Una novità per Matera – la città dei “sassi” e la capitale europea della cultura 2019 – quest’anno è l’assegnazione della sua prima stella Michelin al Ristorante Vitantonio Lombardo, aperto soltanto nel giugno 2018.
Durante una visita in Basilicata grazie all’ufficio ENIT newyorkese e APT della Basilicata, la nostra inviata Lucy Gordan ha contattato lo chef/proprietario omonimo.
Da cosa trae origine e come si è sviluppato il suo amore per la cucina?
Come tanti che scelgono questo lavoro, sono partito facendo l’alberghiero e poi le prime esperienze professionali. Ricordo la mia prima volta in cucina: avevo 17 anni e chiesi se era possibile fare degli extra per imparare. Mi misero a lavare le padelle. Da lì tanti ristoranti per poi finire alla corte di grandi maestri quali Silver Succi, Paolo Teverini, Fabio Barbaglini, Gianfranco Vissani e Davide Scabin. E viaggi all’estero (Francia, Spagna e America) per conoscerne altri. Per crescere bisogna anche “evadere” e nel mio percorso l’ho fatto più volte per avere un raggio più ampio di vedute.
Silver Succi, Paolo Teverini, Gianfranco Vissani, Fabio Barbaglini e Davide Scabin. Che cosa ha imparato da ciascuno di loro?
Da Silver Succi il rispetto della materia prima; da Gianfranco Vissani, la conoscenza del territorio; da Fabio Barbagliani le tecniche di cottura e da Davide Scabin la creatività.
Cosa conserva del suo amico “Frank” Rizzuti, il primo chef stellato lucano premiato per il suo ristorante a Potenza, ma scomparso pochi mesi dopo l’assegnazione?
L’insegnamento che mi ha lasciato l’amico “Frank” è un monito che vale per tutti: in ogni momento della vita e fino all’ultimo giorno non bisogna mai smettere di credere nei propri sogni, perché vederli realizzare ripagherà per sempre te e chi crede in te.
Le qualità essenziali per essere top chef?
A tutti passerei il mio motto: cuore, testa, pancia.
Come si chiamava il suo primo ristorante stellato e com’era diverso da “Vitantonio Lombardo”?
Era la Locanda Severino: ho aspettato il giusto momento per aprire il mio “Vitantonio Lombardo Ristorante”. Rappresenta la mia terra, la mia cucina, senza se e senza ma.
L’aspetto del suo lavoro che ama di più?
La diversità vissuta in ogni istante, dovuta al mutare delle stagioni e dei prodotti, al contatto con la gente… è una sfida continua che ti sprona a fare sempre meglio.
Di meno?
Il poco tempo che riesco a dedicare alla mia famiglia.
Come definerebbe la sua cucina?
MIA!!!
Le sue specialtà?
Non voglio avere delle specialità, perché significherebbe attribuire minor valore ad alcuni piatti rispetto ad altri; cerchiamo di dare il massimo in tutto quello che facciamo. Poi, ovviamente, sono i clienti a sposare un gusto invece che un altro.
Altri chef che ammira?
Sono tanti gli chef che ammiro, ma sicuramente non dimenticherò mai il mio pranzo da Pierre Gagnaire… un mito!
Da dove deriva il suo nome composto?
Da noi al sud si tiene ancora tanto alle tradizioni e il mio nome è nient’altro che l’unione dei nomi dei miei nonni Vito ed Antonio, tutto attaccato per non creare preferenze!
Quali sono i suoi piatti preferiti?
La pasta al pomodoro.
I suoi vini preferiti?
Le bollicine.
Un piatto che non le piace?
Il sanguinaccio…purtroppo!!!
Un suo sogno nel cassetto?
Prendere la seconda stella ed entrare nella Fifty Best. Se dobbiamo sognare, facciamolo bene!!!