21/06/2010
Che il web costituisca il mezzo di comunicazione oggi più popolare, democratico, economico e universale, è evidente pleonastica banalità. Ma che proprio per questo motivo possa essere anche un mezzo pericoloso utilizzabile da chiunque e per qualsiasi scopo, è cosa altrettanto lapalissiana.
Nel settore del turismo e dell’ospitalità il web è infatti nel contempo strumento primario di pubblicità positiva per alberghi e ristoranti, ma anche arma di distruzione della loro immagine, a disposizione di potenziali diffamatori.
E’ proprio il grande mondo del web che ci informa del pericolo: a fronte di recensioni veritiere su strutture alberghiere di tutto il mondo (sia in positivo che in negativo), ce ne sarebbero milioni completamente false. Si va dall’albergatore che promuove la propria struttura esaltandola al di là del suo effettivo valore, fino al volgare delatore che per vendetta, per puro protagonismo, per motivi di concorrenza, spara commenti velenosi, perloppiù infondati, mediante i portali dedicati.
Pare – sempre da fonte web – che delle venti milioni di recensioni pubblicate su alberghi e ristoranti da Tripadvisor (uno dei più cliccati siti di consultazione da parte dei viaggiatori), addirittura un terzo sia del tutto “tarocco”.
Il problema è che chi viene diffamato senza ragione subisce un danno irreversibile – in quanto le recensioni non vengono più rimosse – e difficilmente può ottenere giustizia.
Quel tipo di portale infatti, mentre tutela l’anonimato dei più spietati killer telematici, non lo fa affatto con i titolari di esercizi pubblici in generale, esposti ai gratuiti attacchi del primo vigliacco che, forte della propria “invisibilità”, fa il suo sporco lavoro di untore in totale libertà. E senza che la propria vittima possa replicare, se non con una falsa controinformazione fatta di nuove recensioni anonime esageratamente positive, che per numero e contenuti vadano a seppellire i commenti malevoli.
Mi è capitato proprio di recente il caso di un hotel particolarmente virtuoso che, dopo un plebiscito di consensi, si è ritrovato con una recensione, ovviamente anonima, nella quale se ne sconsigliava vivamente il soggiorno, soprattutto in presenza di bambini. Il tutto corredato da una serie di dettagli poco edificanti. Dopo il primo, comprensibile, dispiacere, l’albergatore ha fatto caso alla particolare terminologia utilizzata dal presunto cliente e in breve tempo è risalito al diffamatore: si trattava di una sua ex dipendente che, sempre su web, si vantava di essersi così vendicata del licenziamento da parte del proprio ex datore di lavoro. Una verifica degli account di coloro che inviano una recensione, la loro geolocalizzazione o addirittura – come fa il famoso TravelPost – il controllo sull’effettivo soggiorno presso l’hotel o ristorante segnalato, potrebbero scoraggiare i malintenzionati. Eppure non ci sembra che determinati portali dimostrino questa volontà di equità e chiarezza. Ci viene pertanto il sospetto che uno strumento in grado di manipolare l’indice di popolarità degli esercizi pubblici, possa avere un interesse a mantenere inalterato questo sistema di segnalazione anonima.
E si potrebbe sospettare di conseguenza che Tripadvisor – notoriamente collegato al sistema di prenotazione Expedia, che riceve una commissione del 30% sulle prenotazioni andate a buon fine – potrebbe aiutare a vendere strutture convenzionate, in alternativa a quelle diffamate.
Dunque, malgrado tutto, meglio forse affidarsi ancora alle “care”vecchie guide classiche su carta (con filiazioni su web) dove a scrivere sono giornalisti sufficientemente attendibili o comunque riconducibili ad un direttore responsabile veramente… responsabile.