Che il mondo femminile fosse un vero e proprio universo a sé stante lo si era capito da tempo.
Anche nel mondo della ristorazione, a quanto pare, la donna vive di regole a volte assurde, a volte discriminatorie, altre semplicemente stupide e faziose da parte di quello che è sempre apparso un universo dominato da maschi alfa.
Niente di più sbagliato, perché com’è successo per la cucina che per decenni è stato vista come un settore totalmente maschile, oggi grazie a donne del calibro di Nadia Santini, Cristina Bowerman, Aurora Mazzucchelli, Isa Mazzocchi o Viviana Varese la donna è parte fondamentale della cucina italiana dove non c’è più bisogno di dover “dimostrare di più” per farsi apprezzare, perché a volte le donne danno prova di avere decisamente più palle dei propri colleghi.
E per la Sala invece? Certo anche lì la stampa ci regala modelli femminili fonte d’ispirazione: Catia Uliassi, Cristiana Romito, Mariella Organi hanno saputo dedicare anima e corpo all’attività di famiglia, riuscendo a diventare dei veri e propri punti di riferimento nel mondo dell’accoglienza, senza che nessuno gli regalasse niente, perché anzi, a volte, essere moglie o sorella di uno chef importante rischia di rendere tutto più difficile e complicato, a fronte di un’aspettativa sempre più alta.
Ma se si escludono questi modelli di Sala al femminile, nel mondo della ristorazione sembriamo essere ancora indietro rispetto alle posizioni conquistate dagli uomini che ogni anno vengono premiati dalle guide e perennemente intervistati come unici “guru” del comparto.
E non va bene.
Il pregiudizio è radicato
Enzo Vizzari è lo storico direttore della Guida dei Ristoranti dell’Espresso. Ha lavorato a ben 37 edizioni della guida, di cui 3 come vice direttore e poi 21 come direttore: conosce profondamente non solo la cucina italiana (ed estera) ma anche e soprattutto la Sala che, ovviamente, ogni anno premia. Nell’edizione della Guida dei Ristoranti (uscita il 31 maggio) proprio a una donna è andato il premio Maître dell’anno 2021: Daniela Piscini del Miramonti l’Altro.
L’ultima volta che una donna di Sala fu premiata in guida risale al 2006, più precisamente il riconoscimento fu conferito a Mariella Caputo della Taverna del Capitano 15 anni fa per l’esattezza, un lasso temporale in cui la cucina italiana è cresciuta tantissimo e, a dire il vero, anche la Sala, ma non tanto quella al femminile.
Secondo Enzo Vizzari, però, questo non è un fenomeno solo italiano: “È scarsissima la presenza di donne maître e, in Italia, sino a oggi riguardante sempre e soltanto sorelle o mogli (Iaccarino, Cedroni, Caputo, Uliassi, Piscini…). Evidentemente c’è un pregiudizio radicato e forse anche inconsapevole.
Sarebbe interessante, per esempio, fare una rapida indagine in qualche scuola per capire: a) quante sono in percentuale le donne che si iscrivono alla sala; b) se questa percentuale è in crescita… In ogni caso, secondo me, non c’è nessuna ragione per ritenere a priori che la sala di un ristorante non possa essere diretta da una donna”.
Conta la professionalità, senza distinzione di genere
E così, spostandoci in una scuola, eccoci nelle aule di Intrecci, l’Accademia di alta formazione che le Cottarella Sisters hanno voluto per affrontare quel grande problema identificato come “emergenza sala” e che, da un paio d’anni, forma veri e propri giovani professionisti con un percorso di studi nuovo e trasversale.
Qui le donne che decidono di iscriversi (e hanno la fortuna di entrare) hanno ben chiaro quello che vogliono che sia il proprio percorso professionale. Ma qual è l’affluenza nella scuola e l’importanza delle donne nel futuro della sala?
Secondo Marta Cottarella la richiesta di iscrizioni in Accademia stanno crescendo di anno in anno: “Abbiamo deciso di limitare il numero di studenti per ogni annualità in modo da poter seguire in profondità i nostri allievi, con dei percorsi quasi “sartoriali” per ognuno di loro. In generale, le richieste che pervengono all’Accademia sono più del doppio rispetto alla nostra disponibilità”.
Per il prossimo anno accademico abbiamo già ammesso circa 20 ragazzi, di cui la metà di sesso femminile, e sono in attesa di colloquio almeno altrettanti giovani.
