Non c’è ormai pubblicazione di guida specializzata che non si accompagni al consueto strascico di polemiche e mugugni. Al punto che l’isterico vociare di specialisti e commentatori è andato trasformandosi negli anni in un sommesso rumorino di fondo al quale si fatica sempre più a fare caso. Ha dovuto pensarci, al solito, Carlo Petrini, durante la presentazione della Guida al vino quotidiano, a squarciare quel velo di sonnacchiosa sopportazione: il responsabile massimo di Slow Food ha avuto il paradossale ardire, in quel frangente, di scagliarsi contro le modalità compositive della sua e di tutte le altre guide sul vino, lanciando una nuova sfida. Auspicando, cioè, che le prossime edizioni possano iniziare a rivedere l’intero sistema delle valutazioni: al bando le graduatorie di merito, al loro posto il semplice riconoscimento che il tal vignaiolo è stato in grado di garantire un corretto approccio con il vino e il tal altro ha avuto come musa ispiratrice null’altro se non la qualità complessiva del suo prodotto. Vox clamans in deserto, visto che la sua esortazione, al momento, non è riuscita a smuovere un dibattito che, invece, insiste a fervere, come sottofondo s’intende, sull’oggettività e sulle metodologie di valutazione. Stelle, bicchieri, bottiglie più o meno palesate continuano a raccogliere l’attenzione del mondo del vino come se si trattasse di una vera questione di stato. Là dove, invece, pare di capire che i problemi sono altri. Per esempio la reale efficacia di quelle pubblicazioni, indipendentemente dalla serietà degli autori e dalla professionalità dei degustatori; indipendentemente dai giudizi e dalle predilezioni; indipendentemente dalle graduatorie e dalle giustificazioni postume. Secondo molti vigneron si tratta di prodotti editoriali, oltre che obsoleti – come riconosciuto dallo stesso Petrini – anche poco utili, se l’obiettivo ultimo è quello di indicare ai potenziali consumatori i prodotti su cui concentrare la propria attenzione. E non c’entra nulla l’attendibilità del giudizio o piuttosto la maniacale precisione delle procedure di assaggio. Il problema è un altro, molto più banale. Soprattutto per i vini bianchi e i rosati, e comunque per tutti quei vini che non si possono permettere attese infinite sugli scaffali ma devono essere consumati entro tempi brevi rispetto all’imbottigliamento, il rischio è che la recensione venga pubblicata quando ormai in cantina non ce n’è più nemmeno una bottiglia.
Già, perché quello delle guide di settore non è l’unico strumento di cui si servono gli appassionati per indirizzare le loro ricerche enologiche. Certo, una buona bussola può dare una mano, ma in certi casi vale più un passaparola ben piazzato che cento parole stampate a pagina 323. La quasi totalità delle guide sul vino del nostro paese viene pubblicata nel mese di ottobre: nessuna critica, s’intenda. Quelli sono i tempi tecnici necessari perché il vino, confezionato secondo tutti i crismi, venga concesso in degustazione, venga analizzato, assaggiato e catalogato; e perché i risultati di tutto questo lavoro trovino una veste grafica quanto più accattivante possibile e un lancio pubblicitario più che adeguato. Più che ad ottobre non è possibile uscire. Peccato che a quella data molti produttori siano già rimasti senza alcuni dei vini che hanno ottenuto stelle, bottiglie, bicchieri e si trovino costretti a lasciare con un palmo di naso i non pochi consumatori che si erano fidati di quelle bussole specialistiche e si erano rivolti speranzosi alle cantine per l’acquisto di ciò che non c’è invece più.
Ovviamente la questione è di difficile soluzione, ma ciò non impedisce di lanciare l’allarme. Alcuni vignaioli l’hanno già fatto presente: se strumenti simili possono mantenere una loro comprovata validità per vini dalla lunga vita, che si mantengono nelle cantine e sugli scaffali anche per qualche tempo, da rivedere sarebbero le procedure relative ai vini meno durevoli. Internet potrebbe essere la soluzione ideale, proprio perché immediato e di facile leggibilità. Una sorta di appendice preventiva, dalle modalità operative tutte da studiare, in grado però di fornire indicazioni utili anche per quei vini per i quali oggi le stesse indicazioni risultano del tutto inutili. Oppure un’edizione cartacea anticipata per i vini di comprovata urgenza e quella classica a seguire. Una nuova sfida per autori ed editori, insomma, con l’aggravante che a lanciarla sono stati direttamente i produttori. Stimolando i loro giudici a curare con particolare attenzione non l’imparzialità, non la trasparenza dei giudizi, non l’ortodossia delle procedure. Ma l’utilità. Qualità che per una guida, qualsiasi guida, deve costituire il punto di riferimento imprescindibile.
Di Gianluca Ricci