La bellezza e le contraddizioni di isole vicine e lontanissime
Situate nel Mar Tirreno di fronte alla costa calabra, ma in provincia di Messina, le Isole Eolie, arcipelago di origine vulcanica, sono così vicine ma così difficili da raggiungere. I traghetti, come gli aliscafi, con il passare degli anni hanno diminuito e continuano a diminuire la frequenza delle loro corse. Dicono gli isolani che negli anni ‘60 i collegamenti registravano il doppio delle partenze attuali ed a quel tempo i turisti che arrivavano erano veramente pochi, solo una piccola ridotta elite. Oggi le comunicazioni sono scarse, le prenotazioni dei posti non sempre fluide e gli orari e i giorni di partenza non sempre certi.
Le cabine sulla nave che salpa la sera da Napoli si ottengono con meccanismi di prenotazione che sfiorano il mistero: capita di chiamare il centralino della Siremar o della Tirrenia ogni giorno per molti giorni consecutivi e di sentirsi rispondere che le prenotazioni non sono state ancora aperte e che non si può prevedere quando lo saranno e poi la mattina del giorno seguente a quella in cui ancora nulla era noto, si scopre che non solo le prenotazioni sono state aperte (durante la notte?) ma anche richiuse e non c’è più nessuna cabina disponibile. Tutte vendute: scusi come? Scusi quando? Non c’è risposta e non è mai dato di sapere.
Le Eolie sono state nominate nel 2000 patrimonio dell’Umanità, ma è probabile che tale nomina sarà revocata e che nel 2008 saranno escluse dall’elenco a causa della cava di pomice di Lipari mai chiusa e a causa, sempre a Lipari, della prevista realizzazione di un maxi porto turistico, opera non contemplata e non ammessa nei programmi di salvaguardia dell’ambiente.
Eolie, vicine quindi ma non facili da raggiungere: sono in Sicilia ma ogni isolano vi dirà che lui è prima di tutto eoliano e non siciliano, rivendicando con orgoglio l’appartenenza ad una civiltà insediatasi su questi scogli in epoca antichissima, molto prima dell’arrivo dei coloni della Magna Grecia. Isole di origine vulcanica con 2 vulcani ancora attivi (Stromboli e Vulcano), quindi con le stesse caratteristiche geologiche, ognuna ha peculiarità e anima proprie e le si ama tutte, anche se poi si sceglie quella più in sintonia con il mood del momento.
Per noi stavolta è Salina.
Il nome deriva da una piccola laguna in riva al mare dove un tempo si estraeva il sale; è dopo Lipari, la seconda isola per estensione e per popolazione.
Divisa nei tre comuni di Santa Marina, Malfa e Leni, si chiamava Didyme (che in greco antico significa gemelli) per i due caratteristici monti, il Fossa delle Felci (961 m) e il Monte dei Porri (860 m), che conservano la tipica forma a cono dei vulcani, ma che sono placidamente addormentati e ormai ricoperti di abbondante vegetazione, in grado di conferire al panorama un’impronta fertile e ridente, bucolica e riposante. Isola verde e agricola, vi si coltivano i capperi e le uve di Malvasia, portate dai Greci nel IV secolo a.C. La viticoltura è del tipo definito eroico: gli appezzamenti sono piccoli, i filari si arrampicano su terreni scoscesi e tutto il lavoro in vigna è fatto a mano. Le vigne, molto frazionate, sono di proprietà di una sessantina di produttori, 47 gli ettari vitati ufficialmente censiti, ma nella realtà, la superficie coltivata raggiunge i 90 ettari con i produttori della domenica che hanno piccoli appezzamenti tenuti come giardini e le loro uve, assai ricercate, confluiscono nelle principali cantine di Salina. 200mila le bottiglie prodotte ogni anno, il fatturato complessivo non arriva a 2 milioni di euro, 12 le cantine sull’isola.
La tecnica di coltivazione è immutata da secoli, l’allevamento è a spalliera, a pergolette basse o a controspalliera, con potature miste o lunghe; le uve sono appassite sulla pianta con vendemmia tardiva, oppure raccolte a maturazione avanzata, allargate su cannicci ed esposte al sole, quindi ritirate ogni notte e poi vinificate dopo 10/15 giorni: ne risulta un vino dolce, profumato, dal colore fra l’oro e l’ambra. Prima di procedere ad una pigiatura soffice, il grappolo è diraspato.