Gli studenti diplomati a Intrecci possono trovare una occupazione professionale nel mondo della ristorazione, dell’hotellerie e dell’hospitality, aspirando a vari ruoli, come Responsabile di Sala, Restaurant Manager, Sommelier, Bartender, Responsabile Comunicazione e Marketing nel settore agroalimentare e Organizzatore di eventi”.
Ma anche Marta Cottarella ammette che Il mondo della ristorazione è ancora prevalentemente maschile in termini di numero di occupati: “C’è assoluto bisogno di dare risalto alla professionalità della moderna figura di sala, acquisita con studi di alto livello e con la dura gavetta; professionalità (e quindi formazione), passione e dedizione sono caratteristiche imprescindibili per qualsiasi professione, tanto più in Sala, dove il contatto con un pubblico variegato ed internazionale comporta costante aggiornamento e studio, senza distinzione di genere, ma anche una spiccata sensibilità tipica del gentil sesso”.
Spesso le donne che affrontano il percorso formativo ad Intrecci vengono poi spinte ad esperienze di stage all’estero, utilissimo, tra l’altro, come formazione internazionale. Proprio fuori dal nostro Paese, com’è la situazione delle donne in Sala?
L’estero non fa eccezione: poche (ma bravissime) le donne
Lo abbiamo chiesto ad Alberto Cauzzi, direttore editoriale di Passione Gourmet, un food globe-trotter tra i più autorevoli: “Il panorama internazionale è scevro di figure donna leader nella ristorazione, forse anche più dell’Italia, in cui abbiamo esempi molto importanti e significativi: Cristiana Romito, Mariella Organi, Gabriella Cicero e molte altre per cui la lista diventerebbe discretamente estesa.
All’estero i primi nomi che farei sono innanzitutto la fantastica Brigitte Reitbauer, moglie e co proprietaria insieme al marito Heinz, lo chef, del meraviglioso Steirereck di Vienna. E poi la splendida Jenny Yun, restaurant manager del ristorante Manresa di Los Gatos, California. Continuando con Claudia Ferreres, per anni splendida discreta ma preziosa assistente di Albert Adrià e dell’universo El Barri.
Senza poi scordare qualche figura, peraltro italiana, che ha decisamente fatto carriera all’estero come Francesca Cane, oggi maître del ristorante Mugaritz ad Errenteria, Paesi Baschi.
Un universo che ci auguriamo in crescita e progressione continua, anche perché il tocco femminile è decisamente sensibile, profondo ed elevato; un tocco che si distingue certamente”.
Da noi il 60% è donna e produce consensi
Guardando invece a casa nostra? Proviamo a fare il punto della situazione con Stefano Bartolini, il patron di un importante impero gastronomico composto dal ristorante stellato La Buca, il ristorante classico Terrazza Bartolini e tre osterie tra Bologna, Cervia e Cesenatico tutte premiate con il Bib Gourmand.
Insomma, un ristoratore che di certo sa il fatto suo e con i suoi 145 dipendenti a pieno ritmo tra Sala e Cucina può aiutarci a capire quanto la donna sia presente e importante:“In sala la presenza femminile raggiunge il 60% del totale dei nostri collaboratori.
Nei due Ristoranti la direzione è affidata a uomini, ma la presenza femminile è di grande rilevanza e non escludo un ruolo ancora più marcato nel breve periodo. Nelle Osterie le donne, invece, oltre ad essere in maggioranza rispetto agli uomini, determinano l’ossatura delle sale. Tengo a rimarcare che il servizio di sala delle nostre Osterie non ha niente da invidiare a molti Ristoranti più blasonati.
A Cesenatico sono due le ragazze che gestiscono in piena autonomia e complementarietà la sala. A Milano Marittima alla direzione è tornata la figura femminile che ha avuto il compito di avviare il locale di Bologna nel quale sono rimaste le ragazze che ne hanno preso le redini.
Non so se la maggiore incisività del ruolo femminile nelle Osterie rispetto ai Ristoranti sia dovuta al caso o a consuetudini radicate. Sta di fatto che noi registriamo un eccellente gradimento della clientela verso la presenza femminile, gradimento che si esprime con la familiarità dei rapporti, che si mantengono sempre nell’ambito della correttezza e del rispetto dei ruoli da ambo le parti.
