Torino parla Nikkei e lo fa attraverso la cucina di Azotea, ristorante a due passi dal Po recentemente inserito nella Guida Michelin.
Lo chef, Alexander Robles, è nato a Cuzco, in Perù, ma è arrivato in Italia diciassettenne con il desiderio di fare il cuoco, per seguire un po’ le orme dei nonni che ancora oggi gestiscono due ristoranti.
È lì infatti che ha imparato a scegliere le materie prime, conoscendole nel dettaglio. Dopo gli studi all’alberghiero, stage alla corte di importanti chef e tanto lavoro, la carriera di Alex è iniziata nel Roero a Villa Tiboldi ed è poi proseguita come Head Chef al Ristorante Carlina di Torino, per poi approdare da Azotea a gennaio 2022, dove ha potuto finalmente raccontare una cultura gastronomica di lunga tradizione.
Cos’è la cucina Nikkei?
L’incontro culinario tra Giappone e Perù avvenne a fine Ottocento quando aumentarono i flussi migratori dal Paese del Sol Levante verso il Paese sudamericano: il termine Nikkei, infatti, sta a indicare i migranti nipponici e i loro discendenti.
Oggi, gli immigrati giapponesi in Perù sono più di sessantamila e questo spiega come mai questo Paese – una delle destinazioni gastronomiche più apprezzate al mondo – abbia fatto da palcoscenico allo sviluppo di uno stile così unico.
Quella Nikkei è infatti una cucina fatta di incontri, di ingredienti apparentemente lontani tra loro in grado di dare vita a sapori indimenticabili: miso e cuore di palma, pesce crudo e peperoncino, alghe e frutti tropicali sono solo alcune delle infinite possibilità. Non si tratta però di una cucina di integrazione sociale. È una cucina moderna, senza una lunga tradizione alle spalle, codificata poche decine di anni fa, che continua a trasformarsi senza porre limiti alla creatività, pur basandosi su due antiche culture gastronomiche.
I piatti simbolo della cucina Nikkei
Una cucina di due mondi che si rispecchiano, ad esempio, nella zuppa di miso, nelle aringhe affumicate accompagnate da riso cotto alla giapponese – tostato in olio vegetale, aglio e cipolla e poi cotto con l’aggiunta di acqua – e infine nel sushi, che però rap- presenta solo un trend del momento, non trattandosi, in realtà, di un piatto cardine della cucina Nikkei. Per quanto riguarda il piatto principe della cucina peruviana, il ceviche, nella versione Nikkei, si differenzia per ingredienti e leche, la marinatura di condimento.
Per la versione nippo-peruviana lo chef ha la possibilità di esprimere maggiore creatività: in quello servito da Robles c’è l’aggiunta di achiote (spezia dal colore rosso intenso e dal sapore terroso), che nella ricetta autentica non è previsto, così come si può usare lo yuzu o il kaffir lime al posto del lime. “Tra i piatti Nikkei che proponiamo da Azotea, quello che la rappresenta al meglio è il tiradito, una ricetta nata dalla fusione tra il ceviche peruviano, di cui viene utilizzata la classica leche in una versione rivisitata, e il sashimi, da cui viene preso in prestito il taglio del pesce a fette e non a cubetti, come nel ceviche.
“In questo momento lo serviamo nel menu degustazione come secondo piatto del percorso, col nome Shabu Shabu Criollo”- dice lo chef Robles.
Azotea, non un semplice ristorante
Azotea non è però un semplice ristorante, è un cocktail restaurant, come tengono a precisare i proprietari Matteo Fornaro e Noemi Dell’Agnello. Un luogo immersivo, anche grazie ad arredi e colori che ricordano una foresta pluviale, dove viaggiare attraverso i piatti di Robles e la mixology di Fornaro. Qui si beve mangiando sfiziose tapas, magari seduti al bancone circondati dalle bottiglie di spirits appese, a osservare i movimenti armoniosi di Matteo mentre prepara i drink; ma è soprattutto attraverso il menù degustazione che ci si può immergere nell’arte creativa dello chef, fatta di sapori netti e chiaramente identificabili.
Alla sua tavola il leche de tigre non sovrasta il pesce che compone il tradizionale ceviche, le patate viola manifestano la tipica consistenza farinosa, l’aji amarillo e l’aji panca sprigionano tutta la loro sontuosa aromaticità.
Non per niente la Michelin ha inserito tra le motivazioni dell’inserimento in Guida il fatto che la cucina di Robles “Mette al centro il Perù, terra di origine dello chef”.
Ad accompagnare l’esperienza, i sipssorsi a bassa gradazione alcolica – di Matteo Fornaro che sono, di fatto, una rielaborazione allo stato liquido della complessità della tradizione Nikkei.
“I cocktail più richiesti da Azotea sono i signature, i drink che abbiamo ideato e preparato secondo la nostra filosofia di miscelazione. Nel dettaglio, i più consumati e apprezzati sono proprio i Sips. Si tratta di sei piccoli assaggi concepiti con lo scopo di esaltare la portata in abbinamento per concordanza o contrasto.
Ognuno di questi ha al suo interno ingredienti Nikkei, che provengono dal Sudamerica e/o dal Giappone, e viene preparato con tecniche sperimentali” – afferma Matteo Fornaro.
Chi si vuole divertire, deve lasciarsi guidare, oltre che in cucina, anche all’assaggio dei miscelati, per i quali gli ingredienti insoliti non mancano: c’è, per esempio, il cavolo viola, che viene cotto in aceto di riso, zucchero e foglie di alloro. Ne viene utilizzata sia l’acqua di cottura che un estratto del cavolo cotto. Gli altri ingredienti del cocktail che si chiama, appunto, Che Cavolo! sono Mezcal Vida Del Maguey, pomodoro chiarificato, Amaro Gabelle, sciroppo d’agave e aceto di riso.
[Questo articolo è tratto dal numero di gennaio-febbraio 2024 de La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello sfoglia online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi la rivista cartacea]