E vero che le nuove frontiere dell’enogastronomia si sono estese, però trovare uno chef capace di reinterpretare la materia prima locale e di collegarla adeguatamente alla cucina tradizionale italiana non è cosa da poco…soprattutto se ci troviamo in repubblica dominicana, paese conosciuto e frequentato per ben altri piaceri della vita.
Arrivando nella terra di Cristoforo Colombo, per trovare questa chicca culinaria bisogna spostarsi verso est nella zona di Punta Cana, dove sta nascendo uno dei paradisi turistici più importanti del mondo: Cap Cana. Indubbiamente offrire un prodotto ad un consumatore e soddisfarlo è molto piu semplice quando si è inseriti in un contesto come questo e lo è ancora di più quando certe preparazioni dello chef si possono apprezzare seduti ad una tavola che si affaccia direttamete sullo splendido anfiteatro che offre la Marina di Cap Cana, nella Repubblica Dominicana.
La cucina, quella vera però, è un’altra cosa…non lascerà mai che l’effimero possa prendere il sopravvento e metterla in secondo piano… quindi, alla fine, ciò che vince e che è l’unica cosa in grado di garantire la continuitàdel risultato, sono la qualità e l’equilibrio dei sapori che si offrono al cliente.
Questo è quello che è riuscito ad ottenere Marco Badalucci, un giovane chef campano, più precisamente di Procida, l’isola che Elsa Morante amava a tal punto da descriverne le bellezze con queste parole: ”Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei di essere uno scorfano, ch'è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell'acqua.»
Da un luogo del genere non poteva che nascere un artista con la capacita e la sensibilità di cogliere le piu piccole sfaccettature del prodotto a sua disposizione, dote chiaramente sviluppata e ampliata grazie a molti anni di esperienze a tutti i livelli di ristorazione in Europa. Le più importanti tra tutte, quella al ristorande “Le Calandre” di Rubano (3 stelle Michelin) ed al “Gambero Rosso” di S. Vincenzo (2 stelle Michelin) con due tra i più grandi chef a livello mondiale.
Marco ha deciso di accettare la sfida di creare qualcosa di impegnativo a livello enogastronomico in un paese ancora non abituato ad un certo tipo di ristorazione; ad accompagnarlo in questa sfida ed a volerlo a tutti i costi a far parte del suo team c’è Thomas Sartori, che oltre ad essere un sommelier professionista affermato, è stato il primo ad accettare la sfida caraibica e ad iniziare lo sviluppo del progetto con il ruolo di general manager.
In un caldo… e non poteva essere diversamente… sabato arriviamo alla Marina di Cap Cana e ci troviamo in un ambiente surreale… quasi fiabesco. Incontriamo Amarcord (così si chiama il ristorante in onore alla italianità di Federico Fellini): si affaccia direttamente in un angolo che comprende il golfo della marina e l’imboccatura del porto… in un mare di un verde meraviglioso. All’ingresso siamo accolti con garbo da una hostess che ci invita ad entrare e, sorpresa… lo stesso colore del mare lo ritroviamo inserito nel pavimento in alternanza con pietra corallina ed inserti in legno: uno spettacolo. In un ambiente sobrio ed elegante ci sediamo in poltroncine comodissime ed inizia lo show.
Ci viene servito un gambero crudo farcito con uova di lompo ed un bicchierino di succo di pomodoro freddo come amuse bouche in accompagnamento ad un flute di prosecco, per poi partire con un gazpacho di ricotta con aragosta al vapore, insalata tropicale e riso venere (il sommelier Fausto Ressia, nonostante le origini piemontesi, seleziona per noi un Sauvignon Blanc altoatesino in accompagnamento). Il pranzo prosegue con un’ode al pomodoro: caprese calda con crostini di pane aromatizzati, poi ravioli farciti di pomodoro con salsa di zucchine, pomodoro e gamberi, accompagnata da pinot bianco riserva… meravigliosi soprattutto se si considerano gli ingredienti assai differenti da quelli che siamo abituare a maneggiare in Italia.
Con un Pinot Noir arriva un filetto di Chillo (un pesce paragonabile ad un nostro pagello, che vive in questi mari) servito su una purea di patate e gratinato con una fetta di coppa piacentina.
Piccolo pre dessert con panna cotta al pepe rosa servita in un cucchiaio di ceramica e “Mango su Mango”, consistenze diverse partendo dallo stesso frutto. In pasticceria a collaborare con Marco c’è un’altra mano italiana, quella di Gianluca Cappuccio che forse, proprio in onore del nome che porta ci propone un dessert servito in una tazza da Cappuccino: spuma calda di cioccolato con gelato al caffè e peperoncino, accompagnata da un passito da uve vespaiola e dalla piccola pasticceria, con selezione di grappe e distillati e caffè ottenuto da miscele locali.
Due medaglie più che meritate quelle assegnate dall’Accademia della Cucina Italiana al Ristorante Amarcord ed a Marco Badalucci per riuscire ad offrire un cosi alto livello di accoglienza e di cucina in un paese in cui nessuno si sognerebbe di andare per una esperienza gourmet… che sia l’inizio per far diventare Cap Cana una destinazione gastronomica oltre che turistica?
Di La Madia