Molti di noi conoscono la storiella dell’asino a cui il padrone aveva insegnato a non mangiare, privandolo, giorno dopo giorno, di un quantitativo sempre maggiore di biada, fino al niente totale. Purtroppo però, proprio quando aveva imparato per bene a digiunare, l’asino era morto.
A molti di noi nei rapporti interpersonali di lavoro, sentimentali, o d’amicizia è capitato di essere stati l’asino abituato nel tempo, quasi fosse una normalità, a ricevere sempre meno in termini di danaro, oppure d’amore, di tempo o di considerazione. Magari senza una colpa precisa, se non quella di una eccessiva concessione di fiducia mal riposta.
Questo succede nei rapporti di forza sbilanciati, dove diritti e doveri non trovano equanime distribuzione, infatti chi toglie ad un altro non solo non rinuncerebbe mai ad alcuno dei propri vantaggi, non solo sottopone l’asino di turno a privazioni che per se stesso giudicherebbe inconcepibili, ma piuttosto non gli attribuisce dignità alcuna.
L’evidente e scontato parallelo che identifica l’Italia nei panni del miope ed egoista padrone e noi in quelli dell’asino sottoposto a ingiuste e assurde privazioni, non è l’unico possibile.
L’Italia stessa diventa l’asino quando è anche la sua biada ad essere gestita monopolisticamente da soggetti più forti, come nel caso di chi ha i rubinetti del gas o del petrolio, per esempio, o nel caso di altre nazioni politicamente ed economicamente egemoni, che dettano leggi anche fuori di casa propria. Italia asino colpevole, però, perché non si preoccupa di ricercare e produrre risorse energetiche alternative, oppure perche non mette in atto riforme sostanziali, atte a risollevare le proprie finanze e il proprio prestigio.
Ho preso il pretesto di questa parabola per dire che se devo continuare ad essere asino, inutilmente obbediente, civile, onesto e generoso, non voglio essere l’asino di Melesecche che morì di stenti, bensì l’asino di Buridano, che ugualmente morì, certo, ma solo perché non seppe scegliere cosa mangiare tra due enormi ceste di biada. Se devo morire, voglio farlo per colpa e non per rassegnazione.