è il dato più negativo dal 2009, già annus horribilis per il settore: nel 2011 quasi 9.000 bar, ristoranti e pizzerie hanno chiuso i battenti, ma la preoccupante morìa si è protratta fino ad oggi, colpevole anche una stagione estiva ai suoi minimi storici. E il trend negativo non sembra certo arrestarsi, come certe grancasse della politica vorrebbero far credere, prova ne sono le 41.000 aziende che hanno dichiarato forfait tra luglio e agosto scorsi e tra le quali, naturalmente, ci sono altre centinaia di imprese di ristorazione. L’Ufficio Studi della Confcommercio dichiara apertamente che è assurdo pensare che si tratti di un fisiologico processo di selezione, quanto piuttosto “di una vera e propria patologia che distrugge anche il tessuto connettivo delle relazioni sociali, andando ad incidere sui momenti di convivialità”. Dunque, ancora una volta, niente di nuovo sotto il sole: a pagare per i crimini di chi sta al potere sono i ceti deboli e soprattutto quella maggiornaza mai veramente tutelata che ha lavorato ogni giorno con onestà e fatica per costruirsi una vita dignitosa in un Paese apparentemente democratico.
Invece tutto ciò che ognuno di noi – formichina operosa e credulona – ha portato nelle casse comuni dello Stato per garantire un futuro a sé e ai propri figli, è stato allegramente sperperato da un apparato dirigente elefantiaco, esoso, vistosamente corrotto, cha ancora una volta non intende assolutamente abdicare a nessuno dei propri esagerati vantaggi acquisiti. Perché la crisi, in sé, sarebbe stata affrontabile, se non ci fossero stati furti e sprechi vergognosi da decine d’anni. Basti pensare da quanto tempo le allegre brigate che ci hanno governato hanno attinto al pozzo comune: dai pouf di Duilio Poggiolini (negli anni ‘80 dirigente alla sanità) ripieni di monete antiche, lingotti d’oro e contanti per 11 miliardi di lire, frutto di tangenti ottenute dalle case farmaceutiche, con la connivenza dell’allora ministro De Lorenzo – entrambi sono stati condannati a risarcire 5 milioni di euro ciascuno allo Stato – fino ai vari Lusi e Belsito, passando attraverso migliaia di altri mariuoli, ad ogni livello di potere, in ogni regione e quasi in ogni ufficio amministrativo o politico. E dopo il danno che ci hanno fatto in tutti questi anni, adesso anche la beffa di venire massacrati da misure di macelleria sociale, senza che si attui nulla di “strutturale” per una casta ormai imbarazzante anche agli occhi del mondo.
No, quei debiti che stiamo pagando con la sofferenza indicibile di migliaia di lavoratori, di centinaia di migliaia di famiglie allo stremo, di giovani senza prospettive, di poveri pensionati, non li abbiamo fatti noi e non dobbiamo essere più noi a pagarli.
Che rinuncino Loro ai loro costosi scranni, agli apparati abnormi, agli innumerevoli benefit che non si sono guadagnati; che vendano le ville, gli uffici, i palazzi del patrimonio pubblico (che è poi sempre roba nostra) a fronte del debito pubblico, e non quello nostro, privato, dei lavoratori e delle piccole aziende sane che fino ad oggi avevano fatto la fortuna dell’Italia.
Che sia quella politica che sta ancora generando miliardi di perdite dovute a corruzione ed evasione, che ha favorito un clientelismo illimitato e disastroso, a rimettere il mandato a fronte del proprio fallimento, lasciando libero il campo a forze nuove e oneste e non allo stupido figlio o amico di, non al dirigente ladro o strapagato, non ad un sistema bancario infido e ricattatorio.
Occorre liberarsi di questo avido sistema politico, per noi altamente pernicioso.
Poi, forse, potremmo anche farcela.
Di La Madia