La fermentazione si protrae fino a gennaio-febbraio quando si effettua la svinatura all’aria a cui segue l’affinamento in botte colma. Il Malvasia delle Lipari Passito potrà essere venduto solo a partire dal 1° giugno della vendemmia dell’anno successivo. Il disciplinare DOC è del 1973 e prevede 95% di Malvasia con l’aggiunta di un 5% di uva Corinto nero che dà al vino il caratteristico colore ambrato. La gradazione alcolica: Malvasia delle Lipari Naturale 11,5°, Passito 18°, Liquoroso 20°.
Sull’isola meno di 3000 abitanti d’inverno, ma il numero dei residenti aumenta vertiginosamente in estate e a Salina ci sono alcuni alberghi fra i migliori delle Eolie.
Capofaro Resort, fra Malfa e Santa Marina, prende il nome dal faro posto su un promontorio a picco sul mare, ed è immerso nei 5 ettari di vigne di Malvasia di proprietà della famiglia Tasca d’Almerita. Elegante, appartato, panoramico ha una piscina indimenticabile, stanze dal design moderno e minimale, una suggestiva sala di soggiorno in un’antica struttura isolana e ovunque il colore bianco a far da tema conduttore.
L’Hotel Signum a Malfa si raggiunge percorrendo vicoli stretti e stradine nascoste per arrivare sulla terrazza che si apre sul mare, su Panarea e su Stromboli sempre impennacchiato dal fumo del vulcano. Ambienti romantici, mobili etnici e antichi ed è come arrivare in una bella casa di amici dove l’ambiente è cosmopolita e ad un tempo affettuoso e discreto.
Da poco vi è stato inaugurato un centro di oltre 500 mq dedicati al benessere, l’unico di Salina, alimentato da acque di una sorgente trovata nei terreni dell’hotel. La nuova struttura è un piccolo capolavoro di sintesi fra sicilianità e cultura mediterranea.
L’Hotel Ravesi, accanto alla chiesa e alla piazzetta di Malfa, è un piccolo albergo a conduzione familiare, appena inaugurato. Ha una piscina a sfioro panoramica, un bel giardino dove si alternano pomeriggi di musica ed eventi letterari, un piacevole senso dell’ospitalità. Il fedele restauro ne ha conservato i terrazzi coperti (bagghiu), le massicce colonne (pulere), l’antico palmento dove si produceva vino, ora adibito a bar.
Il Teatro degli chef
Il pesce siciliano è stato il protagonista del “Teatro degli Chef”, momento conclusivo del “Malvasia Wine & Tour”, che si è svolto nella piazza Santa Marina a Salina. Il pubblico ha potuto assaggiare le delizie cucinate dagli chef di alcuni ristoranti delle isole Eolie.
Un importante momento di confronto e di crescita, che dovrebbe andare a qualificare l’offerta delle Eolie. Sono i ristoratori di Salina Marilena D’Albora del ristorante Porto Bello e Fabio Giuffré di ‘Ni Lausta ubicato nel centro cittadino, i vincitori del “Teatro degli chef”. Sulla cucina Molteni allestita in piazza si sono sfidati tra i fornelli cinque chef delle Eolie cucinando piatti a base di tonno e malvasia. La giuria, composta da giornalisti esperti nell’enogastronomia, ha premiato la semplicità e il gusto particolare dei “vasetti di tonno” (con cipolla all’agrodolce, peperoni, mandorle fritte e fiori di basilico) di Fabio Giuffrè e del “mattone di tonno al profumo di Salina” di Marilena D’Albora (con capperi, malvasia, mollica, cipolla e finocchetto).
Sul palco allestito nella piazza si sono sfidati anche Gaetano Nanì del ristorante Hycesia di Panarea, Piero Oliveri di D’Alfredo in cucina a Salina e Lucio Bernardi dello storico locale Filippino a Lipari.
La ristorazione di Salina si esprime anche in formule di approccio molto popolari: famosissimo è Alfredo a Lingua che, sulla Piazza di Marina Garibaldi, serve enormi pani cunzati (ovvero conditi con pomodorini, cipolla, capperi, tonno) insieme a celebri granite di pesca, gelso, cocomero o altra frutta fresca.
