Di Elsa Mazzolini
Rivendico da anni la sensibilità, la cultura, la misura che stanno dietro le scelte di ogni vero gourmet: non può esagerare nelle quantità che ha elevato la qualità a proprio metro di giudizio.
Da anni, di conseguenza, mi batto, con i mezzi di cui dispongo, perché la gente percorra le strade della cultura enogastronomica e sconfigga così le insidie di ogni approssimazione. Essere gourmet, ossia ricercatori di fragranze e di soavità, impone lucidità di giudizio e serenità d’animo come strumenti di piacere.
Essere gourmet significa essere riusciti a costruire la diga piú scura contro abusi ed esagerazioni. Un gourmet non è né un mangione né un ubriacone: chi riesce ad apprezzare gli ineffabili equilibri di un piatto tecnicamente perfetto o di un vino armonioso e raffinato, non può smarrire il proprio.
Ecco perché ancora mi dispiace che l’informazione non specializzata demonizzi il vino adducendo le solite, superficiali, imprecise motivazioni terroristiche.
“D”, supplemento femminile a Repubblica, in un articolo del luglio scorso sul problema delle donne alcoliste firmato da Vera Schiavazzi, denuncia che “la produzione di vino fa girare piú di 8.000 miliardi di lire, una cifra che va moltiplicata per quattro se si considera tutte le attività collegate. I produttori… sanno che la sensibilità verso l’alcolismo e i problemi che provoca è in aumento, così “mettono le mani avanti” e contribuiscono generosamente al lavoro dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol, insieme ai ministeri dell’agricoltura, della sanità, della pubblica istruzione e del Censis”.
Alla signora Schiavazzi, cui probabilmente non dispiacerebbe se tali organismi obbligassero i produttori di vino a scrivere su ogni bottiglia “NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE” visto il tenore del suo articolo infarcito di casi disperati di donne distrutte dall’alcol(?), dico che non conosco malesseri, dolori e depressioni di così scarso valore, da poter essere annegati in due litri di vino col tappo a corona.
Gli alcolisti sono proprio quello che non sono i gourmet, sono coloro a cui non interessano profumi, equilibri, sapori.
Hanno perso il sapore della vita, e bevono o si impasticcano perché non conoscono le seduzioni vere del vino, quelle che allontanano dalle depressioni e rendono piú piacevole il vivere. Tant’è che negli ultimi anni la produzione nazionale di vino ha diminuito enormemente le quantità di prodotto perché ha aumentato sensibilmente proprio la sua vicinanza al mondo della felicità.
Meno ettolitri, piú fragranze e profumi. Quindi piú vita.