Un’azienda ricca di storia, una storia fatta di sacrifici, passione e ricerca spasmodica della qualità. Un vero e proprio caso di successo: cinque generazioni di distillatori di grappa, distillato per eccellenza nel nostro paese.
Durante “Vino e Arte che passione”, ho partecipato alla degustazione delle grappe Nonino, condotta dai docenti FIS Massimo Billetto e Paolo Lauciani. A rappresentare l’azienda c’era Cristina Nonino, una donna vulcanica, che rappresenta, in quanto a competenze ed empatia, la perfetta sintesi della mamma Giannola, esperta in comunicazione, e del papà Benito, specialista della tecnica di distillazione. Facciamo un passo indietro: i genitori di Cristina, hanno rivoluzionato il mondo della distillazione inventando e lanciando sul mercato italiano la grappa monovitigno. L’idea fu rivoluzionaria, se consideriamo lo scenario generale, chiuso alle novità e orientato ad una produzione massiva. Centinaia e centinaia di anni di tradizione insegnavano ad ottenere la grappa mescolando le vinacce di diverse varietà, spesso le vinacce venivano conservate mesi e quindi, non sempre, venivano distillate nelle migliori condizioni dal punto di vista della fragranza e della fermentazione.
Lo scorso gennaio la LSE Business Review ha pubblicato un articolo sul caso “Grappa Nonino”: da Cenerentola a regina del mercato. L’articolo si basa sullo studio di due ricercatori – autori How Cinderella Became a Queen Theorizing Radical Status Change pubblicato in Administrative Science Quarterly nel dicembre 2016 – che incuriositi dalle differenze tra la grappa del passato e quella moderna, hanno fatto una serie di ricerche per giungere alla conclusione che il cambiamento epocale nel mondo della distillazione è dovuto a Benito Nonino. È da attribuire al Sig.re Nonino, infatti, il nuovo modo di concepire la produzione della grappa, grazie all’innovativa introduzione del sistema di distillazione in purezza e all’attenzione rivolta al processo produttivo che rende necessario l’utilizzo di una vinaccia appena svinata per la distillazione. Il merito della divulgazione del nuovo modo di concepire la grappa va alla moglie di Benito Nonino, Giannola – definita lady dinamite da Veronelli – che, innamorata del distillato espressione della cultura friulana, attraverso il marketing del passaparola dettato dal cuore, ha rotto gli schemi della comunicazione trasformando <<il liquore aromatico da un insuccesso sociale a un must edonistico della degustazione del dopo-cena italiano>>. Ed è solo grazie a lei che la grappa divenne “lo spirito nazionale”, a pari livello di whisky e cognac.
La legge europea consente di aggiungere i coloranti e zucchero o caramello, ma in casa Nonino, così come riportato in etichetta, coloranti, zucchero e caramello sono banditi sia per orgoglio che per rispetto ai loro estimatori.
Questa scelta, così come quella di lavorare un numero rilevante di litri di grappa solo con alambicchi artigianali, la dice lunga sulla filosofia di produzione di questa azienda. Una qualità indiscutibile unita alla voglia di mettersi in gioco: Nonino vuol dire monovitigno, l’invenzione dell’acquavite d’uva, l’invenzione dell’acquavite d’uva invecchiata e della distillazione del miele e chissà quante altre cose scopriremo.
Passiamo alle tre grappe in degustazione.
Grappa riserva 8 anni a base uve aromatiche moscato e malvasia.
Tanta complessità e finezza: un naso che all’inizio sviluppa aromi dolci e avvolgenti. Man mano che passa il tempo gli aromi vengono fuori. Si parte dalla vaniglia per arrivare alle radici, passano i minuti e si evince una verticalità verso la terra, una complessità che si arricchisce progressivamente passando dalla dolcezza, dall’avvolgenza alle sensazioni più pungenti.
Si riconoscono canditi, frutta secca, la concia del tabacco da pipa, il chinotto, un’idea di te nero in infusione, un finale che ricorda il panforte di Natale, vaniglia, frutta secca, cannella, zenzero sensazioni boisé, tostatura, mandorla e cera d’api.
Assaggiando abbiamo tutti i segni distintivi di un grande distillato tecnicamente perfetto: un attacco avvolgente al limite della dolcezza pian piano diventa più secca si arriva ad una sapidità finale che da leggerezza, la bevibilità.
Riserva antica cuvée, blend di uve rosse non aromatiche (merlot, cabernet, scoppiettino, refosco) da 5 fino a 20 anni di invecchiamento
Il colore è particolarmente significativo: non c’è la nota scura. Al naso più pimpante della precedente. Una morbidezza che viene dall’estrazione calibrata della parte aromatica, degli oli essenziali e questa morbidezza la sentiamo fin dal naso. Non ci sono tracce di caramello sdolcinate estremamente zuccherose ma profumi di spezie, erbe aromatiche leggermente disidratate, canditi e oli essenziali raffinati, miele, tabacco. La differenza dalla prima è la parte balsamica, una punta mentolata e una nota marina. Un’ eleganza assoluta. Un percorso in bocca con un attacco discretamente sapido e un po’ ammandorlato, una nota scura al centro della lingua, una grande personalità e straordinaria complessità. Sicuramente non una grappa per tutti, va saputa apprezzare nel suo percorso di crescita. Una vera escalation, gli aromi di bocca, un percorso adornato da erbe aromatiche che culmina con il protagonismo egocentrico di un finale ‘liquirizioso’ e di un complesso balsamico che conferma con coerenza le note riscontrate al naso.
Grappa monovitigno refosco 27 anni di invecchiamento naturale (senza aggiunta di aromi e di coloranti) prodotto non ancora in commercio.
La base di partenza è lo iodio. Una partenza salina arricchita da erbe aromatiche: maggiorana, timo selvatico, poi liquirizia, elementi di frutta bianca, e infine, i canditi. Si addolcisce nella progressione olfattiva, tutto ciò che sentiamo è eleganza e raffinatezza. Ciò che colpisce di più è la discrezione dell’alcol.
In bocca è la quinta essenza dell’eleganza e della complessità: sorprende quanto sulla lingua sia salato, quanto sia leggero, balsamico e poi un’esplosione retrolfattiva di elementi aromatici: genziana, foglie di te, tabacco. Una grande persistenza.
Il fil rouge di tutte le grappe Nonino è l’eccelsa qualità, dal punto di vista gustativo ne possiamo avere riscontro, tenendo la grappa in bocca per 10 secondi e constatare che l’alcol non è aggressivo, ciò ci consente di apprezzare a pieno il prodotto, d’altra parte l’alcol nei distillati ha la funzione amplificatore e non di elemento predominante. L’alcol è l’elemento che ci permette di apprezzare a livello sommo aromi, gusti e parte retrolfattiva e ha il compito esaltare le caratteristiche del distillato e non di sovrastarle.
La grandezza di una grappa si capisce 3 o 4 ore dopo la degustazione. La digeribilità è il concetto chiave che sfugge nell’immediato ma poi si ripropone nelle ore successive. L’estrazione malaccorta degli oli essenziali e la distillazione non perfetta si ripercuote sull’apparato digerente. La grappa fatta male è indigesta e provoca uno sforzo enorme all’apparato digerente del quale ci rendiamo conto dopo. Io a 4 ore dalla degustazione, non ho avvertito alcun fastidio e testimonianza dell’alta qualità dei prodotti degustati!