Il ristorante La Bul di Bari è un sicuro avamposto gourmet dove l’ottima materia prima, la cultura gastronomica storica pugliese e il rispetto della tradizione – viste come base di partenza per una rielaborazione spinta ma rispettosa – trovano la giusta armonia con la creatività, l’estro e la sensibilità dello chef Antonio Scalera, cuoco certamente innamorato della sua terra, ma impegnato in una continua ricerca di un’espressione di cucina più moderna finalizzata all’esaltazione dei sapori con giuste e, spesso, rapide cotture. Al suo fianco Francesca Mosele, compagna di vita di Antonio, sommelier e contitolare; è lei che aggiorna periodicamente la carta – scritta a mano – arricchendola con etichette di piccole aziende selezionate, evitando grande distribuzione e vini convenzionali. Il ristorante La Bul può ospitare soltanto 40 coperti, piccoli numeri che consentono di coccolare e seguire con estrema attenzione il cliente offrendo un servizio di eccellente qualità; ancor meno coperti d’estate – circa 35 – quando il ristorante La Bul si trasferisce nel cortiletto interno nel quale il gelsomino fiorito regala il suo inebriante profumo e ti aiuta a sentirti lontanissimo dal caotico centro di Bari, appena fuori dalla porta del ristorante.
La storia
Se non fosse per un piccolo ma decisivo particolare, questa potrebbe essere una storia come tante altre, la storia di un ragazzo con la passione per la cucina che, dopo gli studi alberghieri, parte all’inseguimento del suo sogno: imparare il mestiere del cuoco, proponendosi a ristoranti in giro per l’Italia e per il Mondo. Ma non è questa la storia di Antonio Scalera. Il piccolo decisivo particolare è che il giovane ragazzo in questione non fece studi alberghieri ma si laureò, invece, in Giurisprudenza. Un “dottore” dal quale tutti si aspettavano una brillante carriera da avvocato, ma che, invece, mollava tutto proprio il giorno successivo alla laurea per partire per Roma a far gavetta nella Città del Gusto del Gambero Rosso. Così nasce il cuoco Antonio Scalera. Quello che succede subito dopo la sua laurea è storia: la sua irrefrenabile passione per la cucina lo porta a cimentarsi in diversi importanti ristoranti italiani come Paolo Teverini a Bagno di Romagna, Quinzi e Gabrieli e Al Presidente a Roma e Grotta Palazzese a Polignano a Mare. Significative, inoltre, le sue esperienze madrilene presso il Viridiana, il Cuenllas e la Trattoria Toscana dell’Hotel L’Andana di Castiglione della Pescaia, nella quale ha imparato il rigore e l’organizzazione del grande maestro francese Alain Ducasse. “Per me il più grande di tutti” ci tiene a far sapere Scalera.
La filosofia di vita e la filosofia in cucina: Antonio Scalera di racconta
Ascoltando una storia così inusuale, è stato naturale chiedere ad Antonio il perché abbia scelto di fare il cuoco dopo aver tanto studiato giurisprudenza. Spontanea, quasi beffarda la sua risposta: ”Non lo so”. “Gli studi – dice – sono importanti, nella vita come nel lavoro. Certo per fare il cuoco è più giusto partire da quelli alberghieri, ma poi la realtà, il lavoro, sono tutt’altra cosa. C’è un bagaglio da riempire, giorno dopo giorno. Da riempire di esperienze partendo dalla gavetta, quella gavetta che ti rende più solido a forza anche di umiliazioni, perché quando parti da zero sei davvero l’ultima ruota del carro. Poi sta a te non scoraggiarti e far capire quello che vali, a piccoli passi, conquistandosi la fiducia dei colleghi e dei superiori. Questo è un lavoro che fai bene solo se lo ami, se la passione ti sostiene sia quando attraversi momenti di esaltazione per una giornata che ti ha particolarmente soddisfatto, sia quando ti prende lo sconforto perché è andata male. Passione e cultura, insieme, ti aiutano a mantenere la rotta quando pensi di avere le idee chiare, quando credi di aver maturato un’idea vincente di cucina ma i risultati stentano ad arrivare. La mia compagna Francesca ed io abbiamo tenuto duro quando tutto poteva far pensare ad una necessaria inversione di rotta, e ora, finalmente, possiamo dire di avercela fatta. La Bul, per chi ama la cucina fatta con prodotti di qualità, che attinge dalla dispensa della tradizione per modernizzarla, alleggerirla e giocare con le cotture e nuovi intriganti abbinamenti, è diventato davvero, a Bari e in Puglia, un sicuro punto di riferimento.”
E già, è proprio così, infatti. Perché Bari è una città facile per il turista, spesso alla ricerca della tradizione più pura, quella gustosa e più che dignitosa delle orecchiette e cime di rapa o delle fave e cicorie, ma può diventare complesso trovare una cucina più creativa e moderna, slegata da schemi tipici e basata su estro e tecnica.
