Immaginate di essere davanti ad un televisore, magari durante una notte piovosa e improvvisamente vi appare sullo schermo l’attore che ha fatto la storia del cinema horror degli anni ’30, Béla Ferenc Dezső Blaskó, in arte Bela Lugosi, un caratterista rimasto celebre soprattutto per le sue interpretazioni dei film horror, in particolare Dracula, ma non un Dracula qualunque, quel Dracula, quello che l’ha reso immortale e che ha dato un volto definitivo e popolare al Principe delle Tenebre; Bela si immedesimò per tutta la sua vita in quel personaggio al punto che quando morì fu sepolto con il mantello da Dracula.
Vi chiederete cosa c’entra Bela Lugosi e anche Dracula con una storia del vino, ma se cercate su internet una foto di Lugosi, magari a fine carriera, vecchio e raggrinzito e la mettete a fianco del personaggio che stiamo per raccontarvi; ecco, noterete una somiglianza, perché tutti e due erano principi, uno delle tenebre e l’altro, oltre ad esserlo sul serio, lo diventò anche dell’enologia mondiale, perché questa è la storia di uno dei più grandi personaggi del mondo del vino, la storia di André Tchelistcheff l’enologo russo-californiano. Una sua citazione oramai famosa, più volte riportata da tanti critici e colleghi, è considerata ancora attuale: “Un grande vino è il risultato di un’equazione che coniuga e contempla a un tempo eleganza, equilibrio, morbidezza, consistenza, complessità, possibilità di pronta beva e capacità di lungo invecchiamento”. Frase che sembra scontata forse, ma che per tanti non lo è, e lui riuscì ad applicarla a tutti i vini da lui seguiti e ci riuscì in maniera, a detta di tutti, esemplare.
“Il principe André Tchelistcheff è stato il più grande enologo del 20° secolo” – racconta in un suo scritto Luigi Veronelli – “Non posso dimenticare quel mio antico – si parla degli anni Settanta – viaggio in California alla ricerca di quei vini lontani di cui m’era stato detto un gran bene. La verifica fu, a dir poco, sorprendente. Non v’era cantina ch’io visitassi, senza l’assaggio di una, due, tre bottiglie eccellenti. Alla mia domanda – ripeto: stupefatta – su chi avesse curato quel vino, la risposta era, pressoché sempre, André Tchelistcheff.
André Tchelistcheff è stato – a detta di tutti i colleghi che hanno potuto confrontarsi con lui o che hanno studiato i sui trattati – il winemaker più influente della California dopo l’abolizione del proibizionismo.
Più morto che vivo in Russia
André è all’epoca figlio di una delle famiglie più importanti e in vista del paese, è un principe o così si dice, anche se alcune fonti smentiscono.
Più volte si ritrova il cognome della sua dinastia nella storia di quel paese, spesso a fianco degli Zar, infatti il padre di Tchelistcheff è un aristocratico molto importante, il capo della Corte Suprema nel sistema giudiziario russo.
André nasce a Mosca nel lontano novembre del 1900; ovviamente, secondo tradizione, diventa un militare, studia presso l’Accademia di Kiev fino al 1917 quando scoppia la Rivoluzione d’Ottobre e lui è solamente un adolescente di diciassette anni.
André passa la sua adolescenza nella tenuta vicino a Kaluga e in quella di Mosca e come molti della nobiltà del suo tempo si gode la vita; benessere e tranquillità sono all’ordine del giorno, studia al Ginnasio di Mosca e vive una vita piena di cene e incontri intellettuali.
Però, come raccontavamo prima, scoppia la rivoluzione, la guerra e i bolscevichi denunciano la famiglia Tchelistcheff e, come spesso accade in queste storie raccontate anche nei film, il padre di André è il primo della lista, stilata da Lenin, ad essere considerato un pericolo per il regime e quindi da eliminare.
La tenuta di famiglia viene saccheggiata e distrutta, ma non basta. L’odio che queste guerre civili portano con sé è atroce: i cani da caccia, amatissimi dal padre di André, vengono prima uccisi e poi appesi agli alberi che fiancheggiavano la strada che porta alla tenuta, come in segno di sfida, mentre la famiglia, oramai da tempo, è in fuga utilizzando passaporti falsi ottenuti dal padre grazie a potenti amicizie.
André è un ragazzo fortunato, ha sfiorato la morte più volte, come quando da bambino, a causa di un’infiammazione addominale, rischia la vita anche perché la penicillina ancora non è stata scoperta. Ma lui resiste, lotta e si salva. André chiede al padre di poter entrare nella scuola degli ufficiali di Ekaterinodar (ora Krasnodar); ovviamente, come dicevamo prima, era una tradizione per gli aristocratici dei tempi.
Una volta terminato l’addestramento, André parte per la guerra in Crimea dal 1918 al 1921, combatte con l’esercito bianco nella guerra civile russa e qui succede qualcosa di strano ed incredibile. Nel 1921, appunto durante la battaglia di Crimea, André è in missione insieme al suo battaglione e, improvvisamente, una serie di mitragliatrici fanno fuoco sul plotone: rimangono quasi tutti uccisi o gravemente feriti, ma lui no, esce miracolosamente illeso.
