Il titolo che ho scelto nell’occasione del 30° compleanno de La Madia mi piace perché ha un doppio significato: la “cucina” infatti è il settore di cui mi sono occupata in questo non breve periodo di tempo, ma in gergo giornalistico per “cucina” si intende anche il lavoro di redazione.
E posso garantire che l’attività svolta in questi trent’anni è stata “grandemente” impegnativa, dentro la sede del giornale e dentro le cucine.
Sono abituata a dire che chi arriva troppo presto o troppo tardi rimane fuori dal mercato e in qualche modo credo di averne avuto conferma: avere fondato la prima rivista dedicata alla ristorazione italiana ha presupposto un lavoro pionieristico spesso difficoltoso e incompreso.
Quanta energia c’è voluta per spiegare che la cucina è la più interdisciplinare delle “scienze” poiché accorpa in sé assunti di tipo etnografico, culturale, farmacologico, matematico, economico, antropologico e via dicendo: pochissimi erano disposti ad ascoltarmi e a credere nel futuro di questo settore. I ristoranti – e ce n’erano tanti meno rispetto ad oggi – svolgevano solo un’oscura attività di servizio. E l’editoria di settore, appunto, non esisteva se non per le casalinghe.
Oggi, teoricamente, si aprono tutte le porte all’enogastronomia, ma solo trent’anni fa parlare di vino e di cibo era quasi sconveniente: ricordo che quegli stessi assessori – alla cultura, al turismo, all’agricoltura – che faticavano a ricevermi quando presentavo le mie iniziative di promozione del settore, ora sono quasi generalmente disponibilissimi. Oggi con il cibo si fa politica. E soldi.
E se solo trent’anni fa la cucina era una volgare e fisiologica “question de ventre”, oggi è argomento trendy, universalmente “sdoganato” (termine orribile, come l’inflazione di fornelli in ogni dove).
Era il 1984
Sono dunque per natura incline ad anticipare un po’ (troppo) le cose, a intravvedere possibilità di crescita in settori perloppiù poco considerati.
La vita, fatta di incontri e coincidenze, mi ha fatto imbattere in altri visionari come me: per primo un giovane cuoco che, decisamente anche lui in anticipo sui tempi, tentava di convincermi del fatto che il lavoro ai fornelli andava valorizzato e comunicato. E che ci voleva un giornale per farlo. Era Gino Angelini, riminese, ora al top della ristorazione in America.
Io ai tempi avevo creato quello che oggi si definirebbe un “format” di cucina per una emittente privata, convinta che la gastronomia avesse un ruolo determinante nella vita di ognuno di noi.
Fatale che tra noi scattasse la scintilla dell’ideale condiviso, alla realizzazione del quale contribuirono in modo decisivo due personaggi che ai tempi sembravano marziani. Si trattava di Romana ed Edoardo Bacchini, titolari dell’allora Laboratorio Artigiano Tortellini di Lavezzola, (oggi Surgital Spa) impegnati, in un minuscolo laboratorio, a creare pasta fatta a mano, soprattutto per la ristorazione. Si dà il caso che i due coniugi credessero in un progetto di divulgazione legato alla loro piccola impresa familiare, infatti Romana, testuali parole, mi disse: “Per vendere pasta ai cuochi bisogna fare cultura e comunicazione”.
La Madia – intesa come contenitore di cose buone come uova e farina, ma utilizzata anche per metterci dentro i bimbi appena nati – poteva così emettere i primi vagiti, insieme a quelli della mia seconda figlia (perché anche le figlie le ho prodotte precocemente).
Non c’è cibo senza vino
E il vino? 30 anni fa un tabù a livello di comunicazione, un figlio di un dio minore rispetto al prodotto francese, un argomento fondamentale solo per pochi grandi illuminati come il mai troppo lodato Gino Veronelli, il direttore di Civiltà del Bere Pino Khail, i ristoratori Giuseppe e Mirella Cantarelli, il regista Mario Soldati, lo scrittore Gianni Brera, tanto per citare gli appassionati della prima ora.
La Madia perciò crea la prima rubrica fissa sul vino in un mensile di gastronomia, curata inizialmente da Gianfranco Bolognesi e Nerio Raccagli, poi da firme prestigiose del giornalismo d’autore come Burton Anderson, Franco Tommaso Marchi, Cesare Pillon, Roger Sesto…
Il vino viene raccontato qui con i suoi problemi e i suoi cambiamenti negli anni, fino alla sua definitiva consacrazione come universale argomento cult, studiato e argomentato con una qualità dell’indagine e dell’immagine degni, appunto, della grande cucina italiana.
I primi concorsi e il Festival della Cucina Italiana
Dal bisogno del confronto che aiuta a crescere, dalla necessità di comunicare il mondo del food sottovalutato e incompreso, nascono i primi concorsi per cuochi, le prime competizioni tematiche allora circoscritte ad un pubblico ristretto, poi, negli anni a seguire, sempre più popolari e partecipate. Gli sparuti gruppi di cuochi che si prestano a mettersi in gara tra loro godono di scarsa considerazione presso l’opinione pubblica, che ritiene questo settore marginale e folkloristico.
Eppure è nei concorsi e nelle manifestazioni pubbliche che si mettono in luce i protagonisti di oggi e che si evolve il loro affascinante mestiere.
Da quegli eventi prende corpo il Festival della Cucina Italiana, che oggi La Madia Travelfood propone con cadenza annuale, premiando con il Trofeo Nazionale Galvanina i nomi più prestigiosi della cultura, del giornalismo enogastronomico, della cucina, dell’imprenditoria.
1992 – Scuola di cucina Aula Magna
Sempre nella convinzione che per far crescere il mondo enogastronomico occorresse rafforzarne le basi culturali e comunicative, La Madia fonda il primo Centro di Cultura Enogastronomica Aula Magna a Cesena, con il supporto economico del gruppo alimentare Orogel.
La struttura, aperta sia ai professionisti che al pubblico, inizia ad organizzare ciò che oggi è la consuetudine di ogni programma televisivo, la ripetizione obbligatoria di ogni rassegna food & wine: dimostrazioni pratiche di cucina tenute da chef famosi o futuri tali. Passeranno da Aula Magna, anche come prima esperienza della loro carriera, Gualtiero Marchesi, Carlo Cracco, Gianfranco Vissani, Igles Corelli, Moreno Cedroni, Mauro Uliassi solo per citare gli chef attualmente più in vista. Parallelamente, per coerenza, vengono organizzate qui le prime lezioni AIS, le prime degustazioni di champagne e di grandi vini italiani.
1984-2014
La Madia Travelfood propone alle regioni la formula editoriale del cibo come traino per il turismo. Aderiscono per prime la Regione Marche, già nel 1998, e nel 2001 la Sicilia. Segue una produzione mirata di libri che, anche su commissione di altri editori, approfondiscono i temi più disparati, dalle diete al calcio-cucina, dalle guide ai volumi aziendali. In 30 anni siamo passati dalle pagine in bianco e nero che ci costringevano a portare in tipografia casse con le pagine in zinco da stampare, alle tecnologie attuali, che forse stanno decretando la crisi della carta.
Eppure non si sono mai stampati tanti libri di cucina come oggi…
Dopo trent’anni, sic transit gloria Madia? Staremo a vedere…