A queste figure femminili della sala vorrei aggiungere la nostra Assistant Manager: questa presenza femminile organizza la gestione condivisa dei vari locali e rappresenta il collante tra le sale e le cucine in modo ineccepibile e con grande determinazione, facendosi rispettare (e temere) da tutte le figure maschili di rilievo.
Per finire, e so di essere di parte, non posso dimenticare la presenza di mia moglie oltre che nella gestione amministrativa, anche nelle sale: figura determinante per l’equilibrio aziendale e anche per me”.
La donna sconta un ritardo storico non più accettabile
Se è vero che una rondine non fa primavera, ecco che a farci tornare nel mondo reale ci pensa Eleonora Cozzella, giornalista gastronomica tra le più apprezzate e competenti in Italia: “Se arrivassero gli alieni domattina e cercassero di farsi un’idea del genere umano guardando ai luoghi della rappresentazione pubblica, probabilmente penserebbero che tutte le persone di sesso femminile d’Italia siano mute o incapaci di intendere e volere.
Il governo, i dibattiti televisivi e le prime pagine dei quotidiani traboccano di interventi maschili.
Eppure, le donne non sono una sottocategoria socioculturale, ma più della metà del genere umano. Lo ha detto Michela Murgia e basta guardarsi un po’ intorno per darle ragione.
E il mondo della gastronomia non fa eccezione.
Penso, voglio credere, che sia anche semplicemente un fatto storico: per secoli non siamo state ammesse in molte facoltà universitarie, in magistratura, ai vertici di aziende e non potevamo votare, figurarsi far politica. Fino a non troppo tempo fa le donne non potevano nemmeno disporre dei propri soldi, ereditati o guadagnati (perché lavorare potevano, eccome!) senza il consenso di un padre/marito/fratello. Quindi, ora che ci siamo conquistate uno spazio, ci vorrà del tempo per essere numerose come gli uomini.
Ma il punto è che quando anche numericamente alla pari, siamo automaticamente messe in seconda fila rispetto agli uomini. In tv, sulle copertine delle riviste, per consulenze imprenditoriali: uno chef è più chef di una chef (anzi di solito chiamano chef l’uomo e cuoca la donna), un critico è in automatico più autorevole di una critica, un giornalista di una giornalista.
Al personale di sala non va meglio: di un maître si sottolinea l’aplomb, la conoscenza delle lingue, la preparazione sul vino e sulle tecniche di servizio, la spigliatezza, le fini doti da psicologo, l’ironia eccetera eccetera. Se è donna: il sorriso, lo sguardo complice, la dolcezza.
Ho sentito un affermato responsabile di sala dire (credendo fosse un complimento) che le donne in sala sono migliori perché di fronte al sorriso di una donna non c’è altra dote che tenga.
Beh, ci sono eccome altre doti, delle donne di sala. Eccole: l’aplomb, la conoscenza delle lingue, la preparazione sul vino e sulle tecniche di servizio, la spigliatezza, le fini doti da psicologo, l’ironia, eccetera eccetera.
Ho ripetuto le stesse doti di un grande uomo di sala? Ops…!
Ma ripeto: sono convinta si tratti solo di tempo”.
Formazione rigorosa e buon esempio
Tempo al tempo per l’appunto, ma quando capita di imbattersi in due storie di successo come quelle che andremo a raccontare, capisci che forse è questo il momento giusto. Claudia Rosati, Restaurant Manager di Borgo San Jacopo (1 stella Michelin) e Anca Elena Buric al Bulgari Hotel Milano (1 stella Michelin), sono due donne che, grazie alla gavetta, duro lavoro e determinazione contribuiscono a gestire due ristoranti di successo.
Claudia Rosati nasce a Firenze il 16 aprile del 1988; all’età di 19 anni, con il diploma di ragioneria informatica, ma non sapendo ancora cosa fare da grande (e con la certezza che non voleva lavorare dietro una scrivania), decide di partire per Londra con l’idea di rimanere un paio di mesi e imparare l’inglese, ignara che quella che doveva essere un’esperienza breve si sarebbe trasformata in un soggiorno lungo 8 anni.
Come molti ragazzi, dovendo imparare la lingua, cercò un lavoretto che le permettesse di andare a scuola e godersi la vita londinese, così, più per sbaglio che per altro, si ritrovò a lavorare in un ristorantino siciliano.
Era un posticino molto piccolo, e dopo un anno capì che voleva approfondire la conoscenza di questo lavoro.