Ambiente e atmosfera
Intrigante il locale che quasi si fa fatica a notare, celato dietro un vecchio portone in legno recuperato a nuovo splendore, in una strada defilata, via Villari, in pieno centro di Bari e parallela al trafficatissimo Corso Vittorio Emanuele. Appena entrati, la sensazione immediata è quella di essere in un luogo non convenzionale, arredato sui toni del grigio con originali e moderni quadri alle pareti e con il pavimento di cemento industriale in aperto e studiato contrasto con le antiche mattonelle decorate e la classicità delle alte volte bianche. In fondo al locale una saletta riservata con gradevole vista sulla cucina, separata solo da un’ampia vetrata. Gentilmente e professionalmente accolti dal personale di sala ci si accomoda sulle sedie anni 50, tutte diverse fra loro, e Francesca Mosele, vicentina, contitolare e sommelier di rango, si occupa subito di farti sentire a tuo agio, consigliando i piatti in base alla disponibilità della giornata. Infatti la cucina di Antonio Scalera, pur partendo da un menù preorganizzato in base alla stagione e alla disponibilità dei prodotti, si distingue principalmente sulla creativa elaborazione della spesa quotidiana, scelta forse impegnativa, ma intelligente e certamente appagante per il cliente e stimolante per il cuoco.
Non da meno i vini, scelti con accuratezza da Francesca tra prodotti naturali di piccole aziende selezionate soprattutto in Puglia, Italia e Francia: “Nei nostri vini troverete una terra pulita – sostiene con orgoglio Francesca – un produttore suo custode e imprevedibili emozioni”.
Cosa mangiare
Il menù, com’è giusto che sia per un posto di questo tipo, cambia continuamente, ma la cucina di Antonio Scalera segue un preciso filo conduttore che cerca l’essenza nei sapori della memoria per riproporla in chiave moderna, come nei cappellacci con scorza di parmigiano reggiano e polpo in tre cotture (ragù, sottovuoto e croccante) o nel risotto al peperone crusco, polvere di alici e stracciatella. Pietanze che richiamano antiche preparazioni ma le rivisitano con leggerezza e spingono sul gusto e sull’esaltazione degli ingredienti; ne sono esempi la variazione di coniglio della Valle d’Itria, che racchiude in un sol piatto più modi di gustarne le tenere e saporite carni, o – parlando di pesce – la ventresca di ricciola con acqua di tre pomodori e friggitello ripieno di ricotta e pistacchi, in cui la delicatezza del pelagico e la sua morbidezza contrastano gradevolmente con l’acidità dei pomodori e la croccantezza della frutta secca.
Tra gli antipasti non c’è che l’imbarazzo della scelta: passatina di ceci con uova di quaglia e funghi pioppini; tartare di cavallino gelatina di cipolla di Tropea e ricotta di pecora; carpaccio di tonno con pomodoro confit e noci; sgombro affumicato con gelèè di friggitelli e fichi caramellati. Quest’ultimo piatto, riuscitissimo, è quello che mette alla prova i palati più allenati, con un rimbalzo di gusti che parte dall’affumicato per cercare contrasti dolci, acidi e sapidi.
Dopo tanto girovagare tra sapori conosciuti, riconosciuti e, a volte, meno noti, diventa necessario abbandonarsi a qualcosa di rassicurante come un buon dolce d’ispirazione tutta pugliese come il pasticciotto scomposto, un dessert fusion come il crumble di mandorle oppure, allontanandosi completamente dal collegamento territoriale, il bicchierino ai tre cremosi e bacio di dama. Volendo evitare la carta è possibile optare per tre tipologie di menù degustazione: 3 portate con 2 calici a € 35, 5 portate con tre calici a € 55, oppure 7 antipasti vini esclusi a € 50; tre modi diversi e divertenti per cogliere la filosofia culinaria de La Bul e per conoscere a fondo la cucina di Antonio Scalera, senza alcun dubbio una tra le più ricercate e ambiziose della città di Bari, il cui chef patron ha validamente rappresentato la Puglia a Expo 2015.
I dintorni
Dopo aver gustato i piatti di Antonio e i vini selezionati da Francesca, appena fuori dal bel portoncino in legno, c’è il Borgo Murattiano, tutto da visitare: l’imponente Castello Svevo, i negozi delle brulicanti via Sparano e Corso Vittorio Emanuele, i prestigiosi teatri Petruzzelli, Piccinni e Margherita. A pochi passi c’è Bari Vecchia con la Cattedrale di San Sabino, la Basilica di San Nicola, dedicata al Santo Patrono della città, e le sue tante antiche chiese. Ma la città vecchia è bella e pulsante con la movida barese concentrata sulle piazze Mercantile e Del Ferrarese, nei loro locali e sulla passeggiata della Muraglia che gode di un affaccio privilegiato sul suggestivo Lungomare, uno tra i più belli d’Italia. Inoltre, se siete in zona di mattina, non perdetevi una visita a N-dèrre a la lanze, il pittoresco luogo in cui i baresi, come da antica tradizione, vanno a mangiare il pesce crudo. Spesso anche per colazione!