No non sono impazzita. Essere vegan non è un trend radical chic: essere Vegan è e rimane una scelta puramente etica. Ciò non vuol dire rinunciare ad indossare capi di tendenza che non siano testati su animali e senza componenti di origine animale come pelliccie, pelli, etc. La domanda di tessuti cruelty-free alternativi alla pelle è in continuo aumento e le tantissime varianti alla pelle animale disponibili oggi sono proprio di origine vegetale, per lo più da prodotti di scarto e da fibre di vegetali molto comuni che spesso troviamo sulle nostre tavole.
Ad aprile 2017 il progetto “Wineleather” (letteralmente “pelle di vino”) vince il primo premio del concorso Global Change Award indetto dalla H&M Foundation e considerato il Concorso Internazionale più importante dell’innovazione nel fashion business. VEGEA Vegetal leather è l’azienda che ha brevettato questa idea, nata dalla mente di Gianpiero Tessitore, architetto di Milano appassionato di eco-design, con l’ambizione di voler trovare alternative green e cruelty-free al posto di pelli animali e sintetiche. Così, in collaborazione con alcuni centri di ricerca specializzati ed insieme a Francesco Merlino, chimico ambientale, hanno analizzato le caratteristiche fisiche e meccaniche di diverse fibre vegetali e la loro capacità di essere trasformate in materiali ecologici. Questo studio ha portato Vegea ad identificare nella vinaccia, composta dalle fibre e olii contenuti nelle bucce e nei semi dell’uva, ottimale per la creazione della prima pelle vegetale ecologica ricavata dal vino attraverso degli specifici trattamenti fisici e meccanici brevettati.
Vegea si presenta come un’azienda di produzione di similpelli vegetali innovative, fondata sui principi etici di sostenibilità, tutela della salute dei lavoratori e dei consumatori, responsabilità sociale e totale rispetto dell’ambiente. L’idea è appunto quella di creare similpelli vegetali ecosostenibili i cui utilizzi spaziano in tutti gli ambiti ed applicazioni del settore della pelletteria: abbigliamento, accessori, arredo, packaging, i settori automotive e transportation.
La lavorazione del Wineleather non richiede la costruzione di nuovi e costosissimi macchinari, poiché viene prodotta utilizzando gli impianti già esistenti delle aziende di produzione di pelle animale e sintetica, a cui vengono effettuate delle piccole modifiche ed integrazioni per adattare i macchinari al nuovo processo produttivo. In questo modo Vegea risponde pienamente alla sua mission unendo il concetto di sostenibilità alla tradizione ed esperienza della lavorazione delle pelle italiana realizzando un prodotto totalmente vegetale, cruelty free, innovativo ed a basso impatto ambientale.
I processi produttivi dei materiali di simil pelle sintetica implicano l’utilizzo dei derivati del petrolio, con un conseguente forte inquinamento e devastante impatto ambientale. Sembrerebbe invece che la produzione del Wineleather sia di gran lunga meno impattante, sebbene al momento non ci sia ancora una descrizione dettagliata al riguardo.
“Questo prodotto è ecosostenibile – racconta Gianpiero Tessitore – dacché nel mondo, ogni anno, vengono prodotti 26 miliardi di litri di vino. Da questo processo produttivo possiamo ricavare quasi 7 miliardi di kg di vinaccia, da trasformare in una materia prima dal grande valore aggiunto, per produrre potenzialmente ogni anno 3 miliardi di m2 di Wineleather.”
Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione green e cruelty-free nell’industria della pelletteria. Non ci resta che aspettare l’anno 2018, momento in cui Vegea promette che avremo i primi prodotti esclusivi che lanceranno ufficialmente Wineleather nel mondo della moda eco-friendly.
