È fin troppo frequente su Facebook imbattersi in soggetti che, quando non ti insultano al primo contraddittorio, pontificano, vogliono insegnarti a vivere, danno per oggettive le proprie convinzioni politiche, ritengono di avere a che fare con un mondo abitato, eccetto loro, da minus habens.
Già la presunzione di superiorità è di per sé un limite, già il ritenere oggettivo il proprio pensiero è oggettivamente un paradosso, ma quanti di noi sono coscienti del fatto di “sapere di non sapere”?
Una recente indagine dell’Ocse rivela che nel nostro Paese i cittadini incapaci di capire un testo semplice sono il 47% della popolazione. Ma chi pensa che “l’analfabeta funzionale” (o, più semplicemente, l’ignorante) si annidi solo nelle fasce marginali delle periferie, sbaglia. A non comprendere le indicazioni di un telefonino (io!), di un contratto di lavoro, di un documento della pubblica amministrazione, di un bugiardino, di una lettera di un avvocato sono i figli della media borghesia, i politici, i professionisti di vario genere, tutti accomunati da una superficiale infarinatura culturale e da un sostanziale disinteresse per tutto ciò che non sia prettamente materiale.
Basta assistere ai quiz televisivi per rendersi conto di quanto siano profondi gli abissi dell’ignoranza, ma andrebbe ascoltato anche l’economista Tito Boeri che attribuisce a questo vulnus sociale l’attuale ristagno economico.
Dunque, tornando a bomba, quando ci accaniamo a criticare la presunta insipienza o ottusità altrui, siamo certi di non essere noi gli ignoranti inconsapevoli?