Stiamo assistendo al più grande cambiamento d’abitudini d’acquisto al ristorante dagli anni ‘70 a questa parte, ma accorgersene non è affatto scontato.
E ancora meno scontato sarà sfruttare questo cambiamento per migliorare il giro d’affari del proprio ristorante. Cosa possibile con il menu engineering.
Tradizionalmente parlando – diciamo a partire dagli anni ‘70, quelli del vero e grande boom economico italiano, nel quale il mangiare fuori casa era divenuto sinonimo di benessere e quindi pretesto di ostentazione – l’italiano è abituato ad un pasto di quattro portate, così composto:
– Antipasto
– Primo piatto
– Secondo piatto con contorni
– Dessert ed eventuali digestivi
Questa, se vogliamo, nel panorama internazionale, è un’anomalia. Infatti nel resto del mondo occidentale il pasto è composto da tre sole portate.
Le stesse tre portate verso le quali stanno velocemente virando le abitudini dell’italiano:
– Entrèe
– Piatto principale e contorni
– Dessert e digestivo
Questo aspetto rappresenta una e propria rivoluzione nelle abitudini di consumo al ristorante.
Ma quali sono le ragioni di tutto ciò?
Chi scrive ne ha individuate due, quelle che reputa principali:
1. La prima delle due ragioni è certamente addebitabile alla profonda crisi economica che stiamo attraversando.
Non vogliamo cadere nel banale, o nell’ovvio, ma è evidente e lapalissiano che questi aspetti macroeconomici abbiano influito su tutto ciò che riguarda le nostre vite, anche sull’esperienza che siamo soliti vivere al ristorante.
“Crisi” che, nella quotidianità, equivale ad una riduzione importante del potere d’acquisto, la quale si traduce in una diminuzione del numero di portate ordinate al ristorante.
Il viraggio verso le tre portate dei menù “internazionali” è spesso un obbligo, più che una scelta.
2. La seconda ragione è attribuibile alla globalizzazione. “Globalizzazione” non significa altro che “appiattimento” nelle abitudini di tutto il mondo occidentale.
Per quanto non sia facile ammetterlo, stiamo importando abitudini da altri Paesi. Occidentali e non.
Millenials e baby boomers, così si chiamano le due generazioni che coprono la fascia di età compresa tra i 18 e i 60 anni. Queste sono i due attori principali nella scena ristorativa italiana. Si stima infatti che più dell’80% degli introiti del comparto ristorativo derivi dalla spesa addebitabile a queste due anagrafiche.
Millenials e Baby boomers viaggiano spesso, sono connessi 24/7 ai loro smartphone e tablet, sono appassionati, informati e educati (o maleducati) al mondo della ristorazione contemporanea e, come se non bastasse, hanno tutto ciò che cercano a distanza “un click”, e questo influisce sulle loro abitudini d’acquisto al ristorante.
Ma per convincersi di questo cambiamento non è necessario fare il giro del mondo, nemmeno virtuale; è sufficiente puntare il dito verso noi stessi: quand’è stata l’ultima volta che al ristorante abbiamo consumato un pasto completo composto da quattro portate in un momento che non fosse un avvenimento importante?
O, nel caso chi legga sia il titolare di un ristorante, quand’è stata l’ultima volta che un cliente ha ordinato un pasto completo composto da quattro portate?
Si sta prendendo consapevolezza, anche inconsciamente, a più livelli: si pensi all’aumento medio delle porzioni in tutti i primi piatti, o all’aggiunta di contorni di default ai secondi piatti. Sono tutti indizi del profondo stravolgimento che stiamo vivendo.
Non da ultimo, si pensi ai format più in voga al momento: hamburgerie, pizzerie di nuova concezione, ristoranti etnici di ogni tipoligia, street food ecc. ecc.
Sono TUTTI format nei quali la formula è:
– Entrèe (spesso condiviso da più persone)
– Piatto principale e contorni
– Dessert e digestivo
Questo, piaccia o non piaccia, sta profondamente cambiando le abitudini dell’italiano a tavola.
E anche se sono tutti trend temporanei, anche se sono destinati ad un declino prossimo ed inevitabile, lasceranno tracce indelebili nei consumatori di oggi e nel loro modo di consumare cibo fuori e dentro casa.
Eppure questo cambiamento non viene recepito con la velocità necessaria che occorrerebbe per rimanere competitivi e aggiornati. E ciò si traduce in una diminuzione drastica degli incassi e delle marginalità.
Infatti possiamo anche continuare a proporre un menù di quattro portate, ma i clienti del 2016 continueranno ad ordinarne tre. E se nei nostri menù non troveranno niente che soddisfi le loro “nuove abitudini” ne ordineranno due. O peggio, non faranno ritorno.
E perderemo opportunità.
La soluzione si chiama menu engineering.
Il menu engineering è l’arte e la scienza di utilizzare il menù per aumentare gli incassi del proprio ristorante.
Il menu engineering, tuttavia, non riguarda solo il menù. Riguarda anche tutto quelle scelte strategiche che andranno a definire il menù.
Secondo il parere di chi scrive, quindi, il menu engineering può aiutare a cavalcare questo cambiamento in due modi possibili:
1) In primo luogo è necessario rendersi conto che questo cambiamento è reale. Alla base di tutto c’è la consapevolezza.
2) In secondo luogo occorre PREVEDERE queste “nuove abitudini”, e occorre rispondere con una formula adatta a soddisfare queste nuove esigenze, e trasformare questa formula in un menù che vada incontro ai gusti e alle abitudini dei clienti.
Per esempio, si potrebbe inserire sul menù l’equivalente di un entrèe che gli ospiti possano CONDIVIDERE ad un prezzo fisso preventivato. In America lo chiamerebbero plate-to-share.
Potrebbero essere una serie di assaggi di antipasti della casa, oppure una selezione di alcuni piatti da condividere in attesa del piatto principale, che potrebbe rimanere un primo o un secondo piatto scelto dalla carta, per poi concludere con un dessert e un digestivo.
Oppure si potrebbero prevedete dei menù fissi, a prezzo fisso, a formula degustazione, che vadano nella direzione di un pasto completo, ma con marginalità fissate, che soddisfano cassetto e clienti.
La base di partenza, in ogni caso, è sempre lei: comprendere che le abitudini stanno cambiando, e che il volto del consumatore di oggi non è più quello a cui eravamo abituati sino a pochissimi anni fa.