Conobbe così la compagnia D&D London, della quale si innamorò imparando cosa fosse l’organizzazione aziendale a tutto tondo, cosa volesse dire essere formati professionalmente e investire nel personale. In poco tempo passò da commis di sala ad essere una floor manager.
Questa crescita, seppur meritata, fu troppo repentina, tanta era la voglia di crescere maggiormente: “Il regalo più bello che la mia HR Manager di allora mi potesse fare è stato quello di lasciarmi andare dicendomi: vai via da questa compagnia, guarda come lavorano gli altri e, quando sei pronta a tornare, chiamami”.
Così fece: andò a curare l’apertura di un nuovo ristorante di Gordon Ramsey e lì si rese conto che la Manager aveva ragione.
Dopo un anno la richiamò e le propose di andare a fare l’apertura del primo Hotel aziendale, il South Place Hotel, dove, in soli 6 mesi dall’apertura, fu acquisita la stella Michelin. Rimase lì per 4 anni.
Dopo tanti anni fuori casa e per quanto Londra fosse attraente con la sua velocità, le diversità e tutte quelle possibilità che questa città riesce a offrire, Claudia accusa la nostalgia dell’Italia. Torna così a Firenze con poche certezze (se non il suo bagaglio professionale) e tante paure.
Ma la sua professionalità non passa inosservata, tant’è che riesce a trovare un’azienda, la Lungarno Collection, che l’ha accolta a braccia aperte e le ha dato la possibilità di esprimersi e crescere insieme all’azienda.
Nonostante le mille difficoltà della vita Claudia si reputa una persona davvero molto fortunata: “Ho scoperto ben presto nella mia vita che questo per me non è solo un lavoro, ma una vera e propria passione.
Ovvio, non è per niente facile: gli orari, lo stress, la fatica, i pregiudizi che la gente ha con chi fa il nostro lavoro.
Ma non smetto mai di sorridere, di gioire e di credere.
Il mio motto è leading by example, sempre”.
Una donna deve dimostrare anche l’evidenza
Se Claudia Rosati è un bellissimo esempio da seguire, lo è quello di Anca Elena Buric, 34 anni di origine rumena ma in Italia ormai da 22 anni. Una donna curiosa, testarda, intraprendente e, soprattutto, con tanta voglia di indipendenza.
Ha studiato lingue perché attratta da culture diverse dalla sua: amante dei viaggi, va alla scoperta del mondo con la consapevolezza che le si offra un bagaglio fondamentale per costruire il proprio futuro, anche se non ha mai avuto le idee chiare su cosa avesse desiderato fare “da grande”.
Anca Elena è approdata al Bulgari Hotel Milano esattamente otto anni fa dopo diverse esperienze lavorative.
“Ho iniziato a lavorare nelle retrovie del ristorante come commis di sala e pian piano sono cresciuta. Da Chef de Rang sono diventata Head Waiter, poi Supervisor e, con l’arrivo di Niko Romito, finalmente Restaurant Manager”.
Questa esperienza formativa l’ha davvero cambiata aiutandola a crescere e a formarsi professionalmente: nei suoi ricordi non c’è mai stato un giorno in cui non abbia imparato qualcosa.
Come in ogni professione, ci sono stati anche momenti difficili: “Spesso occorre fare sacrifici, ma la passione e l’amore verso questo lavoro mi hanno aiutata ad affrontare le numerose difficoltà con tenacia. Essere donna in un’ambiente prettamente maschile, soprattutto a certi livelli, non è facile. Personalmente sono stata spesso sostenuta e incoraggiata nelle mie scelte, ma sembra che le donne debbano sempre dimostrare di meritarsi quello che hanno ottenuto con determinazione”.
Del suo mestiere Anca Elena ama le sfide quotidiane e il rapporto che si crea con gli ospiti, ma soprattutto ama lavorare in sintonia con il team: “L’aspetto più interessante di questo lavoro è proprio quello di far parte di una squadra di ragazzi ai quali bisogna insegnare la professione, un po’ come una sorella maggiore e, per alcuni, un po’ come una madre, accompagnandoli nella loro crescita personale e professionale”.
Ma come ci si sente nell’essere arrivati in un mondo spesso maschile? “La mia più grande soddisfazione e gioia sta nel sentire quanto la mia famiglia sia fiera di me.
E allora sì, capisci che l’universo femminile ha una marcia in più e allora anche questo mondo può e deve cambiare”.