Moltissime sono le aziende che si stanno applicando nella produzione di prodotti di moda utilizzando materiali di scarto vegetale. Un altro esempio è il Piñatex della azienda Ananas Anam, materiale ricavato dalle foglie della pianta di ananas. L’invenzione è della designer spagnola Carmen Hijosa, la quale dopo anni di studi e di test ha scoperto che decorticando le fibre di foglie di ananas, che sono un sottoprodotto del raccolto dell’ananas, si ottiene una biomassa simile ad una tela molto versatile che può essere tinta e stampata ed inoltre può essere riconvertita ulteriormente in fertilizzante organico o biogas. Un vero e proprio materiale vegan innovativo e sostenibile giacché utilizza solo i prodotti di scarto e non ci sono ulteriori consumi di acqua e sfruttamento di terreni.
Anche le grandi aziende come Reebok – multinazionale statunitense specializzata nella produzione di sportswear – si sono attivate per avvicinarsi ad una moda sempre più ecologica. Entro fine 2017 verrà messa in commercio la nuova e primissima linea di scarpe vegan “Cotton + Corn” a marchio Reebok prodotte con cotone ed il comunissimo mais.
Il vicepresidente della Reebok Future, Bill McInnis, ha dichiarato che Reebok sta cercando di ripulire l’intero ciclo di vita della calzatura: dai materiali con cui le scarpe sono fatte, a dove vanno a finire quando vengono scartate. Normalmente le scarpe sportive sono fabbricate utilizzando sia pelle animale sia materiali derivati dal petrolio altamente inquinanti e che non sono per nulla biodegradabili. Reebok Future vuole invertire questo trend, grazie proprio ai materiali impiegati: cotone per la tomaia, mais per la suola, ovvero materie prime che crescono naturalmente e che possono essere reintegrate in natura, evitando di utilizzare i derivati del petrolio. Ciò rende la nuova linea green completamente biodegradabile. Questa nuova filosofia aziendale è ancora più apprezzabile, poiché Reebok Future prevede infatti di utilizzare queste scarpe per realizzare del compost quando saranno giunte alla fine del loro ciclo di vita, diventando concime per il terreno in cui si coltiveranno cotone e mais per la nuova produzione di scarpe.
Ultima novità in campo vegan ed ecosostenibile sono le sneaker ULTRA III, la prima sneaker al mondo fatta di alghe, in commercio a partire da luglio 2017. Un progetto nato dalla collaborazione con la londinese Vivobarefoot e la Bloom Foam, un’azienda del Mississipi che si occupa di materiali innovativi ed alternativi alle schiume sintetiche e a base di petrolio. Queste scarpe sono realizzate utilizzando le alghe raccolte da fiumi, laghi ad alto rischio di fioriture algali. Le alghe vengono poi trasformate in una speciale schiuma, che garantisce elasticità e flessibilità ai prodotti.
Le fioriture di alghe tossiche compromettono l’ambiente marino a livello mondiale. I rifiuti chimici, presenti nei fertilizzanti penetrano nei corsi d’acqua e danno origine alle condizioni ottimali per scatenare la crescita incontrollata delle alghe. A loro volta, le alghe rilasciano tossine nocive per l’uomo e gli animali, riducendo l’ossigeno nell’acqua e bloccando la penetrazione della luce del sole che sono le componenti vitali per un sano ecosistema marino.
Ciò può portare ad una moria di massa di fauna locale (mammiferi marini, pesci, uccelli), all’inquinamento di acqua potabile e dell’aria che respiriamo.
Rimuovendo le alghe dai sistemi marini e per utilizzarle in alternativa ai materiali petroliferi si ha una soluzione sostenibile che riduce l’utilizzo di petrolati e contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente marino diminuendo la presenza eccessiva di alghe. In concreto, Vivabarefoot ha dichiarato che grazie a questa innovativa metodologia di produzione ogni paio di sneaker Ultra III aiuterà a far ricircolare 57 litri di acqua filtrata di nuovo negli habitat naturali, e prevenire il rilascio in atmosfera dell’equivalente di 40 palloncini pieni di CO2.
Tante ancora sono le idee nel campo della moda che sfruttano i prodotti vegetali come alternativa alla pelle: un’azienda ha persino lanciato la pelle vegetale derivante da un fungo, un’altra ancora dagli scarti di lavorazione del tofu. Essere vegan vuol dire anche questo essere alla moda in modo cruelty free ed eco-friendly allo stesso tempo.