Nonostante sia vivo – le comunicazioni ovviamente non erano quelle di adesso – viene dato ugualmente per morto, la sua famiglia avvertita e addirittura viene indetto un funerale commemorativo in memoria del figlio.
Ma torniamo al campo di battaglia: le mitragliatrici sparano, lui non viene colpito o finge di essere colpito, viene dato per morto sotto una tempesta di neve, aspetta che tutto finisca e si salva grazie ad un cosacco che si accorge di lui e lo salva curandolo e dandogli assistenza medica.
André anche in questo caso è fortunato perché evacuato come la maggior parte dei suoi compagni che si sono salvati, viene poi congedato e spedito prima in Jugoslavia e poi in Cecoslovacchia esattamente a Brno e qui, invece che portare avanti una sua vecchia passione ovvero la medicina, inizia a studiare agronomia ed enologia.
André è un genio e in due anni batte tutti e si laurea a pieni voti.
Nuova vita in Francia e poi in California
André decide definitivamente che la sua vita è il vino, non si sa esattamente cosa l’abbia convinto, ma inizia un percorso che lo consacrerà come tra i più grandi personaggi del XX secolo proprio in questo campo, il vino.
Insomma, Andrè a questo punto della sua storia è in Francia senza un soldo ma studia, studia tantissimo: enologia, fermentazione e microbiologia prima all’Institut Pasteur e poi l’Institut Agronomique.
Viene assunto nella regione dello Champagne, perché i francesi non sono stupidi: se ne accorgono subito di questo ragazzo tanto bravo e con idee innovative; lo chiamano, lui risponde e vi rimane per anni e anni, lavorando anche per Moët & Chandon e nei laboratori di Nicolas, uno dei più importanti rivenditori di vini di Francia.
Ma lui è un principe, il principe Tchelistcheff, un vero principe ma anche un uomo libero e, quando arrivano i nazisti ad invadere la Francia verso la fine degli anno ‘30, non vuole collaborare.
Siamo nel 1937, Georges de Latour, grande produttore californiano, arriva in Francia alla ricerca di un enologo, ne cerca uno veramente bravo, ovviamente francese.
Incontra il Professor Paul Marsais presso l’Istituto Pasteur che immediatamente gli dice di avere un ragazzo che fa per lui, ma c’è un problema, quel ragazzo non è francese ma un russo e si chiama André, André Tchelistcheff.
E così Georges de Latour offre ad André un contratto con la cantina Beaulieu per la quale lavorerà fino all’aprile del 1973; prima di iniziare come consulente indipendente per tante altre aziende, si trasferisce dunque con la sua famiglia in Napa Valley nel 1938 e diventa in breve tempo un mito dell’enologia.
Nel suo soggiorno negli Stati Uniti è una leggenda vivente, è il più grande enologo americano e se l’industria vinicola della California è tecnologicamente all’avanguardia lo deve in parte a lui.
Tchelistcheff arriva in un momento critico dell’enologia americana, si producono infatti vini imbevibili e pieni di zuccheri.
Una recensione dell’epoca dice “Gli americani farebbe meglio a bere birra piuttosto che vini dalla California.”
La grandezza di André non sta solo nel fatto di essere un grande tecnico, ma anche di aver mediato e interpretato la filosofia vinicola del nuovo mondo e di averla adattata e sviluppata alla luce di un’industria nascente e di uno spirito giovanile come quello americano, ma il suo contributo più importante e quello dedicato alle tecniche di fermentazione, ma soprattutto la fermentazione malolattica.
Utilizza infatti tecniche mai viste all’epoca come il ghiaccio per abbassare la temperature delle uve durante la raccolta e fa sostenere alle aziende grandi investimenti per modificare le vasche utilizzando, forse uno dei primi, il cemento e la vetroresina considerando che l’acciaio ancora non era utilizzato.
In Napa Valley Tchelistcheff diventa “il Dottore” probabilmente per il suo aspetto così rigido e serioso, immaginatelo tutto accigliato mentre percorre pensieroso le vigne in campagna, oppure perché amava utilizzare sempre un camice bianco da laboratorio quando era in cantina ma più che altro, anzi sicuramente, per la sua capacità di curare vini considerati difettosi.
Ma André sa che il vino si produce prima di tutto in vigna, è soprattutto un agronomo, e introduce lo studio della viticoltura in California ricercando le migliori varietà da piantare.
E’ tra i primi a piantare Pinot Noir e Chardonnay e studia il variegato terroir della Napa Valley identificando le aree in cui il Cabernet Sauvignon può dare il meglio di se.
Nel suo periodo di maggior successo, a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60, André incontra Dorothy, l’amore della sua vita; si sposa e trascorse il resto dei suoi anni con lei.
Dorothy è stata una grande ispirazione per André: era riuscita a dargli l’amore e a trasmettergli quella serenità che forse non aveva mai avuto, il supporto di cui aveva bisogno per proseguire nel migliore dei modi il resto della sua vita.
Tutto va per il meglio, gli anni passano e André è sempre più famoso.
