61 miliardi di dollari
negli USA, 3,2 miliardi
di euro in Italia, 10%
del fatturato mondiale:
i gay spendono il 38%
in più rispetto
al viaggiatore comune
e diventano
una voce importante nella borsa del turismo.
Esiste un’Italia dove alla Camera dei Deputati non riesce a passare una legge contro l’omofobia, dove un deputato può tranquillamente affermare che i gay sono come i ladri e un ex sottosegretario stizzirsi e protestare per una pubblicità gay-friendly.
Ma c‘è un’Italia che invece guarda al mondo gay, anzi GLBT (gay, lesbian, bisex e transgender), con molta più attenzione. Senza ipocrisie, paure, dogmi ecclesiastici. Perché lo considera un’opportunità.
Capita così che la manifestazione NoFrills, importante evento business to business per il settore turistico che si svolge a Bergamo a settembre, abbia ospitato al suo interno la prima edizione dell’Expo Turismo Gay. Cosa avrà spinto gli organizzatori a dare voce a questo segmento turistico? Un afflato benevolo e di civiltà? Forse (speriamo).
Di certo contano i numeri: in Italia il turismo GLBT rappresenta il 7% del fatturato complessivo, per un valore di 3,2 miliardi di euro. Un dato importante, che potrebbe anche crescere, visto che nel mondo il 10% del fatturato del comparto turistico è generato dal turismo GBLT e che negli USA ha un peso di 61 miliardi di dollari. Insomma, in un periodo nel quale la crisi economica incide anche sui dati turistici (basta consultare il Rapporto 2010 sul turismo redatto dall’Istat, che registra lo 0,8% in meno di presenze turistiche nel 2008, analogo dato nel 2009 e -0,7% nel 2010, numeri in contenuto calo soprattutto grazie alla crescita di presenze di turisti stranieri), il turismo GLBT non può essere trascurato.
Lo conferma Paolo Bertagni, amministratore NoFrills, così come Francesco Granese, direttore Confindustria Assotravel: “Il turismo GLBT è una nicchia in crescita che va seguita soprattutto perché si tratta di un turista con capacità di spesa maggiori, ma con esigenze specifiche”. Dagli esperti di marketing, il turista GLBT viene considerato un’opportunità, in quanto “Dink” ovvero “Double Income No Kids”.
I gay spendono in media il 38% in più di un normale viaggiatore, perché non devono affrontare le difficoltà economiche di chi deve sostenere una famiglia. Insomma, ad affermare certi diritti, dove non è arrivata la civiltà, forse contribuiranno motivi economici. Meno nobili, sì, ma di certo più convincenti…
Intervista a…
Alessio VIRGILI
Presidente dell’Associazione Italiana Turismo Gay & Lesbian
e direttore di Qiiky, tour operator e agenzia di viaggi specializzata nel turismo GLBT
Il Turismo GLBT è una tipologia dedicata ai viaggiatori Gay, Lesbian, Bisex e Transgender che prediligono le vacanze in destinazioni gay-friendly. Non vogliono quindi, negli alberghi dove vanno, trovarsi di fronte ad equivoci, tra cui i più comuni sono i letti separati per le coppie o, ancor peggio, gli strani ammiccamenti del personale. Per questo dall’estero verso l’Europa tendono a scegliere catene alberghiere internazionali dove si conoscano gli standard di servizio omologati, come per Hilton, prediletto dal 9% di questi viaggiatori, e Marriot (7%).
Si tratta di un turista colto, che, una volta giunto a destinazione, nel 51,7% dei casi va a trovare amici della comunità GLBT o frequenta bar e locali gay friendly (44,8%), ma non perde, (49,8%) le principali attrattive culturali e turistiche, e segue almeno un evento culturale, come un concerto o una mostra (42,6%). Va poi a fare shopping di beni di qualità (40,3%).
È un turista che acquista molto online (80% delle volte) per evitare spiacevoli equivoci nell’incontro diretto con il dettagliante. “Il turismo gay è in crescita – dichiara Alessio Virgili, presidente dell’Associazione Italiana Turismo Gay & Lesbian e direttore di Qiiky, tour operator e agenzia di viaggi specializzata nel turismo GLBT – e costituisce un’opportunità per le agenzie di riportare clientela nei propri punti vendita, poiché trattandosi di un mercato di nicchia, con determinate esigenze e abitudini, diverse da quelle della massa, ha necessità di una vera e propria consulenza, quella appunto dell’agente di viaggio, che non può avere invece dai portali web”.
