La Sicilia, fin dai tempi antichissimi, è terra di forte vocazione vinicola. La presenza del vino nell’isola risale alle origini stesse della civiltà mediterranea. Secondo una leggenda la vite germogliò, per la prima volta, sotto il piede pulsante di Bacco, a Naxos, di fronte a Taormina, dove i Greci fondarono la loro prima colonia di Sicilia.
Nell’isola, attualmente, la vite costituisce la prima coltura arborea per estensione e ciò permette alla Sicilia di collocarsi al secondo posto, dopo la Puglia, tra le regioni vinicole d’Italia. Tuttavia, a parte la quantità, è la qualità dei vini siciliani che conta: i suoi “cru” fanno della Sicilia una regione largamente blasonata. Ebbene, tra i vini più prestigiosi di Sicilia, spicca il Cerasuolo di Vittoria (Ragusa), che qualcuno ha definito “una perla della enologia nazionale”.
Molto apprezzato dagli esperti, questo vino ebbe nel 1973 il riconoscimento della Denominazione di Origine Controllata (Doc), con un disciplinare di produzione che stabiliva condizioni precise e requisiti essenziali. Tant’è vero che, con il passare del tempo, sono stati scoperti nuovi e maggiori pregi qualitativi.
Ma una vera e propria “rivoluzione” è stata portata a termine nel 2005, allorquando, dopo un percorso lungo e complesso durato più di quattro anni, al Cerasuolo di Vittoria è stato assegnato l’ambito riconoscimento della Denominazione di origine controllata e garantita (Docg), la prima della Sicilia e la quarta del Meridione. In virtù di tale riconoscimento la base ampelografica del nuovo Cerasuolo di Vittoria si compone di Nero d’Avola, dal 50 al 70%, e di Frappato, dal 30 al 50%.
Esso ha subito, inoltre, maggiori restrizioni nella forma di coltivazione (soltanto “alberello” e “spalliera”), nella densità degli impianti (solo 4000 ceppi per ettaro), nel quantitativo di produzione che è fra i più bassi consentiti alle Docg italiane. Almeno quattro sono gli elementi che concorrono a formare un grande vino: il vitigno, il terreno, il clima e l’uomo. Nel caso del Cerasuolo di Vittoria li troviamo tutti perfettamente rispondenti al bisogno. Per quanto concerne il tipo di uve, queste provengono, come abbiamo detto, da due vitigni: il Nero d’Avola ed il Frappato. L’equilibrio biologico tra loro esistente è perfetto, ma quello che dà stoffa, gusto e profumo al vino è, senz’altro, il Frappato che possiede qualità eccezionali ed incredibili possibilità di lunghi invecchiamenti. Sul terreno e sul clima non c’è che dire: sono ideali per la coltura della vite. Ma qui diamo la parola all’abate Paolo Balsamo, che nel 1808, nel suo “Giornale di Viaggio” (un viaggio effettuato in Sicilia per conto del Vicerè) annotò fra l’altro: “La campagna di Vittoria è nella massima parte sabbiosa, calcarea; produce soprattutto vino, il quale ha molto credito, e si deve, a parer mio, riguardare come il migliore tra quelli da pasto di tutta l’isola. Il suolo, ed il clima, è qui adattissimo alla vigna; e questa con lodevole intelligenza non è composta quasi di altri vitigni che di Nero d’Avola ed incomparabile più di Frappato che produce un’uva con acini neri…”.
Avete notato l’espressione “lodevole intelligenza”? Essa mette in rilievo, chiaramente, il quarto elemento: l’uomo, collaboratore “intelligente”della natura. Però l’intelligenza non basta se non è sorretta e stimolata di continuo dall’amore di chi, legato da un attaccamento profondo alla terra, dedica cure diligenti e premurose alla coltivazione della vite, alla raccolta e selezione delle uve, alla produzione e conservazione ed invecchiamento del vino. E tutto ciò, senza dubbio alcuno, è un fatto di cultura e, quindi, di civiltà.
Ma torniamo al Cerasuolo di Vittoria: un vino che deve la sua preziosità, come dicevamo, alla virtù del vitigno, alla bontà del terreno, alla magia del clima e, infine, al lavoro sagace dell’uomo. Il quale è rimasto fedele nel tempo al “suo” nettare. Un nettare, cioè una bevanda eccellente che presenta le seguenti qualità organolettiche: un colore rosso intenso come quello della “cerasa”, da cui il nome Cerasuolo; un sapore asciutto e rotondo, vinoso da giovane e vellutato con l’età; un profumo ricco di sentori agresti: da giovani di melagrana, da vecchio di gelsomino e zagara; una gradazione alcolica che oscilla tra un minimo di 13 e un massimo di 15 gradi. Adattissimo a lunghi invecchiamenti, come si è detto, fino a diventare uno “stravecchio” con 30-40 anni di botte, il Cerasuolo di Vittoria si fa, in questo caso, un vino classico di grande nobiltà, nel quale tutte le qualità originarie sono sublimate. Restano gli accoppiamenti gastronomici.
Se giovane, il Cerasuolo di Vittoria predilige i piatti robusti: cannelloni, lasagne, ecc. con sughi forti, oppure carni rosse arrosto o cotte sulla brace; se mediamente invecchiato: cacciagione e selvaggina, salumi e formaggi piccanti; se “stravecchio”, si degusta “fuori tavola”, come un elisir di lunga vita nel piccolo calice a stelo.
“Bonu vini fa bonu sangu”: affermano, e non a torto, i Siciliani. Ma quale siciliano ha celebrato il buon vino della propria terra meglio di Giovanni Meli? Nel poemetto “In lodi di lu vinu”, il celebre poeta decantò la prestigiosa bevanda sicula come “ristoro e li murtali, rimediu alla mestizia, balsamu di li mali”. E, senza dubbio, colse nel segno.
Di Pasquale Palma