Vivere nella paura è un po’ come rinunciare a vivere o accettare la prigione delle rinunce e del pessimismo. L’attesa inerte non solo non ci farà mai sentire al sicuro, ma renderà ancor più problematico il nostro futuro.
Non ci siamo smentiti neppure stavolta.
Noi esageriamo sempre “di più”.
Il popolo dei santi, dei poeti, dei navigatori, degli eroi, dei geni, dei conquistatori, diventa il più stanziale del mondo e preferisce il rischio impudico delle parole a quello dei fatti.
Da quel tragico 11 settembre non viaggia, non osa, non sogna.
Gioca di rimessa e vive per metà.
Come se chiudersi dentro casa bastasse a cautelarsi.
Come se fossimo noi ad aver subito l’attacco più diretto e micidiale.
E così mentre gli Stati Uniti, come l’Europa tutta, diminuiscono del 20-30% i viaggi aerei – mettendo comunque in ginocchio l’intero comparto – noi arriviamo ad un calo dell’80%.
Ancora una volta gli americani dimostrano di essere quelli che nei film hanno la forza di dire “è tutto OK!” anche a uno che sta per morire. Dicono va bene, è successo, ma ora mettiamoci il giubbotto antiproiettile e usciamo. La mutilazione più terribile diventa per loro una ragione di vita, non un pretesto per imboscarsi, perché è il coraggio che fa girare il mondo. Fanno la maratona di N.Y., raccolgono fondi per le famiglie delle vittime, attuano strategie economiche, si dimostrano solidali e uniti, reagiscono. Noi, nel solito bailamme delle polemiche, piangiamo già miseria e tiriamo i remi in barca: meno investimenti, più tagli, zero ottimismo. Il nostro settore, poi, sta già gridando “al lupo” per paura della paura.
Ma siamo onesti! Se è vero che l’Organizzazione internazionale del Lavoro sostiene che ci troviamo davanti alla prima recessione mondiale sincronizzata dell’era della globalizzazione con consumi in calo ovunque e 24milioni di posti a rischio, è pur vero che tutti gli economisti sono concordi nel ritenere che la ripresa italiana sarà rapida.
I tagli fiscali e i tassi calanti conseguenti all’opera di risanamento nella finanza pubblica degli anni passati non ne saranno l’unica ragione.
Probabilmente molto di quello che andava “fuori” resterà in Italia.
Viaggi compresi: meno mete esotiche e più vacanze nostrane, senza contare il fatto che torneranno sicuramente i flussi dai paesi limitrofi perché la nostra è ancora una nazione non solo bellissima, ma anche “sicura”. Cerchiamo di non essere noi i primi a fare del terrorismo.