Il complesso è a soli 20 metri oltre il confine del Principato e, volendo, si può anche telefonare e chiedere del loro servizio navetta dal centro. Diversamente arrivare qui, con il dedalo di nuove sotterranee e le estemporanee deviazioni per lavori, può richiedere un po’ di pazienza, ma… merita averla. La maniera più semplice è puntare su FONTVIEILLE (anziché Cap d’Ail) e, giunti dalle parti dello stadio (nei suoi pressi si “gode” talvolta la puzza del depuratore), si deve tenere sempre la destra fino a giungere alla sbarra del porto, anch’essa “noiosina” (si apre solo stoppandosi al punto giusto; diversamente vi indicherà: “reculez”). Duecento metri a destra si giunge alla diga foranea molo D, dove ci attende il rassicurante parcheggio privato del A TREGO, con voiturier che naturalmente parla italiano.
Il complesso firmato Philippe Stark, aperto nel settembre 2011, lato terra pare un severo bastione in cemento ingentilito da quattro svettanti cipressi (specie Arizonica Conica, diremmo), mentre lato mare pare la tolda tugata di uno yacht. Complessivamente 1600 mq. su tre piani e 30 addetti.
Rimandando a più tardi la discoteca al piano sottostante, si può prendere un aperitivo allo chic bar e snack “Belvedere”, al secondo piano con vista spettacolare sull’orizzonte, per scender poi al ristorante al primo piano che, nonostante sia capace di 160 coperti, ha l’aria molto intima e lussuosa. La terrazza è in gran parte coperta ma sulla destra ha la propaggine “queen ovest”, che lì per lì sembra “l’angolo povero” con pochi tavoli, ma che invece, calata le sera, è forse il sito migliore perché offre il panorama, visto dal mare, sulla baia sabbiosa con i ristorantini sulla spiaggia, con luci quasi magiche a collana del severo monte con picco che “surplomba” maestoso Cap d’Ail.
Nel “queen ovest” i tavoli sono più spartani, quadrati di circa 70 x 70 e, come ormai d’uso nei locali più attuali, hanno solo tovagliette mono, ma nell’insieme la mise un place non è affatto misera.
Il servizio poi (diretto da un pompeiano verace) non perde colpi, è puntualissimo senza assillare e, sia il cliente “vintage” che quello più “rock”, trovano il trattamento più acconcio per dirsi a proprio agio.
Il primo titolo in carta è il foie gras de canard des Landes, toast de pain aux figues, condiment de sorbet de mangue oppure, per chi vuol tenersi più leggero, la saison dans l’assiette, mélì melò de fleurs et legumes aux saveurs de Yuzu che è ben presentata ed ha una salsina accattivante degna della tradizione dei “saucier” francesi.
La porzioncina di ravioles de loup de ligne con charlotte à l’olive noire avec jus de homard et pennes acidule non è propriamente il piatto di ravioli che si attenderebbe un italiano, ma non è certo la quantità che si viene a cercare qui.
Nei secondi, oltre all’homard Breton grillé o il carré d’agneau fumé au romarin o il classico beuf, il vero banco di prova è il loup al sale. Sulla Cote sono pochini i ristoranti che lo sporzionano al tavolo, ancor meno quelli che lo preparano con pesce sauvage (più consistente degli altri), di taglia generosa. Perfetto con un filo d’olio e dei legumes saisons in casseruolino a parte. Lo chef adopera una carta da forno prima di coprire il pesce di sale, ma non si ha affatto l’effetto “cartoccio”.
Sembrandoci i dessert meno accattivanti di quanto li precede, abbiamo planato prudentemente sul mac’éclair à la framboise con un macaron, et creméux framboise che si è rivelata una buona scelta.
La carta vini è composta soltanto da 36 etichette ma ben assortita, con primo prezzo a partire da 27 euro.
Fabrice Reggiani, originario di Reggio Emilia, fa politica di sviluppo contenendo i prezzi: sui 30 euro a mezzodì e 80 euro la sera. C’è anche un brunch domenicale dalle 12 alle 16.
Una botta di vita alle porte di Montecarlo, in un locale che per l’insieme è una bella alternativa ai più costosi ristoranti top del Principato.
Di Luigino Filippi