Antico Palmento, della famiglia Garofano, è tra le cantine che hanno contribuito al rilancio qualitativo del Primitivo, in particolare con le loro etichette di punta: Acini Spargoli e La Dolce vita. Ciò grazie alla ristrutturazione di un palmento secolare, a un terroir ottimale e alla filosofia aziendale: nessuna scorciatoia, pochissimi interventi mirati, per vini essenziali e autentici.
L’Antico Palmento è un’azienda a conduzione familiare ubicata nel centro di Manduria.
Nasce dalla passione di Bruno Garofano che, dopo quarant’anni di collaborazione e consulenze enologiche per diverse cantine pugliesi, decide di mettere la propria esperienza a disposizione dei figli e avvia un’attività vitivinicola nel cuore di una delle aree più vocate della Puglia.
La filosofia di produzione sia in vigna sia in cantina è sempre la stessa: nessuna scorciatoia, pochissimi interventi mirati.
L’intento è quello di produrre vini in quantità limitata che siano interpreti della migliore espressione del territorio. Si punta forte sugli autoctoni.
L’attenzione è in gran parte focalizzata sul vitigno principe di questa zona: il Primitivo, dal quale scaturiscono i due nettari simbolo della cantina, il Primitivo di Manduria Doc Riserva Acini Spargoli e il Primitivo di Manduria Dolce Naturale Docg La Dolce Vite.
Il primo presenta una veste brillante color rosso rubino, ricco di intensi sentori di bacche rosse, caffè e liquirizia; il palato conferma le note olfattive, regalando calde sensazioni di frutta secca e spezie dolci.
Il secondo mostra una colorazione rubino intenso con riflessi granati; il naso è austero e ampio, con ricordi di frutta matura a bacca rossa, con lievi note mielate e speziate; in bocca è avvolgente, vellutato, con una delicata percezione tannica e una equilibrata acidità, concludendo con opulenti note di fichi secchi.
Essenziali e autentici, spogliati di tutto il superfluo vanno dritti al cuore.
Mariangela e Gabriele, con il supporto del padre Bruno, seguono tutto il processo produttivo, l’una – da biologa – seguendo la parte tecnica della produzione e vigilando soprattutto sulla fermentazione, l’altro coltivando e curando il vigneto. “Siamo coraggiosamente tornati alla terra, e per noi questo è il migliore dei mondi possibili.
Ci piace farci chiamare contadini: crediamo in questo territorio e ne portiamo orgogliosamente avanti la voce, convinti delle sue più che immense potenzialità”.
Con quale definizione descrivereste i vostri nettari?
“Essenziali e autentici, spogliati di tutto il superfluo e in grado di andare dritti al cuore.
Di cosa profumano? Di una famiglia unita”.
Si fa presto a dire “palmento”…
L’etimologia del termine “palmento” è incerta, si pensa derivi dal sostantivo latino pavimentum, parola che proviene, a sua volta, dal verbo “pavire” (battere).
Un “pavimento” quindi, una vasca larga e poco profonda ricavata dalla roccia, nella quale l’uva, una volta pigiata con i piedi, veniva lasciata a fermentare.
Quello che è certo è che i palmenti sono frutto di una storia antichissima, la cui plurimillenaria esistenza ha come culla il Mediterraneo, trovando nell’Italia meridionale la sua massima diffusione, evolvendo nella forma architettonica che conosciamo attualmente, grazie a un favorevole terroir.
Il materiale calcareo, infatti, di cui è formato il suolo, la sua morbidezza e l’attitudine alla possibilità di lavorazione, fanno sì che queste cantine siano ricavate scavando direttamente la duttile roccia.
Così nascono i palmenti nel sud Italia.
“La nostra azienda familiare, nasce proprio in un vecchio palmento, dismesso sul finire degli anni 60”, spiegano i fratelli Garofano.
Fabbricato nei primissimi anni del 1900, ha la tipica struttura di un opificio di quel tempo: essenziale e funzionale, stretto e lungo, unisce due strade parallele.
Composto da una navata unica che poggia su volte a stella, tipica espressione dell’architettura del Mezzogiorno, ha un piano interrato formato da cisterne di varia grandezza, riprese con il cemento armato nei primi anni 10, che costituiscono lo scavo primario, da cui ha preso vita l’intera struttura.
Sul piano stradale, protetti dalle volte di tufo dipinte da strati secolari di calce, si trovano i classici “fermentini” in muratura. Vasche sopraelevate, con un ampia apertura di carico superiore, per consentire l’ingresso delle uve pigiate ed una bocca di scarico sulla parete frontale, chiusa da un robusto e antico portello in legno.
Protagonisti indiscussi della vinificazione, i fermentini e le vecchie cisterne in cemento, sono oggi di nuovo attivi. L’intera costruzione è stata, difatti, restituita all’operosità, dopo un attento restauro conservativo, che ha permesso di riutilizzare tutti gli spazi e le strutture produttive senza alterarne l’originalità.
Il terroir di Manduria e la dedizione dell’uomo, hanno reso grande il Primitivo.
“La magia del nostro territorio si respira in ogni suo angolo.
Dai litorali selvaggi nutriti dalle più svariate specie botaniche che compongono la macchia mediterranea, all’entroterra ricco di alberi d’ulivo millenari e vigne antiche che si estendono fino a dove l’occhio riesce ad arrivare. L’architettura ancestrale dei muretti a secco in pietra, dei trulli, delle costruzioni rurali, delle ‘pagliare’, delle bianche masserie in tufo che hanno come sfondo il blu dello Ionio, che mitiga il nostro clima e accarezza con le sue brezze, i grappoli piccoli e bluastri di Primitivo, che maturano sotto il sole di Puglia: questo è il nostro patrimonio e il nostro orgoglio.” – così Mariangela racconta la sua terra.
L’agro di Manduria è situato nel Salento settentrionale, in una piana che dal mare, con una fascia costiera lunga 18 km, si estende lambendo la provincia di Brindisi.
È sicuramente a opera di popolazioni greco-balcaniche che, circa 3000 anni fa, il Primitivo giunge in terra di Puglia, trovando qui terreno e clima idonei alla sua crescita.
“Terra Rossa” la chiamano vignaioli e contadini della zona; ricca di argilla e ossidi di ferro, è ideale per lo sviluppo delle nodose e robuste piante di vite, allevate ad alberello, resistenti al caldo e alla scarsità idrica, regalando uve cariche di zuccheri.
Una Terra che, finalmente, dopo decenni di produzioni esportate in tutta Italia ed Europa come vino da taglio, trova qui oggi il suo riscatto in nettari di altissima qualità, che riempiono bottiglie prestigiose, vendute in tutto il Mondo.
[Questo articolo è tratto dal numero di marzo-aprile 2025 de La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello sfoglia online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi la rivista cartacea]