Con il provocatorio epitaffio “Il critico gastronomico è morto”, sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano” Andrea Scanzi sostiene sostanzialmente che la critica su carta è stata soppiantata dalla velocità e dalla freschezza del web, nonché dai commenti meno paludati rispetto a quelli dei soliti tromboni, da parte di una massa critica di nuova generazione.
Condivido solo parzialmente questa affermazione in quanto mi chiedo perché mai, se internet ha tanta forza, a morire a causa dell’avvento dei new media secondo Scanzi debbano essere solo i critici gastronomici e non quelli politici, sportivi o di costume. Insomma noi e non anche lui, per capirci.
Delle due, una: o il web è così razzista da colpire solo la produzione letteraria tradizionale enogastronomica, oppure anche Scanzi ritiene che l’enogastronomia sia una forma di sottocultura dove non è necessaria alcuna competenza o specializzazione per dare fiato alle trombe. Basta avere la bocca per mangiare e quindi per pontificare. E per essere credibili.
Quasi in risposta, dal web Martina Liverani scrive che, però, anche “L’era dei foodblogger è finita” a causa dell’eccesso di parole in libertà che su questo mezzo centinaia di foodlovers, enomaniaci e gastrofighetti hanno riversato con faconda autoreferenzialità.
Giovanni Mastropasqua, che tra i primi ha utilizzato la rete per offrire visibilità alla ristorazione mediante il portale Oraviaggiando, con un giudizio salomonico afferma che la freschezza e la velocità del web sono nemici della critica su carta solo se quest’ultima rimane ingabbiata nel suo stesso contenitore. “Il web infatti è una grande risorsa anche per i mezzi tradizionali – asserisce – si guardi per esempio al mondo della TV: trasmissioni televisive, film o pillole di TG per merito del web subiscono un’amplificazione che accelera e potenzia la veicolazione del messaggio. Internet può rappresentare il mezzo più meritocratico che ci sia con un solo grande difetto: l’autorevolezza di chi scrive non dipende più (tanto) dal peso specifico della “penna” ma dalla capacità dell’autore di farsi seguire. Con un po’ di allenamento e qualche corso di social media marketing si possono fare miracoli”.
Quindi la partita rimane aperta e lo sarà anche di più se solo si va a leggere (su carta) il libro di François Simon, penna acutamente critica di Le Figaro e autore del blog più letto e premiato di Francia, “Come essere scambiato per un critico gastronomico senza capirci niente”, oppure il divertentissimo pezzo (su web) di Fabio Cagnetti per Dissapore “E così vuoi fare il critico gastronomico”.
La mia opinione?: io leggo tantissimo in rete… ma lasciate a me e a tanti onesti food writer la nostra adorata carta!