Alcuni grandi vini californiani sono grandi per merito suo come per altro alcuni grandi vini italiani, ma di questo parleremo tra poco.
Dopo aver lasciato Beaulieu, diventa consulenza enologo presso Jordan Vineyard & Winery nel 1976.
Crea un laboratorio privato a St. Helena e diventa consulente di tantissimi produttori Californiani e non oggi molto famosi:
Joseph Heitz, Rev. John Staten di Field Stone Winery, Mike Grgich, Joel Aiken, Jordan, Neibaum/Coppola, Buena Vista Winery, George & Peter Rubissow, Erath Winery, Sequoia Grove, Chateau Ste Michelle e Columbia Crest Winery, Robert Moldavi, Louis Martini, Rob Davis di Jordan Vineyard & Winery, Rick Sayre di Rodney Strong Wine Estates, lo consideravano il loro mentore.
Durante la consulenza per Chateau Ste Michelle a Washington, Tchelistcheff cerca di insegnare il suo mestiere al nipote, Alex Golitzin che quattro anni dopo e incoraggiato dallo zio, fonda la Quilceda Creek Vintners a Snohomish, Washington.
André fu determinante nella formazione di due generazioni di viticoltori di California, tra cui Joe Heitz, Mike Grgich e Jill Davis.
L’arrivo in Italia, anzi, in Toscana
Però un momento: va bene che il nostro personaggio è il fondatore dei vini americani, ma come abbiamo anticipato, è stato fondamentale e forse veramente un punto di riferimento per una serie di vini toscani che hanno, e stanno facendo, la storia oltre ad essere stato mentore di tanti enologi che hanno cambiato l’Italia come Giacomo Tachis.
“Convinsi Tchelistcheff” – racconta sempre Luigi Veronelli – “già consulente della famiglia Antinori – a un viaggio in Italia, così da confrontarsi con gli enologi del nostro paese che agivano, pressoché tutti, in modo opposto al suo, con la ricerca di vini facili e passanti, adatti alla massa, e non di vini problematici, adatti agli individui. Il 20 maggio 1983, in San Casciano, nella Tenuta degli Antinori, ci fu l’incontro decisivo. Il Maestro spiegò la sua teoria sull’uso della barrique, per lui necessario nella produzione di ciascun vino (fatta eccezione per il solo Riesling sia italico sia renano) che avesse l’ambizione e la possibilità di farsi grande”
Nella Fattoria dell’Ornellaia, distante solo pochi passi dalla Tenuta di San Guido, l’azienda produttrice del Sassicaia forse il vino italiano più famoso al Mondo, è Lodovico Antinori che, seguendo l’idea di un vino diverso stilisticamente avuta dallo zio Mario Incisa, dopo aver girato gli Stati Uniti da costa a costa e aver accumulato una grandissima esperienza del mercato d’oltreoceano torna in Italia e si ferma a Bolgheri.
Lodovico, assieme ad André Tchelistcheff, estrae dai 45 ettari della tenuta un nuovo vino, l’Ornellaia appunto.
Successivamente nasce il Masseto, un merlot in purezza da un vigneto di 6,63 ettari nato nel 1984 grazie all’intuizione di Tchelistcheff che crede subito nelle potenzialità di quelle terre composta da argille sciolte e sabbie ricche di ciottoli che offrono al vino potenza, concentrazione e apporto tannico.
André muore il 5 aprile del 1994 a novantacinque anni ma in superbe condizioni, capace di assaggiare e riconoscere ogni vino che gli fosse proposto. Prima d’ogni altro giudizio ne dichiarava, soddisfatto, il nome.
Quando incontrava un grande vino nuovo che lo emozionava, scattava in piedi, si inginocchiava e diceva “ Vorrei averlo fatto io …”
Durante i suoi anni 56 anni come enologo ha aiutato a definire lo stile dei vini migliori della California , in particolare il Cabernet Sauvignon della Napa Valley.
La Morte di Tchelistcheff però non è passata inosservata neanche in Europa.
“Mi rende così triste” – ha detto Christian Moueix, manager di Château Pétrus a Bordeaux e comproprietario di Dominus immobili in Napa Valley – “André era un uomo saggio, lui era un maestro per tutti noi sia come professionista sia come modestia. È davvero una grande perdita”
André Tchelistcheff era un gentiluomo, un estroso, un genio assoluto, un cavaliere di un’epoca passata.
Una volta disse: “Il vino è una bevanda intellettuale, non ha la tossicità di un liquore e, preso con moderazione, apre la mente. Ho visto un introverso, dopo due bicchieri di vino, aprirsi come un fiore”.
Anni dopo la sua morte, molti ancora si chiedono in tempo di crisi o di decisioni: “Che cosa avrebbe fatto André ?”
Jim Laube lo ricorda come un uomo costantemente in movimento, spesso di fretta, ma sempre in grado di trovare il tempo per aiutare qualcuno.
Molti ricordano anche il suo sorriso gentile, le sue spesse sopracciglia ricciolute, ed il suo accento russo oltre alle pieghe profonde del suo viso, linee di saggezza e del tempo.
Questo è stato per tutti André Thcelicheff, il mito che ha cambiato il vino.