L’Ariana, a Rinella, è un’antica villa patrizia che, fino al secolo scorso, è stata l’abitazione della famiglia Lopes.
Il tetto della palazzina è sormontato da una fila di figure di sacerdoti-guerrieri, i “Mamoni”, ormai diventati il simbolo dell’isola. Le stanze, anche se oggetto di varie ristrutturazioni, hanno mantenuto le caratteristiche delle case eoliane, con i muri spessi e la luminosità e la frescura tipiche delle abitazioni locali. In ognuna di esse ci sono mobili che sono appartenuti alla famiglia e che contribuiscono a conservare all’hotel quell’atmosfera di stile d’altri tempi.
All’interno delle antiche dimore delle famiglie dei “Mercanti di mare” Lo Schiavo e Lauricella, è nato l’Hotel 5 Balconi, impregnato di storia locale. Le abitazioni costruite tra la prima e la seconda metà dell’800 raccontano, dalle originali maioliche all’antico forno, un periodo di ricchezza economica che segnò l’economia locale di quegli anni.
Fiaccole di sera per la cena o l’aperitivo sul suggestivo terrazzo a picco su Punta Scario; tatami, cuscini ed un buon drink al tramonto, sono le attrattive dell’Hotel Santa Isabel a Malfa. L’Hotel si compone di dodici sistemazioni; di queste otto sono suite, due suite superior e due sono camere standard. I costi del pernottamento variano a seconda della fascia/periodo andando da un minimo di 60 euro a persona ad un massimo di 140 euro.
A Lingua, accanto alla “salina” da cui prende il nome l’isola ed a pochi metri dal mare, un antico complesso edilizio restaurato nel rispetto della architettura marinara eoliana è diventato Hotel La Salina Borgo di Mare.
Capperi in Via di rstinzione
Carlo Hamer
, viticoltore d’eccellenza, ha aggiunto alla propria linea di vini anche i capperi di Salina sotto sale e a conferma del suo rispetto per questo prodotto che qui assume caratteristiche di indubbia biodiversità, ha acquistato nelle campagne un antico calibratore in legno che ancora usa per selezionare le diverse misure.
Santino Rossello, isolano doc, non ha dubbi sul fatto che il cappero di Salina – ma in particolare quello che si trova nella caldera del vulcano spento di Pollara – sia il migliore al mondo per consistenza, compattezza, profumo…
Il suo entusiasmo è però molto mitigato dalla consapevolezza che abbandono delle campagne e speculazioni (attraverso l’acquisto di capperi provenienti dall’Africa) stanno mimando l’immagine dell’antico cappero di Salina. Già la sua produzione totale è scesa dai 4500 quintali registrati fino all’83, ai 700 quintali scarsi di oggi.
Se si considera che ogni pianta produce in media, nella stagione, da un chilo e mezzo a cinque chili di capperi, si capisce come la sua raccolta – da maggio a ottobre, al mattino presto per evitare il solleone – risulti ormai troppo impegnativa rispetto alla sua pur sempre scarsa remunerazione.
“Basterebbe alzare il prezzo dell’autentico cappero di Salina per preservarne la sopravvivenza e distinguerlo dai “falsi” – sostiene Santino – Ma manca la mentalità, l’orgoglio. Io ho accordi con alcuni vecchi dell’isola che ancora mi garantiscono un raccolto costante”. La raccolta a mano avviene con i ritmi e i sistemi di sempre: i boccioli della pianta (capperi) e i fiori (cucunci) vengono stesi all’ombra per una giornata. A sera vengono messi a maturare per almeno dieci giorni con sale marino secco e travasati quotidianamente nelle “tine” per arieggiarli ed evitare che l’umidità li rammollisca. Quindi, posti in recipienti da tre/quattro quintali, vi rimangono per circa due mesi. Infine, selezionati nei diversi calibri e conditi (se necessario) sono posti in sacchetti o nei vasi di vetro.
Garante della corretta filiera e della qualità del prodotto, Santino Rossello ha creato una piccola linea di specialità di Salina, capperi in primis (sotto sale, ma anche conditi e in forma di salsa) a cui via via ha aggiunto deliziose marmellate di agrumi, tonno e sgombro sott’olio, conserve di verdura all’eoliana (Delizie eoliane – Tel. 338.6420622).