, o non si cautelava contro l’AIDS. Che significa generalizzare al punto tale da equiparare gli eccessi alla regola?
E quale nuovo calvinismo dobbiamo temere quando leggiamo (senza crederci) che l’OMS mira a limitare il consumo procapite del vino a 6 litri l’anno, quando gli stessi medici hanno stabilito che il classico bicchiere ai pasti, meglio se rosso, è addirittura benefico?
Reprimere per non saper educare è come tagliare le foreste per evitare gli incendi, alla Bush.
Ma la perla dell’articolo, che sciorinando i panni sporchi dei casi limite spande terrorismo con i metodi di convincimento tipici delle sette fanatiche, consiste nell’assioma secondo il quale è alcolista chi non riesce a stare 40 giorni senza toccare vino, o birra, o superalcolici.
Io, dopo 40 giorni senza spaghetti, dò i numeri. Dopo 40 senza cioccolato divento triste.
Non per questo credo di avere un problema di dipendenza da carboidrati in un caso, o di essere “cacainomane” nell’altro. Mi piace solo stare bene e mangiare ciò che mi piace.
Ritengo pertanto che l’abuso di alcol faccia male esattamente quanto gli abusi nell’informare poiché ogni esagerazione rischia di attecchire con allarmante facilità nel fecondo terreno delle nostre insicurezze vere o presunte.
E allora? E allora non beviamocele tutte.