• L’Italia è un paese considerato gay-friendly in ambito internazionale?
L’Italia ad oggi non è percepita come un Paese gay-friendly dalla stragrande maggioranza dei cittadini gay europei e statunitensi. La percezione che si ha dall’esterno è di un pPaese profondamente cattolico dove non esistano espressioni della comunità gay alla luce del sole. Ma così non è. Inoltre si ha l’idea che in Italia ci sia un alto tasso di omofobia. Rispetto a questo, forse anche suscitando un certo scalpore, mi sento di affermare vivamente che l’Italia e il popolo italiano non sono più omofobi dei cittadini di San Francisco. Molto spesso assistiamo ad atti di violenza nei confronti di omosessuali che vengono catalogati come episodi di intolleranza mentre sarebbero da classificare come semplici violenze, poiché l’aggressore era inconsapevole dell’orientamento sessuale della propria vittima. Non voglio chiudere gli occhi. Sicuramente alcuni di questi casi sono realmente legati all’omofobia, ma come accadono in Italia accadono anche a San Francisco, che è la capitale della comunità gay internazionale”.
• Quali iniziative si possono intraprendere per incrementare questo settore turistico?
Partiamo da un errore di comunicazione: l’Italia all’estero difficilmente riesce a dare risalto alle belle iniziative, come ad esempio il Gay Village di Roma, una delle manifestazioni gay più grandi e di lunga durata (ben 3 mesi l’anno) d’Europa: un esempio di integrazione che vede circa 300.000 presenze a stagione, molte delle quali rappresentate non solo da un pubblico gay ma anche eterosessuale, segnale della forte integrazione che una città come Roma dimostra, diversamente da quello che viene spesso raccontato. Ma penso anche alla presenza di un simbolo forte come la gaystreet di fronte al Colosseo, oppure alle città di Catania e Taormina, mete gay in un profondo sud spesso considerato arretrato.
L’Italia, come Stato e come sistema-Paese, deve innanzitutto capire che il turismo gay è un settore in crescita e non trascurabile. È importante ampliare l’offerta dedicata alla comunità gay e creare un networking tra le realtà turistiche. Poi è importante trasmettere una cultura dell’accoglienza anche nei confronti delle diversità e questo può avvenire solo attraverso una formazione degli operatori turistici sul “diversity management” così che possano imparare a trasformare le diversità in risorse. Infine, torno sulla comunicazione: è necessario comunicare ai viaggiatori stranieri un’altra immagine dell’Italia, quella di un Paese accogliente e per nulla omofobo. Questo può avvenire solo attraverso una serie di segnali importanti, come ad esempio la realizzazione di aree informative per il turismo gay sui principali portali web istituzionali come ha già fatto la Regione Toscana, e organizzando una serie di viaggi media e per gli operatori turistici internazionali specializzati nel turismo gay per conoscere da vicino le realtà gay-friendly italiane così da innescare un passaparola positivo.
• Cosa deve offrire una meta gay-friendly?
Una destinazione si definisce gay-friendly innanzitutto quando non ha leggi discriminatorie nei confronti dei gay. Poi deve avere un’ampia offerta turistica dedicata ai viaggiatori gay: locali, bar, spiagge, hotel che si dichiarano apertamente gay-friendly. I gay, come tutti i viaggiatori, in vacanza amano vivere in piena libertà, socializzando ed essendo se stessi. Molte destinazioni turistiche hanno compreso l’importanza di questa nicchia di mercato e ogni anno, nei propri badget di bilancio, dedicano fondi alla promozione di questo turismo.
• Qual è l’identikit del turista gay medio?
Spende in media 800 euro a vacanza contro i 550 euro degli etero. Ma la cosa più importante è la frequenza con cui viaggia all’anno: 3 viaggi per vacanza, 2 per visitare amici e parenti, almeno 1 per viaggi di lavoro. Sicuramente una buona percentuale prenota direttamente anche se nel 2010 e 2011, come Quiiky, abbiamo avuto una controtendenza: il fatturato generato dalle nostre agenzie è del 70% rispetto a quello prodotto dal cliente diretto che prenota sul nostro sito. Circa il 59% dei gay si rivolge alle agenzie di viaggio per destinazioni che non conosce e per destinazioni a lungo raggio. La maggioranza viaggia singolarmente (63%) e il restante in coppia o con amici.
