Apre in zona Porta Genova Vibe, il nuovo locale di Valerio Braschi, giovane e istrionico chef che, dopo un quadriennio romano, approda con rinnovato entusiasmo nella città meneghina.
Raccontare l’apertura di un ristorante a Milano è come assistere passivamente all’ennesima pubblicità di qualche dispendioso suv elettrico in televisione: una quotidianità alla quale ormai siamo totalmente assuefatti.
Eppure, nel mare magnum delle inaugurazioni all’ombra della Madonnina, qualche novità interessante sembra ogni tanto profilarsi malgrado, per distinguersi e affermarsi in un mercato al limite del saturo come quello della città meneghina, servano molto più che talento e inventiva: occorre essere attrattivi per un certo e definito target di potenziali clienti, avere mezzi economici per realizzare un progetto credibile, realizzare e centrare senza troppe dispersioni un proprio format in qualche modo diverso da quelli della concorrenza, dimostrare capacità nella comunicazione, peculiarità che non mancano a Valerio Braschi, giovane chef dal sangue romagnolo e a Edoardo Maggiori, imprenditore e proprietario, tra gli altri, del marchio La Filetteria Italiana.
Dinamicità e intraprendenza per Braschi che, dopo quattro ottime stagioni capitoline alla guida del pluripremiato “1978”, ha avvertito il bisogno di uscire dalla comfort zone per gettarsi a capofitto in una nuova, stimolante avventura lombarda.
Queste le radici da cui è sbocciato Vibe, realtà fine dining in zona Porta Genova che promette di stupire e spiccare tra i numerosi e agguerriti competitor.
Noi de “La Madia Travelfood” abbiamo deciso di incontrare Braschi nel suo nuovo regno per farci raccontare gli inizi di un viaggio che si preannuncia intrigante ed esplosivo.
Da Roma a Milano seguendo la mente o il cuore?
Cosa c’è dietro questa scelta?
Entrambe le situazioni; sentivo di essere pronto per una nuova avventura, di provare un’esperienza nella città che ho sempre amato.
Roma per me è stata ben più di una parentesi, ha rappresentato quattro anni intensi di vita, mi ha insegnato ad abbracciare la cucina ventiquattro ore su ventiquattro, a scontrarmi con imprevisti e a gioire per i successi.
Lascio la Capitale con un ferreo rigore e con una consapevolezza acquisita grazie a tempo, dedizione e a collaboratori straordinari, alcuni dei quali fanno parte della mia nuova squadra al Vibe, come il pastry chef Francesco Di Lallo.
Parliamo del nome scelto: perché proprio Vibe?
Ciò che pretendo da me stesso è donare emozioni, sensazioni; non voglio che la mia cucina o la mia nuova dimora lavorativa vengano recepite come impersonali.
Vibe, nel suo significato di “vibrazione, emozione” deve possedere un’anima giovanile ma al contempo un’atmosfera raffinata e intima.
Le pareti della sala, per esempio, sono arricchite anche da quadri rappresentanti i miei due serpenti, in un’apposita teca vengono mostrati anelli con frammenti della Luna e di Marte che ho personalmente comprato anni fa, sulla facciata esterna del locale ho fatto realizzare un murales dallo stile piuttosto singolare.
Il Vibe è la casa che ho sempre sognato: cucina studiata nei minimi dettagli accompagnata da un’atmosfera eccentrica e carica di emozione.
Qual è l’impronta culinaria che ha deciso di dare al suo nuovo locale?
L’impronta culinaria è quella che più mi rappresenta, che fa emergere gli studi, gli esperimenti quotidiani atti alla buona riuscita del menu.
Il fil rouge con il Valerio romano è chiaramente presente, ma non amo sedermi: l’inquietudine ai fornelli credo sia la chiave che mi permette di non fermarmi mai, di alzare sempre l’asticella.
In carta non mancano quindi sapori a me cari ma ora accompagnati da nuovi abbinamenti, senza dimenticare mai il punto focale: la bontà del piatto.
Parallelamente alla carta dei vini, che conta quasi cento referenze, ho deciso di concentrarmi anche su alcune tipologie di acque prestigiose e, soprattutto, sull’extravergine italiano; mio fratello, fidato collaboratore nonché sommelier dell’olio, ha realizzato apposite liste con etichette di piccoli ma virtuosissimi produttori.
Una coccola in più per la clientela del Vibe.
A Roma sono state le ormai celebri pizza in bustina e lasagna in tubetto a destare interesse se non, addirittura, scalpore: ci descriverebbe gli attuali signature dishes del Vibe?
Attualmente sono due i piatti-bandiera del Vibe: per il primo ho deciso di affondare sempre nei ricordi familiari, sboccia così il nostro cappelletto con ripieno di lasagna, fonduta di parmigiano reggiano 36 mesi e noce moscata. L’idea nasce dall’unione tra le preparazioni più iconiche delle mie nonne, quindi il ragù della nonna Elsa, presente anche nel menu di Roma, e la lasagna della nonna Bruna, un vero e proprio tuffo nella mia infanzia.
Il secondo signature dish è rappresentato da un filetto di Moro oceanico, uno fra i pesci più pregiati al mondo, accompagnato da una salsa a base di chorizo; pochi ingredienti ma abbinati con cura e precisione.
Non è un mistero che lei abbia un debole verso il mondo dei brodi: questa passione viene incanalata nel menu?
Certamente: ne è un fulgido esempio il nostro brodo udon con anguilla affumicata, anguilla glassata, yuzu kosho e olio all’aneto.
La verità è che mi ha sempre affascinato l’universo del brodo, una preparazione che affonda le radici nella notte dei tempi; il brodo rappresenta un continuum nella storia dell’uomo, un alleato dei popoli che non conosce confini o latitudini.
La libreria di casa mia è carica di volumi su questo tema: la lettura e lo studio, coniugate al viaggio e all’assaggio, rappresentano vere e proprie bombe culturali la cui detonazione è più che mai salutare.
Oltre ai brodi caldi, amo cimentarmi nella preparazione di brodi freddi, come ad esempio il brodo di capperi che servivo a Roma.
Qual è l’obiettivo di Valerio Braschi e del suo Vibe?
In primis voglio rendere soddisfatto il maggior numero di avventori possibile, sperando di creare una clientela fortemente fidelizzata. Punto a stupire piacevolmente, con la qualità dei piatti, con sorprese gastronomiche durante tutto il pasto – dagli insoliti pop corn allo zucchero filato – e con un servizio attento, educato e gentile.
[Questa ricetta è tratta dal numero di novembre-dicembre 2023 de La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello sfoglia online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi la rivista cartacea]