• Il valore economico del turismo gay potrebbe far venire meno alcuni pregiudizi che purtroppo ancora oggi sono presenti in Italia?
Sì. Eppure capita ancora che anche di fronte alla prospettiva di un maggior guadagno ci sia chi tentenni. Per fortuna parliamo di una minoranza. Stiamo assistendo ad un cambiamento, e l’italiano medio oggi non può dirsi omofobo, ma sicuramente tollerante. E dalla tolleranza stiamo passando alla comprensione e accettazione delle diversità: il numero di hotel che si dichiarano gay-friendly è aumentato del 60%; come Quiiky abbiamo circa 3.000 agenzie di viaggio in Italia che lavorano con noi ed espongono il nostro materiale non preoccupandosi della reazione del cliente eterosessuale; circa l’80% delle agenzie secondo una recente ricerca dell’osservatorio Guida Viaggi è pronta a dichiararsi apertamente gay- friendly.
Per il 79% dei gay il cibo è un motivo di scelta della destinazione di un viaggio.
“Ma non esistono ristoranti esclusivamente dedicati alla clientela gay -spiega Alessio Virgili-. Ci sono ristoranti che si pubblicizzano come gay-friendly, come accade per gli hotel. Spesso non offrono nulla di diverso rispetto a quelli che non si dichiarano gay-friendly, se non la garanzia per il cliente di poter essere se stessi senza che nessuno possa giudicarlo. Coloro che non si pubblicizzano gay-friendly non necessariamente hanno pregiudizi, ovvero non per forza non permettono ai loro clienti di essere se stessi ma, non esprimendolo apertamente, restano un’incognita per il cliente gay. In Italia ci sono diversi locali che offrono anche dei servizi dedicati alla clientela gay, come ad esempio spettacoli gay oriented”.
Analizzando l’offerta dei ristoranti gay oriented, si nota come l’attrattiva sulla quale puntano sia proprio il fatto di essere locali dedicati ad un preciso target invece che sulla qualità dell’offerta gastronomica. Predominano, infatti, le formule tutto compreso, i 30 euro menu fisso, le carte con portate stuzzicanti più nel nome che nel piatto.
“Eppure, se penso alla cerchia delle mie amicizie -spiega Angelo Berca, amministratore di Travel Gay, agenzia turistica dedicata al settore GLBT con sede a Genova e attività soprattutto online- chi apprezza un buon champagne o i gamberoni di Santa Margherita sono i gay, non gli eterosessuali. I gay hanno una sensibilità molto sviluppata verso il bello e il buono, sono un pubblico interessato e hanno un budget di spesa per il divertimento superiore alla media, quindi possono destinare più denaro anche per le spese al ristorante”.
• Cosa differenzia un’agenzia di viaggio gay da una tradizionale?
Da noi si possono trovare quelle piccole strutture, magari con venti camere, esclusivamente per gay, che sono fuori dai circuiti dei tour operator tradizionali. Si trovano in Messico, in Florida, nelle Gran Canarie, a Mykonos. Il turista gay cerca meno il pacchetto preconfezionato, magari risparmia sul volo, ma preferisce spendere per la vacanza, uscendo fuori tutte le sere e alloggiando in strutture migliori. L’agenzia di viaggio gay svolge realmente il ruolo di tour operator, perché deve mantenere rapporti costanti e diretti con strutture sparse per il mondo e costruire dei pacchetti, mentre le agenzie tradizionali che si definiscono tour operator in realtà molto spesso acquistano pacchetti preconfezionati.
• Quando sono nate le prime agenzie di viaggio esclusivamente per gay?
Poco prima del 2000, con lo sviluppo di internet.
• Chi è il vostro cliente medio?
Il gay che si rivolge all’agenzia è mediamente un quarantenne, libero professionista, che spende dai 4000 ai 6000 euro all’anno per il turismo. Per la vacanza lunga predilige decisamente mete estere, ma per i weekend durante l’anno, che organizza quasi mensilmente, opta spesso per mete italiane.